Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

DADÙCO

Δᾳδοῦχος, sacerdote dei Misteri eleusini, il più importante dopo lo ierofante, era a capo dei lampadofori; veniva sempre scelto di generazione in generazione nella famiglia ateniese sacerdotale dei Cerici. Portava la fiaccola di Demetra durante le cerimonie e proclamava i sacri divieti, altro suo compito era purificare gli adepti prima di iniziarli.

DAFNE

Apollo e Dafne
Apollo e Dafne

Δάφνη, ninfa, figlia di Penèo e di Gea. Quando inseguita dal dio Apollo che voleva possederla a tutti i costi, pregò la madre Gea di salvarla.

Allora Gea, la mutò in alloro. Apollo, innamorato staccò un ramo dalla pianta, se ne fece un serto e volle che la pianta le fosse consacrata.

..."Ninfa penea, férmati, ti prego: non t'insegue un nemico; férmati! Così davanti al lupo l'agnella, al leone la cerva, all'aquila le colombe fuggono in un turbinio d'ali, così tutte davanti al nemico; ma io t'inseguo per amore! Ahimè, che tu non cada distesa, che i rovi non ti graffino le gambe indifese, ch'io non sia causa del tuo male! Impervi sono i luoghi dove voli: corri più piano, ti prego, rallenta la tua fuga e anch'io t'inseguirò più piano. Ma sappi a chi piaci. Non sono un montanaro, non sono un pastore, io; non faccio la guardia a mandrie e greggi come uno zotico. Non sai, impudente, non sai chi fuggi, e per questo fuggi. ..."Aiutami, padre", dice. "Se voi fiumi avete qualche potere, dissolvi, mutandole, queste mie fattezze per cui troppo piacqui"... ...il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore conserva. Anche così Febo l'ama e, poggiata la mano sul tronco, sente ancora trepidare il petto sotto quella nuova corteccia e, stringendo fra le braccia i suoi rami come un corpo, ne bacia il legno, ma quello ai suoi baci ancora si sottrae. E allora il dio: "Se non puoi essere la sposa mia, sarai almeno la mia pianta (Ovidio, Metamorfosi, I).

DAFNI

Dafni e Cloe
dafni e cloe

Δάφνις, figlio di Ermes. Molto amato da Apollo, Pan e Artemide, questi dèi insegnarono molte cose a Dafni che peraltro inventò la poesia bucolica. Esposto dalla madre, una ninfa siciliana, in un uliveto, venne allevato da pastori divenendo pastore egli stesso.

Dafni si era vantato di saper resistere alle tentazioni dell’amore, e perciò Eros volle punirlo, facendolo innamorare di una ninfa fluviale, Naide o Edenaide o Nomia: Dafni cercò di tacitare la passione, ma invano, e la ninfa cedette a patto di averne eterna fedeltà, cosicché quando Senea, che solo alcune fonti presentano come una principessa, innamoratasi di lui lo fece ubriacare per sedurlo, la ninfa sua sposa lo punì accecandolo. Dafni cantò la sua storia accompagnandosi con una siringa, finché caduto nel fiume Anapo annegò.

Allora, Ermes per ricordarlo mutò il cadavere del giovane in pietra (o in costellazione) e a Siracusa fece nascere una fonte che prese il nome di Dafni, in onore del giovane poeta.

Certamente se l'era voluta in quanto dicono che una delle Ninfe, innamoratasi di lui, gli aveva predetto che, qualora avesse giaciuto con un’altra donna, sarebbe stato privato della vista e così fu.

..."Non vi racconterò", disse, "gli amori fin troppo noti di Dafni, il pastore dell'Ida che una ninfa tramutò in pietra, tanta è la furia che brucia gli amanti, per colpire la sua rivale (Ovidio, Metamorfosi, IV).

Secondo una diversa versione, la donna di Dafni si chiamava Pimplea e fu rapita dai pirati. Dafni la cercò in ogni angolo della terra, finché non la trovò fra le schiave di Litierse, re di Frigia.

Ma contro quel manesco di Litierse non avrebbe potuto fare nulla, se non l'avesse aiutato Eracle che uccise Litierse e restituì la ragazza a Dafni; in più lasciò ai due giovani il palazzo di Litierse come regalo di nozze.

Molto probabilmente Longo Sofista per scrivere il racconto degli amori di Dafni e Cloe si è ispirato alla seconda versione del mito.

DAIRA

Δάειρα, Oceanide, amata da Ermes che la rese madre d' Eleusi (Pausania, I, 58).

DAMASCO

Δαμασκός, figlio di Ermes e di Alimèa, ha dato il nome alla città omonima della Siria; fu scorticato vivo da Dionisio per avere tagliato le viti che egli aveva piantato.

DAMASIPPO

Δαμάσιππος, figlio d'lcario e di Peribea, di conseguenza fratello di Penelope.

DAMASTORE

Δαμάστωρ, uno dei giganti, che durante la guerra contro gli dè non avendo più armi; afferrò il gigante Pallante, che Atena aveva in quel momento mutato in pietra, e lo lanciò ai suoi avversari.
Altro Δαμάστωρ era figlio di Nauplio e Amimona, padre di Peristene

DAMEONE

Δαμαῖων, era figlio di Flionte, fu ucciso da Cteato (Κτέᾰτος) quando accompagnò Eracle nella spedizione contro di Augia.

DÀMIA

Δαμία, dea della fecondità e dell'abbondanza, venerata assieme a Auxesia a Epidauro, Egina, Trezene e nella Magna Grecia. Assimilata dai Romani alla dea Bona degli Umbri e dei Sabini (affine alla dea Cupra dei Piceni).

