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Il Santuario di Nemea era posto nella valle dell'Argolide. Il luogo secondo la mitologia prese il nome dalla figlia del fiume Asopo, o da Nemea, figlia di Zeus e di Semele. Citato spesso nella mitologia greca. Nell'antica Grecia il santuario ha dimensioni molto varie, a seconda delle funzioni e dell'importanza. Gli elementi fondamentali, lo spazio sacro e l'altare, sono sempre presenti, invece possono mancare tutti gli altri, compreso il tempio, che ha solo la funzione di "casa del dio", cioè ricovero per la sua immagine. I santuari più importanti erano quelli panellenici, che avevano carattere sovranazionale ed erano riconosciuti da tutte le comunità. Si tratta di quelli di Olimpia (Elide) e di Nemea (Argolide), dedicati a Zeus; di quello di Delfi (Focide), sacro ad Apollo, presso cui era un celebre oracolo; di quello di Isthmia, presso Corinto, consacrato a Poseidone. A Nemea Eracle vi compí una delle sue 12 fatiche uccidendo il leone nemeo, con la pelle del quale si vestì. Il suo nome è legato alla celebrazione dei Giochi Nemei. A cadenza biennale, tra giugno e luglio, si svolgevano a Nemea i giochi nemei o Nemee, celebrati in onore di Zeus Nemeo o dell'eroe locale Ofelte Archemoros. I giochi storicamente ebbero inizio nel 573 a.C. consistevano in gare ginniche, atletiche, equestri, musicali e poetiche. Per queste celebrazioni sportive la mitografia propone due possibili illustri fondatori: Adrasto di Argo, ai tempi della spedizione dei sette a Tebe; oppure Eracle, dopo l’uccisione del leone nemeo. Tale manifestazione divenne festa panellenica dal 573 a.C., e assunse grande affinità con le gare di Olimpia, ai vincitori veniva consegnata una corona di sedano selvatico (altro che i nostri atleti di oggi). Nella sua valle gli Spartani nel 394 a.C. sconfissero la coalizione di Tebe, Argo e Atene che li capeggiava. A Nemea viveva una terribile belva (Leone di Nemea o nemeo) che devastava la regione intorno all'omonimo santuario. Il leone di Nemea era una bestia ferocissima e invulnerabile. Eracle lo uccise serrandolo e quindi stritolandolo nella morsa delle sue potenti braccia. Quindi cercò di scuoiarlo, ma il ferro non intaccava le pelle della fiera, e per avere la pelliccia si servì degli artigli della belva stessa. Indossò poi quella pelle che lo rese invulnerabile a sua volta. Fu questa la prima delle 12 fatiche dell'eroe. Molto rinomato è oggi il vino prodotto in Nemea. Platone nel Teagete ci racconta una strana storia che ha a che vedere con lo stadio di Nemea e col Daimon di Socrate. In questa nota città sembra che il grande Esiodo ci abbia rimesso la vita, stando a quanto ci racconta Tucidide nella Guerra del Peloponneso III, 3 e qua segue un breve stralcio dell'opera:
96. Per la notte, fece bivaccare nei recinti del santuario di Zeus Nemeo, quello stesso in cui si tramanda che cadde vittima degli abitanti del luogo il poeta Esiodo, cui un vaticinio aveva profetato una fine simile in Nemea. Sempre lo stesso e nella stessa opera nel libro V, 2 ci narra che nella zona durante la guerra del Peloponneso ci furono tante aspre battaglie.
LICURGO Fratello del re di Fere, Admeto e sposo di Euridice. Si stabilì nel territorio di Nemea, sposò Euridice (o forse, come alcuni sostengono, Anfitea), e generò Ofelte, che in seguito venne chiamato Archemoro. Sul suo destino il mito presenta alcune varianti. Secondo Omero, Licurgo, per la sua empietà, venne accecato dagli dèi; secondo Sofocle, egli venne rinchiuso in una grotta, dove con il tempo ritrovò la ragione; secondo Igino, invece, il re, completamente ubriaco, cercò di violentare sua madre: per questo decise di strappare tutte le viti, ma Dioniso lo fece impazzire, e poi lo diede in pasto alle pantere sul monte Rodope. Vedasi Diodoro Siculo 1, 20, e Nonno, Dionisiacbe XXI, 1 ss. Soprattutto Omero, Iliade VI, 129 ss.; Sofocle, Antigone 955 ss.; Igino, Favole 132.
Dopo questo breve preambolo credo che ci possiamo gustare alcune immagini del posto.