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IACCO

Ἴακχος, dio guida alla mistica processione dei misteri Eleusini. Ritenuto figlio di Demetra, o di Persefone e di Zeus, a volte identificato (o ritenuto incarnazione) con Zagreo (figlio di Persefone e di Zeus), che fu ucciso dai Titani, altre volte era identificato con Bacco.

IADI

Ὑάδες, ninfe delle selve, delle fonti e delle paludi, figlie di Atlante e di Etra, Iadi dal greco Hyades significa le Piovose. Esse erano 7 o 11, ecco i nomi di alcune di esse: Fesile, Ambrosia, Coronide, Eudora, Polisso. Si pensava che fossero state trasferite in cielo perché come nutrici di Bacco, Licurgo le aveva cacciate via dall'isola di Nasso. Allora si consumarono dal pianto e Zeus le mutò nelle piovose stelle della costellazione del Leone: le Iadi.
Secondo un'altra versione morirono struggendosi in lacrime quando la loro sorella venne divorata da un leone. Zeus le mutò, allora, in un gruppo di stelle nella costellazione del Leone. Poiché il loro sorgere coincideva, in Grecia, con l'inizio della stagione delle piogge, gli antichi immaginarono che esse continuassero a piangere, dal cielo, la sorella straziata dalla belva.

IAMO

Ἴαμος, Pitana si congiunse con Poseidone e dal dio concepì Evadne “dalle trecce di viole”, per la durata della gestazione nascose il suo stato con le pieghe della veste.

Quando fu il tempo, si sgravò di una bimba alla quale impose il nome di Evadne, quindi ordinò alle serve di portarla in gran segreto a Epito re degli Arcadi.

La bimba crebbe e divenne una bellissima donna (e qua adesso siamo alle solite), Apollo la vide e volle farla sua a tutti i costi.

La giovane donna visse le stesse paure della madre, anch'essa violentata da un dio, però non poté nascondere la sua maternità al tutore.

Epito mandò a interrogare l'oracolo di Delfi sull'accaduto.

Intanto Evadne si era recata a una fonte e li partorì un bimbo che abbandonò in una macchia, ma due serpenti si posero a guardia del piccolo nutrendolo con del miele.

Intanto da Delfi giunse il responso: quel bambino era figlio di Apollo.

Epito lo fece cercare e dopo cinque giorni fu trovato nella boscaglia con il corpo inondato dai raggi chiari e purpurei delle viole.

Venne per questo chiamato Iamo (da viola), e da lui discese la famiglia degli Iamidi, indovini, di padre in figlio profeti in Olimpia e famosi in tutta la Grecia.

IARDANO

Ἰάρδᾰνος, re di Lidia e padre di Onfale la regina di cui s'innamorò Eracle. Di Iardano si dice che fosse un mago e che coi suoi malefici aveva spinto il suo nemico Camblete, a divorare la propria moglie, tanta era la fame insaziabile che gli aveva procurato.

IASIONE o GIASIONE

Ἰασίων, figlio di Zeus e di Elettra, una delle Pleiadi.

Genio della fertilità della terra e della pioggia fecondante.

Diodoro Siculo racconta che Demetra e Iasione si incontrarono alle nozze di Cadmo e Armonia: là Demetra si innamorò di Iasione e dopo essersi uniti in un campo a maggese rivoltato tre volte, gli partorì un figlio: Pluto, dio della ricchezza (secondo altri era figlio di Irene). (Omero, Odissea V, 125 ss.; Esiodo, Teogonia 969 ss.).

Si dice che Demetra gli partorì anche Polimelo (mutato nella costellazione del Boote) ritenuto l’inventore del carro e dell’aratro. Demetra gli regalò il frumento e gli spiegò come coltivarlo e così divenne il primo seminatore. Venne fulminato da Zeus, sdegnato per avergli sedotto la sorella.

IASO

Ἴασος, figlia di Asclepio. Il suo nome altri non è che una personificazione di una delle tante qualità del padre: la "Guariggione".