DAMISO

Δάμυσος, o Demiso, era il gigante più veloce. Secondo una delle tante tradizioni il suo tallone fu sostituito a quello del neonato Achille, che acquistò così la leggerezza e la velocità del gigante.

DAMNAMENEO

Δαμναμενεύς, vedi Dattili Idei.

DANAE

Danae
Danae

Δανάη, unica figlia di Acrisio re di Argo e di Euridice. Acrisio avendo avuto dallo oracolo di Delfi la predizione che un giorno sarebbe stato ucciso dal nipote, egli rimediò chiudendo la figlia in una cella sotterranea con la sola compagnia di una ancella, sicuro così che la profezia non poteva avverarsi.

Ma Zeus (gran donnaiolo) affascinato dalla bellezza della fanciulla sotto forma di raggio di sole o di pioggia d'oro la raggiunse e la fece sua dall'unione nacque Perseo.

Acrisio furibondo per la nascita del nipote che sarebbe stato la causa della sua morte fece rinchiudere la figlia ed il nipotino in una cassa e li abbandonò alle onde del mare sicuro così di sbarazzarsi dello incomodo nipote, ma Zeus fece in modo che la cassa con la sua donna e il figlio arrivasse all'isola di Serifo.

Danae
Ancora Danae

Là vivevano i fratelli Ditti e Polidette nipoti di Zeus. Ditti che faceva il pescatore trovò la cassa sulla spiaggia salvò i due sventurati e li portò a corte da Polidette dove Perseo crebbe forte e bello.

Polidette, respinto da Danae, che viveva per il figlio, studiò come liberarsi del ragazzo e lo mandò a uccidere Medusa e portargliene la testa.

Contrariamente alle attese di Polidette, Perseo tornò vincente. Polidette invidioso della gloria del ragazzo trattò tutti male, umiliò Danae, trattò come un servo il fratello e schernì Perseo, allora il ragazzo grazie al potere della testa di Medusa lo pietrificò con tutti i suoi seguaci e l'isola di Serifo divenne una sassaia, sola una piccola parte rimase abitabile e Ditti ne divenne il re.

Fatto ciò Perseo con la madre tornò ad Argo per conoscere il nonno Acrisio.

Secondo una più tarda leggenda italica, Danae, liberata dal figlio, giunse in Italia, fondò Ardea, sposò Pilumno e da queste nozze nacque Dauno antenato di Turno.

DANÀIDI

Δανααί, le 50 figlie di Danao, re di Argo. Sposarono i 50 figli di Egitto e tutte tranne Ipermnestra, uccisero per ordine del padre i loro mariti figli e cugini, e furono perciò condannate da Zeus al Tartaro, dove scontano la loro colpa versando acqua in eterno in un vaso senza fondo. Durante il banchetto di nozze Danao diede a ciascuna delle sue figlie un pugnale. E quando esse andarono a dormire insieme agli sposi, li uccisero tutti. Solo Ipermnestra risparmiò Linceo, perché aveva lasciato intatta la sua verginità: ma per questo Danao la fece incatenare e rinchiudere. Le altre figlie seppellirono la testa mozzata degli sposi a Lerna, e i corpi ricevettero gli onori funebri davanti alla città; Atena ed Ermes, poi, per ordine di Zeus, purificarono le fanciulle. Tempo dopo, Danao lasciò che Linceo e Ipermnestra vivessero insieme; e le altre figlie vennero date in sposa ai vincitori di una gara atletica chiamata dello "scudo ad Argo". In questa gara, il vincitore veniva premiato non con una corona ma con uno scudo.

DANAO

Δᾰνᾰός, figlio di Belo e di Ancinoe. Aveva altri due fratelli: Egitto e Cefeo.

Alla morte del padre che era re di Chemni, Cefeo si prese la parte meridionale del regno, mentre Danao ed Egitto litigarono per la spartizione del resto.

Allora Egitto aveva cinquanta figli e per instaurare un'alleanza propose a Danao, che aveva cinquanta figlie, di unirli in matrimonio in modo da non avere più contrasti, ma Danao non fidandosi preferì andare in esilio.

Così su consiglio d'Atena costruì una nave (fu il primo a farlo) e partì con le figlie. Di passaggio a Rodi edificò un tempio ad Atena Lindia. Approdato nel Peloponneso dichiarò che gli dèi lo avevano destinato a diventare re di Argo; Gelanore, re di Argo, intimorito da alcuni presagi (la grande siccità causata da Poseidone, perché Inaco aveva testimoniato a favore di Era per il possesso della regione) abdicò a favore di Danao che divenne il più potente re della Grecia.

Vista la siccità Danao mandò le sue figlie a cercare acqua, ma una di esse, Amimone, mentre cercava l'acqua vide un cervo, e per colpirlo fece del rumore che svegliò dal sonno un Satiro, subito quello si alzò e si sentì autorizzato a violentarla: ma apparve Poseidone, e il Satiro fuggì (ubi maior minor cessat).

Amimone per gratitudine (quello che non si ottiene con la violenza si ottiene con le buone) concesse le proprie grazie a Poseidone.

Il dio a sua volta per ripagare la giovane le rivelò dove trovare delle sorgenti presso Lerna (tutto può l'amore, e se non è amore, è senz'altro sazietà di... spirito).

La vicenda di Danao e delle sue cinquanta figlie ad Argo è il soggetto delle Supplici di Eschilo.

DARDANO

Δάρδᾰνος, figlio di Zeus e di Elettra, e fratello di Iasione (sì, proprio quello che cercò di violentare Demetra). Dardano lasciò la Samotracia per trasferirsi nel continente antistante, dove fu accolto da Teucro, figlio di Scamandro (il fiume). Da Teucro ebbe in sposa la figlia Batia e una parte del territorio dove fondò l'omonima città. Quando Teucro morì chiamò Dardania l'intera regione e da lui deriva il anche il nome di Dardanelli, l'antico Ellesponto. Fu antenato dei Troiani e tramite loro, dei Romani.

DATTILI IDEI

δάκτυλοι Ἰδαῖοι, Rea, nelle doglie del parto di Zeus per resistere meglio agli spasimi poggiò le mani sulla terra, da quest'ultima sconvolta dal contatto spuntarono dieci demoni cinque femminili corrispondenti alle dita della mano sinistra e cinque maschili corrispondenti alle dita della mano destra.

Il nome di Dattili Idei ricorda appunto la loro origine Daktylos (dito) e dal monte Ida a Creta dove ciò accadde.

Per prima cosa aiutarono la dea a partorire Zeus. I Dattili maschi non sarebbero altri che i Cureti che con le loro danze rumorose protessero la culla di Zeus; difatti i confini dell'identità fra Dattili Idei, Coribanti e Cureti erano molto instabili.

Ma neanche il loro numero era stabilito, così si diceva fossero cento, altrove si diceva venti che erano fabbri, e di trentadue che erano maghi. Oppure che i maschi erano nati dalla mano destra erano stati gli inventori della metallurgia, le femmine nate dalla sinistra si stabilirono nella Samotracia, dove avrebbero insegnato ad Orfeo i misteri della Dea Madre.

Altri raccontano di solo cinque Dattili Idei dandone pure i nomi: Peonio, Epimede, Giasio, Ida e Eracle (che non era L'eroe forzuto).

Si racconta pure di soli tre Dattili Idei servi della dea madre Cibele: Acmonte l'incudine, Damnameneo il martello e Chelmi il ferro o il coltello. Quest'ultimo per aver offeso Rea fu tramutato in ferro o comunque gli altri due fratelli gli furono ostili.

Si parla anche di due soli Dattili Idei Tizia e Cilleno nati non in conseguenza al parto di Rea ma a quello della Ninfa Anchiale, ma siccome questa stendendo le mani anziché stenderle le chiudeva nacque soltanto un Dattilo per mano. Questi due sarebbero stati compagni di trono di Cibele.

Nonostante tutte le varianti i Dattili altri non sono che strumenti della Grande Madre: fabbri e stregoni.

DEDALIONE

Δαιδαλίων, padre di Chione, addoloratissimo della morte della figlia, per il dolore si lanciò dal Parnaso, Apollo impietosito lo mutò in sparviero prima che toccasse il suolo.

DÈDALO

Dedalo e Icaro.
Dedalo e Icaro

Δαιδαλίων, ateniese che era un genio paragonabile a Leonardo da Vinci. Un certo Talo, suo allievo inventò la sega ed il trapano, allora Dedalo, ingelosito lo uccise, condannato all'esilio per questo reato, si rifugia a Creta presso re Minosse.

La costruisce la finta mucca, che Pasifae, moglie di Minosse, userà per soddisfare le sue voglie col toro, della quale si era innamorata.

Dal rapporto animalesco nasce il mostruoso Minotauro. Allora il re di Creta ordinò all'inventore di costruire il labirinto.

Fu Dedalo a suggerire ad Arianna come aiutare Teseo, quando uccise il Minotauro, Minosse scoperto anche questo imbroglio fece rinchiudere l'inventore assieme al figlio Icaro nel labirinto. Dedalo non si scoraggiò e costruite delle ali con delle piume e della cera dopo avere istruito il figlio come volare spiccò il volo e fuggì, ma il viaggio fu fatale per il figlio che volato troppo in alto, le ali si sciolsero e precipitò in mare, morendo.

Dopo avere sepolto il figlio, Dedalo si rifugiò in Sicilia presso re Cocalo, dove visse fino a tarda età.

Per approfondimenti vedi Ovidio, Metamorfosi VIII, 236 ss..

Deianira Evelyn De Morgan
Deianira Evelyn De Morgan

DEIANIRA

Δηιάνειρα, sposa di Eracle. Per guadare il fiume Èveno accettò di salire in groppa al centauro Nèsso, il quale cercò di rapire la bella ragazza, allora Eracle con una delle sue frecce intinte nel sangue dell'Idra uccide il centauro, che prima di morire suggerisce a Deianira di intingere la veste di Eracle nel suo sangue per avere assicurata la fedeltà del marito.

Quando Eracle si innamorò di Iòle, Deianira fece indossare la veste che aveva intinto nel sangue del centauro, convinta che così Eracle sarebbe ritornato a lei.

Ma non appena Eracle indossò la veste , si sentì ardere e bruciare il corpo dal veleno contenuto nel sangue del centauro, non potendo più sopportare quell'immenso dolore, l'eroe si fece preparare un rogo e vi salì.

Deianira dal rimorso e dal dolore della perdita del marito non volendogli sopravvivere si uccise.

Per approfondimenti vedi Ovidio, Eroidi - Deianira ad Ercole.

Il dramma della morte di Eracle è rappresentato nelle Trachinie di Sofocle.

DEIFOBO

Δηΐφοβος, dopo la morte di Paride, sposò la bella Elena. Visto che Troia era perduta per farsi perdonare da Menelao, segretamente lo introdusse con Ulisse, nella camera matrimoniale, consegnandogli il marito Deifobo, che fu dai due greci ucciso.

DEINO

Δεινός, una delle Graie, il suo nome significa la terribile.

DEIÒNE

1) Δηιονη, ninfa che col contributo di Apollo generò Mileto.