ICARIO

1) Ἰκάριος, assieme alla figlia Erigone (Colei che è nata all'aurora), per avere ospitato Dioniso, ebbero in dono un otre di vino e la pratica della viticoltura.

Icario, volendo condividere i doni del dio con gli altri uomini, fece assaggiare il vino (bevanda ancora sconosciuta) a dei contadini che, bevutane una quantità smodata, scambiarono la sbronza per avvelenamento.

I contadini per vendicarsi uccisero il povero Icario.

La cagnetta Mera, che aveva seguito il padrone, ululando presso il suo cadavere, guidò Erigone fino al luogo dove giaceva insepolto Icario; la giovane pianse a lungo il padre, lo seppellì e poi stravolta dal dolore si impiccò.

Attratti dai latrati della cagna arrivarono alcuni contadini che diedero sepoltura alla salma della ragazza mentre la povera cagnetta, accucciata sulla tomba di Erigone, si lasciò morire.

Zeus commosso da così triste storia, trasferì Icario nella costellazione del Boote, Erigone in quella della Vergine e Mera in quella del Cane (come era ovvio).

Dioniso, per vendicarne la morte, fece scoppiare un’epidemia di suicidi fra le fanciulle. Gli ateniesi per porvi rimedio, consultarono l’oracolo che consigliò punire i colpevoli delle morti di Icario e Erigone e indire una festa in loro onore.

Fu così che durante il terzo giorno delle Antesterie, venivano offerte le primizie a Icario e Erigone e le ragazze andavano in altalena.

2) Padre di Penelope.

3) Tratto del mare Egeo dove precipitò e affogò Icaro.

ICARO

Dedalo e Icaro
Dedalo e Icaro

Ἴκαρος, figlio dell'inventore Dedalo e di Naucrate una schiava di Minosse, tentò di fuggire da Creta con le ali fabbricate dal padre.

Precipitò presso Samo nel mare che, da quel momento, si chiamò Mare Icario. Il suo cadavere fu sbattuto dalla risacca sulle rive dell'isola Doliche “Isola lunga”, finché non arrivò Eracle che lo seppellì pietosamente e da lui chiamò quell'isola Icaria.

…«Vola a mezza altezza, mi raccomando, in modo che abbassandoti troppo l'umidità non appesantisca le penne o troppo in alto non le bruci il sole.

Vola tra l'una e l'altro e, ti avverto, non distrarti a guardare Boòte o Èlice e neppure la spada sguainata di Orìone: vienimi dietro, ti farò da guida».

E mentre l'istruiva al volo, alle braccia gli applicava quelle ali mai viste. Ma tra lavoro e ammonimenti, al vecchio genitore si bagnarono le guance, tremarono le mani. Baciò il figlio (e furono gli ultimi baci)… Ovidio, Metamorfosi VIII, 183.

ICELO o FOBETORE

Ἴκελος, per gli dèi era Icelo, per gli uomini era Fobetore ed era apportatrice di incubi.

Figlia di Hypnos e sorella di Morfèo, e Fantaso, faceva parte del corteo dei sogni.

ICORE

ἰχώρ, nome dato al sangue incolore degli Dei.

IDA

1) Ἴδη, catena di montagne della Troade, in Asia Minore, dove si svolsero: il giudizio di Paride, l'incontro tra Anchise e Afrodite e il ratto di Ganimede da parte di Zeus. Una tradizione vuole che qui si siano celebrate le nozze segrete tra Zeus ed Era.

2) Monte dell'isola di Creta dove Zeus nacque e venne cresciuto e nutrito col latte della capra Amaltea. Nel suo antro sacro ai tempi di Minosse secondo il mito, il sovrano si ci recava ogni otto anni per chiedere al dio suo padre le leggi più giuste.
curiosità: si dice che vi si trovasse la tomba di Zeus, e questo per un immortale è disdicevole.

3) eroe mitologico, originario della Messenia, cugino dei Dioscuri. Con il fratello gemello Linceo prese parte all'impresa degli Argonauti ed alla caccia al cinghiale calidonio. Si scontrarono infine con i cugini Dioscuri: Linceo fu ucciso ed Ida uccise Castore prima d'esser fulminato da Zeus.
Contese al dio Apollo la ninfa Marpessa.