2) Δηιονεύς, Deione o Deioneo, re della Focide, figlio di Eolo. Ebbe da Diomede, figlia di Xuto, parecchi figli, tra cui Cefalo.

DEIOPE

Δηιοπη, ninfa legata ai Misteri Eleusini (e per questo nulla sappiamo), ritenuta da alcuni moglie di Museo, da altri, invece, la madre di Trittolemo e per infittire il mistero, secondo altri, era figlia di Trittolemo e madre di Eumolpo fondatore dei misteri eleusini.

DELFI

Delfi
Delfi

Δελφοί, luogo sul versante meridionale del monte Parnaso, dov'era il famoso oracolo d'Apollo che per molti secoli fu adorato dai Greci e da numerosi altri popoli. Da una cavità della roccia uscivano dei vapori tossici che avevano la proprietà di eccitare chi li respirava.

La cavità era posto nella parte più nascosta del tempio, la si trovava la Pizia, inalando i vapori entrava in trance, con una esaltazione da arrivare al parossismo, durante questa fase che pensavano fosse il dio a possederle, parlavano e un sacerdote raccogliendo le loro parole, le interpretava e dava la risposta ai pellegrini che andavano ad interrogare il dio.

Vi erano celebrati i giochi delfici.

 

DELFINA o DELFINE

Δελφύνης, mostro metà donna e metà serpe, avrebbe custodito Zeus, quando Tifone imprigionatolo gli aveva tagliato i tendini di tutti gli arti.

DELFINO

Δελφύνης, Poseidone per la ricerca di Anfitrite mandò Delfino il quale trovatala fu tanto persuasivo nel convincere la giovane alle nozze col dio, che per compensarlo lo mise fra le costellazioni.

DELO

Delo
Delo

Δῆλος, una delle più piccole isole delle Cicladi, fatta spuntare dagli abissi del mare dal tridente di Poseidone e rimasta vagante fin quando Latona vi partorì Artemide e Apollo. Prima dell'evento divino l'isoletta si chiamava Asteria e anche Ortigia.

Callimaco nei sui Inni opera una distinzione fra Delo e Ortigia (generalmente identificate nella tradizione poetica), affermando che Artemide sarebbe nata, prima di Apollo, non a Delo, ma a Ortigia, appunto: forse in questo caso Ortigia va individuata nell'isoletta di Renea, separata da Delo da un breve tratto di mare, dove i Delii seppellivano i loro morti e partorivano i loro figli, essendo vietato dal culto nascere o morire nell'isola sacra.

Pare che Poseidone la scambiò con Leto in cambio dell'isola Calauria.

DEMARATO

Δημάρατος, di Corinto, patrizio (VII sec. a.C.), secondo una leggenda, per sfuggire alla tirannide di Cipselo di Corinto si rifugiò in Etruria, a Tarquinia, dove diede origine alla stirpe dei Tarquini, divenendo padre di Tarquinio Prisco, uno dei grandi re di Roma.

DEMARCO

Δήμαρχος, nell'antichità capo di un Demo dell'Attica antica; nella Grecia moderna, sindaco di un comune.

DEMETRA

Tempio di Cerere
Tempio di Cerere

Δημήτηρ, nota presso i Romani col nome di Cerere, apparteneva alla prima generazione divina degli dei Olimpi, come i fratelli Zeus, Ade e Poseidone e le sorelle Era ed Estia. Era quindi figlia di Crono, che la inghiottì come secondo (infatti la il primo piatto era stato a base di Estia-Vesta), e di Rea. Alter-ego della madre ed anche di Gea, era, come loro, venerata come Madre Terra; ma mentre Gea figurava l'elemento delle forze primordiali, Rea figura la potenza generatrice della terra, invece, Demetra figura la divinità della terra coltivata, la dea del grano, dell'ordine costituito. Con il dono dell'agricoltura, base di civiltà per tutte le popolazioni, Demetra dà agli uomini anche le norme del vivere civile e, di conseguenza, le leggi. Nell'aspetto di Rea/Demetra, le storie orfiche accennano al suo congiungimento con Zeus dal quale sarebbe nata Core o Persefone, l'unica figlia di Demetra secondo la tradizione classica. Demetra era strettamente legata alla figlia Persefone che fu rapita da Ade.

Demetra e persefone
Demetra e persefone

Nella disperata ricerca della figlia, la dea abbandonò l'Olimpo e rinunciò alle sue funzioni divine, tanto che la terra deperì e smise di dare frutti.

... Rea, fulgido il capo di bende, a Demetra parla: "O figlia, Zeus che domina il tuono, ti chiama perché tu ritorni fra i numi; e qualunque onore tu scelga egli è pronto a concederti fra i celesti immortali; consente a tua figlia la dimora laggiù fra le tenebre dense per un terzo dell'anno e per gli altri due terzi con te e con gli altri immortali. E disse che questo accadrà, e accennò con il capo. Ma vieni, o mia figlia, e obbedisci; e non sia l'ira tua così aspra al Cronide signore dei nembi; lascia le messi fiorire che nutrono gli uomini"... Zeus, allora ordinò a Ade di rimandare Core sulla terra. Ade ubbidì, ma perché la fanciulla non restasse troppo tempo dalla madre, le diede da mangiare un chicco di melagrana. La fanciulla, ignara delle conseguenze, lo inghiottì (questo implicava che essa dovesse restare obbligatoriamente nel Tartaro). Ascalafo, la vide, e fece la spia, Demetra per vendetta lo mutò in gufo. Da allora Persefone fu obbligata a passare con Ade almeno un terzo dell'anno.