4) Ninfa figlia di Melisseo, accudì Zeus infante allattandolo, si occupò anche della madre di Minosse, re di Creta.

IDIA

Εἰδυῖα, moglie di Oète fu madre di Medèa.

IDOMENEO

Ἰδομενεύς, leggendario re cretese, figlio di Deucalione e nipote di Minosse, re di Creta. Fu uno dei pretendenti di Elena e si distinse nella guerra di Troia alla quale partecipò con 40 navi (secondo quanto riportato da Igino).

Sulla via del ritorno in patria fu sorpreso da una violenta burrasca, e fece voto a Poseidone che, se fosse arrivato a casa sano e salvo, gli avrebbe sacrificato il primo essere vivente che avesse incontrato. Raggiunta la terraferma vide prima di tutti suo figlio (o la bellissima figlia), non si sa se eseguì effettivamente il sacrificio, sta di fatto che gli dei adirati fecero scoppiare una pestilenza a Creta, e i suoi sudditi lo scacciarono in esilio.

Idomeneo si recò dapprima in Calabria, poi dalle parti di Otranto, e infine a Colofone, in Asia Minore, dove morì.

IDOTEA

eracle combatte l'idra
Eracle combatte l'Idra

Εἰδοθέα, ninfa figlia di Proteo, insegnò a Menelào come costringere Proteo a dirgli la via per il ritorno a Sparta. Altra Idotea fu la moglie di Mileto, fondatore dell'omonima città

IDRA DI LERNA

Ὕδρη Λερναίη, terzogenita figlia di Echidna e Tifone. Mostro dalla forma di serpente con nove teste, le quali se tagliate rinascevano.

Ucciderla fu la seconda fatica di Eracle che tagliandole man mano bruciava il moncone in modo da impedire la crescita della nuova testa.

Un'altra versione del mito narra che l'Idra fu soccorsa da un enorme granchio che assalì Eracle attanagliandolo a un piede.

Per questo Era lo pose nella costellazione del Cancro che brilla in cielo vicino a quella dell'Idra.

IERACE

Ἱέραξ, famoso per essere un uomo giusto, viveva in Bitinia dove aveva fondato diversi santuari in onore di Demetra, ovviamente la dea lo ricambiava dandogli raccolti eccezionali. Vediamo adesso cosa ha di straordinario per essere menzionato fra i miti: i Teucri per negligenza si scordavano di sacrificare a Poseidone, allora il dio adirato, distrusse i frutti della terra e fece emergere dal mare un terribile mostro che scagliò contro di loro. I Teucri non potendo resistere alla fame e assediati dalla bestia, inviarono dei messaggi a Ierace perché li salvasse dalla sicura morte per fame. Ierace immediatamente approntò dei carichi enormi di viveri e li fece pervenire ai Teucri.
A questo punto Poseidone estremamente arrabbiato con Ierace, per vendetta lo mutò in sparviero in modo che mutasse il consesso che fino a quel momento avevo ricevuto: ovvero, mentre gli uomini nutrivano per lui grande stima e attrazione, lo fece detestare dagli uccelli di cui faceva strage.

IEROCERICE

Ἱερακῆρυξ, così veniva chiamato il principale sacerdote che celebrava i Misteri Eleusini. Araldo sacro della famiglia dei Cerici.

IERODULI

ἱερόδουλος, erano gli schiavi delle divinità. I maschi erano adibiti ai lavori nelle proprietà del tempio, mentre le donne venivano offerte nella prostituzione sacra.

IEROFANTIDE

ἱεροφάντης, nell'antica Eleusi, la sacerdotessa destinata a vita, al culto di Demetra.

IFI

1) Ἶφῐς, figlia del cretese Lidge e di Teletusa. Lidge aveva deciso di sopprimere tutte le femmine che gli fossero nate e Teletusa salvò Ifi (nata durante un'assenza del padre) allevandola e vestendola come se fosse di sesso maschile.

Successivamente la fanciulla fu realmente mutata in maschio. … «O tu, che mi sei devota, smetti di preoccuparti ed eludi l'ordine di tuo marito. Quando Lucina t'avrà sgravato, non esitare: accogli come tuo chi nascerà.

Io sono una dea pietosa e a chi m'invoca vengo in aiuto: non potrai dire d'aver pregato una divinità ingrata»…

…Scioglie un uomo con questi doni il voto, che fece Ifi da femmina.

Il giorno dopo, quando i raggi del sole illuminarono il mondo, Venere, Giunone e Imeneo si unirono alla cerimonia nuziale ed Ifi, il giovane Ifi, conquistò la sua Iante. (Ovidio, Metamorfosi IX).

2) Ifi, giovane di umili natali, si era innamorato di Anassàrete, una nobile fanciulla dell'antica stirpe di Teucro.Dopo averla corteggiata a lungo, non riuscendo a fare breccia nel cuore della ragazza, decise di suicidarsi e … Hai vinto, Anassàrete: smetterò d'infastidirti coi miei lamenti.

Prepara in letizia il tuo trionfo, inneggia alla vittoria e incoronati di splendido alloro.

Hai vinto e io muoio senza rimpianti.

Gioisci, donna di ferro! Una volta almeno sarai costretta a lodare una mia azione: ti faccio cosa gradita e dovrai riconoscermi qualche merito.

Sappi però che la mia passione per te si spegnerà solo con la morte e sarà per me come se morissi due volte.

Non saranno voci a recarti notizia della mia morte.

Io ti comparirò davanti, non dubitare, potrai vedermi, perché tu possa saziare i tuoi occhi crudeli col mio cadavere.

E se è vero che voi, numi, vedete le vicende dei mortali, ricordatevi di me (la mia lingua non ha più la forza di pregarvi), fate che per secoli si parli ancora di me: il tempo che m'avete tolto in vita, assegnatelo al mio ricordo".

Questo disse e, levando gli occhi in lacrime e le braccia pallide verso quella porta che tante volte aveva ornato di ghirlande, nell'atto di fissare un cappio all'architrave, urlò: "È questo, dimmi, il serto che ti piace, donna crudele e scellerata?".

V'infilò il capo, ma sempre rivolto verso di lei, e come peso morto penzolò strozzato…

Si apprestavano a rendergli gli ultimi omaggi quando Anassàrrete ebbe l'insolenza di affacciarsi alla finestra per vedere il cadavere consumarsi.

Ma non appena scorse Ifi disteso sul feretro, le s'irrigidirono gli occhi, dal corpo velato di pallore dileguò il tepore del sangue e, quando tentò di ritrarsi, rimase inchiodata dov'era, quando tentò di girare il viso, neppure questo poté; e a poco a poco quella pietra che da tempo aveva nel suo duro cuore, le invase tutte le membra… divenendo una statua. (Ovidio, Metamorfosi XIV, 698-761).

IFIGENIA

ifigenia in tauride
Ifigenia in Tauride

Ἰφιγένεια, il mito più diffuso narra che era figlia di Agamennone e di Clitennestra.

Secondo altre versioni, Ifigenia era figlia di Elena e di Teseo.

Adesso vi racconto i fatti: quando la bella Elena, era ancora una bambina fu rapita da Teseo, (il lurido porco e depravato, perché la piccola aveva un’età compresa dai 7 ai 12 anni, mentre il pedofilo ne aveva 50 di anni e in un frammento di Aristofane si dice che la ragazza fu addirittura sodomizzata.) che la violò e da questo atto ignobile, nacque Ifigenia.

Dopo essere stata liberata dai Dioscuri, Elena riferì di essere ancora vergine e la sorella Clitennestra allevò Ifigenia facendola passare come figlia sua.

Ora ritorniamo al mito più diffuso: quando Agamennone con la sua flotta doveva partire nella spedizione contro Troia, aveva dei forti venti contrari che gli impedivano di prendere il largo.

Interpellato Calcante ebbe come responso quello di dover offrire in sacrificio ad Artemide la più bella delle sue figlie (Artemide, infatti, era infuriata contro di lui, perché un giorno, tirando a un cervo, aveva detto: «Neanche Artemide ci sarebbe riuscita! »).