Demetra riceve dei doni.
Demetra riceve dei doni

Gli antichi adombrarono in questo mito riferimenti impliciti ai cicli della natura, delle stagioni, dei raccolti, in particolare ai frutti della terra che trascorrono parte dell'anno nascosti sotto la superficie per poi sbocciare e fruttificare. Al nucleo centrale della leggenda di Demetra, il cui significato era rivelato solo agli iniziati dei Misteri di Eleusi, si aggiunsero in varie epoche miti secondari, come quello della violenza che subì da Poseidone. Un'altra leggenda vuole che Demetra si sia innamorata di Iasione dal quale ebbe Pluto, la ricchezza.Tutti i miti, anche se contraddittori, sono comunque concordi nel non attribuire un marito a Demetra, che generò i suoi figli al di fuori di ogni vincolo coniugale. Durante la peregrinazione di Demetra in cerca della figlia Persefone, Poseidone aveva inseguito la dea, bramoso d'amore, finché Demetra decise di nascondersi fra i cavalli del dio Onco, a Telfusa d'Arcadia. Ma Poseidone si trasformò in cavallo e la violentò. Dalla loro unione nacquero una figlia, di cui non era lecito pronunciare il nome, e il cavallo Arione.
Secondo Esiodo (Teogonia v. 913 e sgg.) fu la quarta sposa di Zeus.

Demetra sul suo carro tirato da serpenti
Demetra sul suo carro.

Viene descritta come donna dal volto bello, membra robuste, vesti leggerissime; incoronata con una ghirlanda di papaveri o di spighe; con i seni pieni di latte che l'additano nutrice del genere umano. A volte ha nella destra un covone di spighe od una falcetta, e nella sinistra una fiaccola. Al suo carro vanno attaccati due leoni o due serpenti.

Presenze letterarie più conosciute

  • Inno omerico a Demetra;
  • Inni orfici, 29,2;
  • Apollodoro, Biblioteca, 1,1,5;
  • Aristofane, Cavalieri, 785. - Uccelli, 710;
  • Callimaco, Inno a Demetra;
  • Cicerone, Pro Balbo, 55;
  • Claudiano, Ratto di Proserpina;
  • Diodoro Siculo, Biblioteca storica, 5,2 ss;
  • Dioniso di Alicarnasso, Antichità Romane, 6,17 e 94;
  • Erodoto, Storie, 2,171;
  • Esiodo, Teogonia, 453 ss;
  • Omero, Iliade, 14,236. - Odissea, 5,125 ss;
  • Ovidio, Fasti, 4,419 ss. - Metamorfosi, 5,346 ss;
  • Plinio, Historia Naturalis, 3,5,9;
  • Pausania, Periegesi della Grecia, 2,5,8; 11,3; 8,5,8; 42,1; 37,10; 25,4-10;
  • Tacito, Annali, 2,49;

DEMETRIONE

Δημητριών, nome assegnato in onore di Demetrio Poliorcete al mese di munichione (aprile-maggio).

DEMOFONTE

1) Δημοφόων, quando Demetra percorreva la terra in sembianze di comune mortale alla disperata ricerca della figlia Persefone rapita da Ade, fu accolta a Eleusi da re Celeo e dalla moglie Metanira.

Per ringraziarli della loro benevolenza cercò di rendere immortale l'ultimo nato della casa, il bambino Demofonte, e, per distruggere le sue parti mortali, ogni notte lo esponeva in segreto alla forza del fuoco.

Ma l'apprensione di Metanira causò la rovina del figlio. Una notte, spiando nella stanza, la madre vide il trattamento a cui era sottoposto il bambino e, gridando alti lamenti, si avventò contro Demetra.

La dea ribollì di sdegno e lasciò consumare il piccolo tra le fiamme.

Demetra per ripagare i genitori di quella perdita, riversò i suoi favori su un altro dei loro figli, Trittolemo, al quale fece dono di un carro trainato da dragoni alati e di una scorta di sementi.

Con questi doni Trittolemo insegnò agli uomini a coltivare i campi e a conoscere i benefici dell'agricoltura. Secondo Paniassi, Trittolemo era figlio di Eleusi, e che proprio presso quest'ultimo la dea avesse alloggiato.

Ferecide, invece, sostiene che era figlio di Oceano e Gea.

2) Altro Demofonte era figlio di Fedra e Teseo. Demofonte, giunse nel paese dei Traci, qui Fillide, la figlia del re, si innamorò di lui: Demofonte la sposò ed ebbe in dote il regno.

Ma preso di nostalgia della propria terra decise di rientrare in patria, Fillide pianse a lungo, Demofonte giurò che sarebbe ritornato entro una certa data, e partì. Fillide lo accompagnò fino al porto e gli donò un cofanetto, dicendogli che conteneva un sacro amuleto della Madre Rea, e che doveva aprirlo solo nel caso avesse perso ogni speranza di tornare da lei.

Demofonte arrivò a Cipro, e vi si insediò. Quando il tempo stabilito fu ormai trascorso e Demofonte non era ancora rientrato, Fillide lo maledì e si uccise.

Anche Demofonte ricordandosi della promessa, trascorso il tempo apri il cofanetto, e subito fu assalito da un folle panico, montò a cavallo e si lanciò al galoppo all'impazzata, finché trovò la morte in modo assurdo: il cavallo infatti inciampò, Demofonte fu disarcionato e cadde sulla propria spada.

I genitori di Fillide costruirono una tomba alla povera figlia, in quel luogo crebbero dei mandorli che ogni anno alla ricorrenza della morte di Fillide piangono e rinsecchendosi si privano delle foglie.

Ovidio nella seconda lettera delle Eroidi scrive una bellissima trattazione del triste amore fra Fillide e Demofonte.