In caso contrario non ci sarebbe stata nessuna possibilità di salpare.

Così l’ignobile padre mandò Odisseo e Taltibio da Clitennestra, con l'ordine di consegnare a loro Ifigenia, perché venisse data in sposa ad Achille come riconoscimento al suo valore.

Clitennestra, felice per lo sposalizio, consegnò la fanciulla.

L’infame padre, allora, pose la fanciulla sull'altare e stava già per sgozzarla, quando Artemide la rapì, la portò in Tauride e la fece sacerdotessa del suo culto.

Al posto della ragazza, la dea pose sull'altare un cervo.

IFIMEDIA

Ἰφιμεδεα, moglie di Alòo, innamoratasi di Poseidone genera col dio due figli: Oto ed Efiàlte.

IFITO

1) Ἴφιτος, figlio di Antiope e di Eurito, re d'Ecalia.

Eurito aveva messo in palio la mano della figlia Iole come premio per chi avesse sconfitto lui stesso e i suoi figli in una gara di tiro con l'arco.

Eracle si recò in Ecalia per partecipare alla gara che vinse.

Eurito e i figli, però, non vollero dargli la fanciulla, temendo che Eracle, se avesse avuto dei figli da Iole, avrebbe potuto uccidere anche questi, com'era già avvenuto.

Ifito, il suo figlio maggiore, era il solo a sostenere che Iole doveva andare sposa a Eracle.

Poco tempo dopo, Autolico rubò del bestiame dall'Eubea, ed Eurito diede la colpa a Eracle: ma Ifito non ci credette e andò da Eracle incontrandolo al ritorno da Fere, dove aveva appena salvato Alcesti dalla morte, restituendola ad Admeto.

Atena forse Igea
Atena forse Igea

Allora gli chiese di cercare il bestiame insieme a lui. Eracle promise e offri ospitalità al giovane ma poi, preso da un nuovo attacco di follia, lo buttò giù dalle mura di Tirinto.

Un'altra leggenda gli attribuisce la fondazione dei Giochi d'Olimpia, nati da una tregua con icurgo.

2) Figlio di Naubolo, fu uno degli Argonauti.

IGEA

Ὑγίεια, figlia di Asclepio e di Lampeggia, venerata dai Greci come dea della salute. Era raffigurata sotto l'aspetto di una giovane donna prosperosa, nell'atto di dissetare in una coppa un serpente, in un'altra raffigurazione era seduta su un seggio, con la mano sinistra appoggiata ad un'asta, mentre con la mano destra porge una patera ad un serpente che, lambendola, si innalza da un'ara posta davanti alla dea.

Il suo culto era associato a quello del padre e di Panacea (sua sorellastra).

I Romani la identificarono con Salus.

ILA

<pstyle="text-align: justify;">Ὕλας, quando Eracle partì con gli Argonauti che l'avevano designato a loro condottiero, portò con lui Ila, il figlio di Ceice (in altra tradizione, Ila è figlio di Teodamante re dei Driopi), giovane di grande bellezza. Avevano oltrepassato l'Ellesponto e navigato a lungo, quando una tempesta sollevò le onde: gettarono l'ancora e fecero scalo. Eracle preparò il pasto per gli eroi mentre Ila andò con una brocca di bronzo sulla riva del fiume Ascanio a cercare acqua per i comandanti. Le Ninfe, figlie del fiume, lo videro e s'invaghirono di lui e, nel momento in cui attingeva acqua, lo trascinarono nella sorgente. Non vedendolo tornare, Eracle lasciò gli eroi e si mise a percorrere la foresta in lungo e in largo chiamando Ila a gran voce. Temendo che Eracle trovasse Ila fra di loro, le Ninfe trasformarono il giovane in eco che rispondeva spesso alle grida di Eracle. Questi, dopo aver fatto l'impossibile per ritrovare Ila, tornò alla nave e s'imbarcò con gli eroi, lasciando Polifemo sul luogo a continuare le ricerche per ritrovare Ila. Ma Polifemo, dopo avere fondato una città in Misia, morì presso i Calibi, prima di riuscire a trovare il giovane. Le genti del luogo offrono ancora oggi dei sacrifici a Ila al bordo della sorgente e il sacerdote lo chiama tre volte col suo nome e tre volte l'eco gli risponde. Questo a seguito del giuramento fatto ad Eracle dai Misi che non si sarebbero mai stancati di ricercarlo e per questo ancora oggi vanno in cerca di Ila. Tutto era avvenuto secondo il disegno di Zeus per interrompere il viaggio di Eracle chiamato ad altre fatiche prima di essere accolto nell’Olimpo degli immortali. <pstyle="text-align: justify;">Altro Ila era un centauro che assieme a Reco, tentò di violentare Atalanta, ma questa li ammazzò a furia di frecce.
John William Waterhouse - Hylas and the Nymphs Ila e le Naiadi
Ila e le Danaidi