DEMOGÒRGONE

Δημογοργόνη, sconosciuto alla mitologia classica. Personaggio che si incontra nel De genealogiis deorum gentilium di Boccaccio, ed è descritto come antichissimo dio della Terra, misterioso padre degli dei pagani.

DESSAMENO

Δεξαμενός, Accogliente, centauro e re di Oleno in Acaia, dove ospitò Eracle fuggito dall’Elide.

DEUCALIONE

Δευκαλίων, figlio di Promèteo. Per volontà di Zeus, costruì un'arca nella quale chiusosi con la moglie Pirra, aspettò il diluvio (Pindaro, Olimpiche 9, 41 ss.) col quale il sommo dio ripulì il mondo dall'umanità malvagia. Riuscì a restare a galla per nove giorni e nove notti finché la barca non si arenò nella cima del monte Parnaso.

Qui aspettarono che le acque si ritirassero e quando scesero a valle come da istruzioni avute ("Andando via dal tempio velatevi il capo, slacciatevi le vesti e alle spalle gettate le ossa della grande madre") tirarono delle pietre dietro le loro spalle, dalle pietre di Pirra nascevano delle donne, invece, da quelle tirate da Deucalione gli uomini, così la specie umana continuò (Inde genus durum sumus experiensque laborum / et documenta damus qua simus origine nati "(Ovidio, Metamorfosi I, 414-415).

Quando Deucalione morì venne sepolto vicino al tempio di Zeus in Atene.

Per il racconto Ovidio, Metamorfosi I, 177-415.

DICE o DIKE

Δίκη, dea della Giustizia, detta anche Astrea, figlia di Zeus e Temi, fu considerata il principio fondamentale per lo sviluppo di ogni società civile. Era una delle Ore, stanca degli errori degli uomini si trasferì in cielo diventando la costellazione della Vergine.
Suo epiteto era πανοψιος “che tutto vede”.

DICEO

Δίκαιος, vale a dire Giusto epiteto di Apollo, anche un figlio di Poseidone che diede il suo nome alla città di Dicea.

DICTINNA

Δίκτυννα, la Dama della Montagna, precedette Artemide come dea della caccia, le Ninfe e le Nereidi, era dea delle acque zampillanti e della pesca.

Era una delle maggiori divinità minoiche.

DIDIMAONE

Διδυμάων, artista che forgiò lo scudo talismanico appeso nel tempio di Poseidone, a Troia, fu portato via dai Greci.

DIDONE

Morte di Didone (Guercino)
Morte di Didone

Δῑδώ, o Elisa, figlia del re Mutto di Tiro, che divenne regina e sposò lo zio Sicheo. Avendole suo fratello Pigmalione ucciso il marito e iniziato una persecuzione contro di lei, si rifugiò in Africa ove fondò la città fenicia che prese il nome di Cartagine, ben presto prospera per i commerci.

Qui approdò Enea, secondo le leggende antiche raccolte e rinnovate da Virgilio, e Didone, commuovendosi per le sventure dell'eroe, divenne sua amante, ma non poterono restare insieme perché Zeus intervenne, ricordando a Enea che doveva ripartire per proseguire nella sua missione e fondare Roma.

Didone, abbandonata e disperata, si uccise (Virgilio, Eneide IV) E non è ora la prima volta che il mio petto è ferito da un'arma: vi è già la ferita di un amore crudele. Anna sorella, sorella Anna, consapevole, purtroppo, della mia colpa, fra poco porgerai gli ultimi onori alle mie ceneri. E, una volta divorata dal fuoco, non sarò più indicata come Elissa, moglie di Sicheo, ci saranno soltanto questi versi incisi nel marmo del sepolcro: "Enea fornì il motivo della morte e la spada; Didone si tolse la vita con la sua stessa mano".

Altre leggende raccontano diversamente i fatti.

Per approfondimenti vedi Ovidio, Eroidi - Didone ad Enea.

DIKTÈ

Δίκτη, monte dell'isola di Creta, secondo una leggenda locale, Zeus il dio supremo sarebbe nato in una grotta di questo monte e sarebbe stato allattato da una scrofa. Nello stesso luogo vi avrebbe condotto la bella Europa.

DIMORFO

Δίμορφος, epiteto di Dioniso che significa di due forme in quanto rappresentato a volte androgino, altre volte luminoso e benefico da un lato, e cupo, minaccioso dall'altro.

DIOGENE

Διογένης, epiteto di Dioniso, significa figlio di Zeus.

DIOMÈDA

1) Διομήδη, schiava di Achille, con la quale si consolò dopo che Agamennone gli aveva sottratto la bella Brisèide.

2) Διομήδη, figlia di Xuto e sposa di Deione.

3) Διομήδη, madre dell'eroico Iolao, dopo la sua morte fu chiamato Protesilao perché fu il primo a cadere.

DIOMEDE

alt
diomede

1) Διομήδης, re della Tracia, figlio di Ares e di Cirene famoso per le sue cavalle alle quali dava in pasto gli stranieri che si avventuravano nella sua terra. Per questo fu ucciso da Eracle e il suo corpo dato in pasto alle cavalle.

Gli animali furono poi dispersi sul monte Olimpo. Ebbe culto in Tracia, poi in tutto il mondo ellenico; a lui venivano sacrificate vittime umane.

2) Διομήδης, uno dei principali eroi dell'Iliade, re di Argo, figlio di Tideo e di Deipile, partecipò alla guerra degli Epigoni per la conquista di Tebe e poi alla guerra troiana.

Come nei poemi omerici è raccontato, con la protezione di Atena, ferì Ares e Afrodite, partecipò ad imprese rischiose insieme a Ulisse, uccise Reso re dei Traci e s'impadronì delle frecce fatali di Filottete.

Tornato in patria dedicò un tempio ad Atena Ossiderce che a Troia gli aveva tolto la caligine dagli occhi consentendogli di ferire Ares.

Insidiato dalla infedele moglie Egialea, riprese il mare, approdò nelle coste dell'Italia meridionale, divenne re della Daunia fondandovi Argos, Hippios e altre città. I suoi compagni furono tramutati in uccelli.

DIONE

Δίων, Ninfa figlia di Urano e di Gea (o, secondo altri, di Oceano e di Teti) che, amata da Zeus, divenne la madre (Secondo una delle varianti della leggenda) di Afrodite o Venere.

Nel tempio di Dodona veniva venerata insieme a Zeus; anche in Atene e in altre città ebbe culto antichissimo. Veniva chiamata anche Dionèa.

alt
Dioniso e le Nike

Altra Dione con Tantalo generò la sfortunata Niobe e Pelope che diede il nome al Peloponneso.

DIONISO

Διόνῡσος, vedi Bacco.

DIOPATRA

Διοπάτρη, ninfa violentata da Poseidone (siamo alle solite con questi dèi).

DIORE

Διώρης, condottiero greco, andò con dieci navi all'assedio di Troia dove trovò la morte per mano di Poro. Faceva parte delle forze d'Epeo.

DIOSCURI

Dioscuro
Dioscuro

Διόσκοροι, Dios kuroi, significa figli di Zeus. Nella mitologia greca ci sono due coppie di gemelli a portare questo nome; Anfione e Zeto, chiamati Dioscuri tebani; Castore e Polluce i Dioscuri spartani. In ogni caso i Dioscuri cantati dai poeti per l'amore fraterno e l'inseparabilità erano quest'ultimi.

I Dioscuri aiutarono gli dèi nella lotta contro i Giganti. Parteciparono al viaggio degli Argonauti, alla caccia del cinghiale Calidonio, imprigionarono Etra madre di Teseo, reo di avere rapito la bella Elena che all'epoca era ancora bambina. I due fratelli sarebbero nati dall'uovo che Leda aveva concepito quando Zeus nelle spoglie di un cigno la fece sua; oppure da Zeus e dalla ninfa Talia. Erano delle divinità ctonie, per approfondire questo passo vedremo più avanti i Palici.

Castore nacque mortale, mentre Polluce era immortale. Quando decisero di prendere moglie, i divini gemelli rapirono le figlie di Leucippo, però le ragazze erano promesse a Ida e Linceo, anch'essi gemelli e cugini dei Dioscuri.

Ida e Linceo giurarono vendetta nei confronti di Castore e Polluce, così nella lite che ne seguì, Castore fu ucciso da Ida.

Polluce inferocito dal dolore della perdita del fratello, inseguì i due e raggiuntoli uccise Linceo, mentre Ida che stava per scagliare una stele contro Polluce venne incenerito con un fulmine da Zeus per difendere il figlio.

Polluce, che amava il fratello, chiese a Zeus di togliergli il dono dell'immortalità per potere stare col fratello e siccome questo non era possibile, Zeus gli offrì di vivere un giorno con Castore sull'Olimpo, e un giorno con Castore sottoterra.
Infine, Zeus commosso li portò entrambi in cielo, dove costituiscono la costellazione dei Gemelli.

Un'altra versione, molto meno romantica, narra che i cugini litigarono e si uccisero per la spartizione di una mandria di bestiame da loro rubata. In pratica dei volgarissimi abigei. Il mito narra che non potendo fare più nulla per la sorella Elena, si misero a proteggere la nave che trasportava Elena. Cavalcandole affianco, proteggevano la sorella e la nave dalla potenza delle onde. Per cui furono molto venerati dai marinai, divenendone i protettori.

DIRADIOTE

Δειραδιώτης, epiteto di Apollo in Argo, il nome gli deriva dal tempio che aveva sopra a dei dirupi (δειράδες). Si attribuiva la fondazione di tale edificio, notevole del rimanente per un oracolo, al saggio Pitteo di Trezene, avo materno di Teseo. mostra un'altra fotografia del tempio di Apollo Diradiote

Dirce - Bartolini Lorenzo 1823
Dirce
Bartolini Lorenzo 1823

DIRCE

Δίρκη, seconda moglie di Lico, re di Tebe. Avendo recato offesa alla prima moglie ripudiata di Lico, Antiope, i figli di questa, Anfione e Zeto, uccisero Lico e legarono Dirce tra le corna di un toro che la sfracellò sulle rocce. Come dice Stazio nella "Tebaide", Il corpo di Dirce si sciolse formando una fonte man mano che il suo sangue si mutava in acqua.

DITIRAMBO

Διθύραμβος, nell'antica poesia greca di tradizione dorica, canto corale in onore di Dioniso; per estensione, qualunque composizione di ispirazione orgiastica. Il ditirambo è un poema lirico intonato all'entusiasmo e alla gioia.

Questo genere poetico fu coltivato da Simonide, Bacchilide, Pindaro e altri minori, e, secondo Erodoto, sarebbe stato inventato da Arione di Metimma.

Secondo Aristotele, seguito da quasi tutti i moderni, dall'antico ditirambo si sarebbe sviluppata la tragedia greca.

DODONA

Δωδώνη, antica città dell'Epiro. sede di uno dei più famosi santuari, sacro a Zeus, dove il dio dava i suoi responsi a mezzo dei sacerdoti e delle sacerdotesse che ascoltavano lo stormire delle foglie delle querce del vicino bosco sacro, dal volo delle colombe che vi avevano il nido e dal suono dei grandi cembali di bronzo mossi dal vento.