E adesso leggiamo il racconto di Apollonio Rodio:
...Intanto, Ila aveva lasciato i compagni,
e con in mano una brocca di bronzo, cercava una fonte,
per attingere l’acqua e preparare la cena prima del suo ritorno,
e predisporre per lui tutto il resto in bell’ordine. 1210
Eracle stesso l’aveva educato a questi usi,
fin da quando l’aveva rapito bambino alle case del padre,
il re Teodamante, che l’eroe uccise tra i Driopi,
senza pietà, nella disputa per un giovenco.
Stava Teodamante aprendo il maggese con un aratro, 1215
afflitto dal dolore, ed Eracle venne e gli impose
di consegnargli un bue per arare, contro sua voglia.
Cercava soltanto un pretesto per portare la guerra fra i Driopi,
perché vivevano senza darsi pensiero della giustizia.
Ma questo mi porterebbe lontano dal mio cantare. 1220
Presto arrivò alla fontana che dai vicini è chiamata
«le Sorgenti». Là proprio allora le Ninfe
formavano il coro — piace a tutte le Ninfe
che abitano le falde della bella montagna
celebrare Artemide sempre nei canti notturni. 1225
E quelle che ebbero in sorte le cime dei monti e le grotte,
e le ninfe dei boschi venivano in fila fin da lontano,
e la ninfa dell’acqua proprio allora emergeva
dalla limpida fonte. Accanto a sé vide Ila,
fiammeggiante di bellezza e di grazia soave: 1230
la luna piena l’illuminava dal cielo;
e Afrodite sconvolse il cuore di lei,
e nello sgomento a fatica poté riaversi.
E appena, disteso di lato, egli ebbe immersa
la brocca nell’acqua, e l’acqua mormorò forte 1235
invadendo il bronzo sonoro, improvvisamente
lei gli cinse col braccio sinistro il collo, nel desiderio
di baciare la tenera bocca, e con la destra
lo tirò per il gomito e lo immerse nel mezzo del vortice.
Diede un grido, e uno soltanto lo udì tra i compagni, 1240
Polifemo, figlio di Elato, che si era spinto in avanti,
aspettando che ritornasse il fortissimo Eracle.
D’un balzo fu presso alle Sorgenti, come la fiera selvaggia,
cui da lontano è arrivata una voce di greggi,
e ardente di fame si mette in cammino, ma non ritrova le pecore 1245
(i pastori le hanno chiuse a tempo dentro la stalla),
e geme e urla terribilmente, fino a trovarsi sfinita;
così gemeva allora il figlio di Elato, e percorreva
la regione gridando, ma la sua voce era vana.
Poi, sguainata la grande spada, prese a cercarlo, 1250
che non fosse stato preda di belve, o, solo com’era,
gli avessero teso un agguato, e fosse stato rapito,
facile preda. E mentre brandiva la spada
nuda, ecco che trovò Eracle sul suo cammino,
e lo riconobbe, mentre nel buio si affrettava alla nave. 1255
Senza fiato, sconvolto nel cuore, gli diede la triste notizia:
«Infelice, io per primo ti darò un dolore terribile.
Ila è andato alla fonte, e non ritorna
salvo: o lo hanno rapito i briganti, o lo sbranano
le fiere: io ho sentito il suo grido».
(Argonautiche, I)

ILIADE

Ἰλιάς, poema epico dell'antica civiltà greca, del sec. VIII a.C. composto da Omero, in 24 canti o libri di complessivi 15.693 esametri in dialetto jonico.