Atena, col legno di una delle querce sacre, costruì la polena parlante che ella stessa pose sulla prua della nave Argo.

DOLICO

Δόλῐχος, presso gli antichi Greci, la più lunga delle gare di corsa. Fu disputata per la prima volta durante la quindicesima Olimpiade (716-712 a.C.).

Anche uno dei figli di Egitto ucciso dalla sua sposa Pirene figlia di Danao.

DOLO

Δόλος, personificazione del dolo, figlio dell'Etere e della Terra.

DOLONE

Δόλων, furberia. Troiano figlio d'Eumelo, era un uomo, di grande abilità con buone doti di intelligence. Si offrì di andare a spiare il campo greco in cambio dei cavalli di Achille, una sera copertosi con una pelle di lupo, strisciando nel buio si avviò nell'impresa, ma, venne sorpreso e ucciso da Diomede e Ulisse che nello stesso momento si accingevano ad andare a rubare i cavalli di Reso.

DORI

1) Δῶρις, figlia di Ocèano e di Tèti. Sposò il fratello Nerèo ed ebbe cinquanta figlie, le Nereidi.

2) Δωριεῖς, stirpe ellenica che avrebbe avuto per capostipite Doro.

Dalla Tessaglia, dove si erano dapprima stanziati, essi discesero nel Peloponneso: secondo la leggenda questa migrazione dorica sarebbe avvenuta nel 1104 a.C., sotto la guida degli Eraclidi. I reperti archeologici e la critica storica fanno risalire invece l'infiltrazione dorica tra le popolazioni preellene e tra le altre stirpi elleniche (Eoli, Joni) che si erano stanziate in Grecia, almeno al XIV sec. a.C. Con l'insediamento dei Dori, popolo rude e barbarico, in Grecia comincia il periodo che si suole chiamare Medioevo ellenico, che segna la fine dell'età micenea ed un decadimento generalizzato delle arti e della letteratura.

Quale contributo abbiano portato gli invasori alla civiltà greca, è difficile stabilire nei particolari, ma in complesso non fu cospicuo.

Delle città che occuparono o che fondarono, Sparta fu quella che si distinse: proverbiali la rigidità della disciplina militare ed i modi di vita gregari adottati dagli spartani.

La religione primitiva dei Dori denuncia l'influenza di correnti e concezioni religiose della civiltà mediterranea arcaica.

I Dori fondarono colonie in Asia Minore, in Africa, in Sicilia e nell'Italia meridionale.

DORIPPE

Δωρίππη, ninfa madre di Spermo, d'Eno e d'Elaide, praticamente di Semente (σπέρμα), Vino (οἶνος) e Olio (ἔλαιον). Dorippe raffigura (δῶρον = dono) una specie Cornucopia.

DORO

Δῶρος, figlio di Elleno e della ninfa Orseide, fratello di Eolo, fu il capostipite del popolo che da lui prese il nome. Dopo una serie di migrazioni, si stabilì nel Peloponneso, sede storica dei Dori.

DRACONE

Δράκων, pastore che custodiva gli armenti delle Esperidi.

Driade 1884-1885 Evelyn De Morgan
Driade

DRIADI

Δρύαδες, (dal greco Drys = quercia), dette anche Amadrìadi, erano le ninfe dei boschi, figlie di Dori e di Nerèo. Vivevano nelle foreste in simbiosi con le piante e ne seguivano la sorte. Furono immaginate per impedire di distruggere troppo facilmente le foreste, in quanto non si poteva tagliare un albero prima che i sacerdoti lo dichiarassero abbandonato dalle ninfe.

DRIANTE

Δρύας, diversi i personaggi:
1) Padre del celebre re di Tracia, Licurgo.
2) Figlio dello stesso Licurgo (fu ucciso da suopadre che lo colpi credendo di spaccare un ceppo di vite).
3) Uno dei principi greci che intervennero alla caccia del cinghiale calidonio.
4) Centauro che uccise Reto ed altri Lapiti nelle nozze di Piritoo.

DRIOPE

1) Δρύοψ, ninfa dell'Arcadia,accoppiatasi con Ermes, divenne madre di Pan. Fu mutata da Bacco in driade e quindi in albero. ... E là, benché dio, pasceva le greggi lanute presso un mortale: perché desiderio fioriva languido in lui di giacere in amore con Driope, fanciulla dai riccioli belli. E si strinse con lei nella gioia d'amore. Ed ella poi generò nelle stanze un figliuolo a Ermes diletto, un prodigio a vedersi, col piede di capra, bicorne, strepente, e dolce ridente: fuggì la nutrice il fanciullo lasciando atterrita alla vista di quel volto selvaggio e barbuto... (XIX Inno omerico a Pan)

2) Eroe mitologico, figlio di Spercheo e Polidora, fondatore della stirpe dei Driopi e tra i primi abitanti della Grecia.

3) Nella mitologia greca, figlia del re Driope, compagna delle ninfe amadriadi.

Apollo si infatuò di essa e per possederla si mutò in tartaruga quando Driope la strinse al petto, il dio si mutò prima in vipera, facendo fuggire le compagne della ninfa e rimasti da soli la fece sua, dalla unione nacque Anfisso.

Dopo il suo matrimonio con Andremone, fu rapita dalle amadriadi e non fece mai più ritorno. Nel luogo della sua scomparsa sorse un pino nero.

4) una figlia di Priamo

DUPO

Δοῦπος, (rumore), uno dei centauri che volle forzare l'ingresso della grotta di Folo per catturare Eracle, ovviamente viene ucciso senza sforzo alcuno dall'eroe forzuto.