Racconta i fatti dell'ultimo mese e mezzo della decennale guerra di Ilio o Troia; il sorgere dell'ira di Achille verso Agamennone che gli aveva portato via la schiava Briseide (I); la presentazione degli eserciti e dei loro capi (II); le battaglie cui non partecipa l'eroe offeso (III - VIII), il tentativo di Agamennone di sedare l'animosità di Achille con scuse e doni (IX), e l'insuccesso che perseguita gli assedianti, nonostante le prodezze da cui tornano feriti eroi come Ulisse, Diomede e lo stesso Agamennone (XI e segg.), Achille, deponendo l'ira, consente ai suoi Mirmidoni di combattere e all'amico Patroclo di indossare le sue armi (XVI); Ettore uccide Patroclo credendolo Achille (XIX); questi, addolorato dalla morte dell'amico, ritorna in campo per vendicarlo, e uccide Ettore (XXII), funerali di Patroclo (XXIII), restituzione del corpo di Ettore e suoi funerali (XXIV).

ILIONA

᾿Ιλιόνη, figlia di Priamo ed Ecuba, andò in sposa a Polimestore, re dei Traci.

Quando a Ecuba e Priamo nacque il piccolo Polidoro, lo affidarono a Iliona, perché lo educasse.

Iliona crebbe Polidoro come se fosse suo figlio e crebbe Deipilo che aveva generato da Polimestore come se fosse suo fratello.

Ma quando gli Achei, dopo avere preso Troia, vollero sradicare la razza di Priamo, buttarono giù dalle mura il piccolo Astianatte, e inviarono ambasciatori da Polimestore promettendogli le nozze con la figlia di Agamennone, Elettra, e una grande quantità di oro se avesse ucciso Polidoro, figlio di Priamo.

Polimestore (infame) accettò le proposte, ma finì senza saperlo per uccidere il proprio figlio Deipilo, credendo di uccidere Polidoro.

Dopo il triste avvenimento, Iliona con l'aiuto di Polidoro accecò e uccise il marito e per concludere la tragedia si suicidò.

ILIZIA

Εἰλείθυια, figlia di Zeus e di Era, quindi sorella di Ebe, di Ares e di Efesto, veniva venerata come dea protettrice del parto, inizialmente a Creta poi a Delo, in Egitto, Etruria ed infine Roma. Fedele serva della madre, era anche strumento dei suoi odi. Le fu permesso di assistere Latona solo nove giorni dopo l'inizio delle doglie; allo stesso modo ritardò il parto di Alcmena, odiata da Era, per favorire la primogenitura di Euristeo.

ILO

Ἶλος, figlio di Troo e di Calliroe, fu il fondatore di Troia.

Ilo in Frigia, partecipò ai giochi organizzati dal re di quel luogo, e vinse la gara di lotta.

Come premio ebbe cinquanta fanciulli e cinquanta fanciulle; e in più il re, seguendo l'oracolo, gli diede una vacca pezzata, dicendogli di fondare una città nel luogo dove la vacca si fosse sdraiata a terra.

Ilo seguì la vacca.

Quando l'animale arrivò alla collina di nome Ate Frigia, si stese a terra.

Qui Ilo costruì la città, che chiamò Ilio (Troia).

Finita la costruzione della città pregò Zeus di manifestare la sua benevolenza.

Il dio gli fece trovare davanti la sua tenda una statua di legno della dea Pallade: il famoso Palladio era alto tre cubiti, aveva le gambe unite; nella mano destra teneva una lancia alzata, nella sinistra una rocca e un fuso; era il talismano della città..

IMENE

Ὑμήν, personaggio mitologico; figlio di Dioniso e di Afrodite, o, secondo altri mitografi, di Apollo e di Calliope.

Era per i Greci il dio delle nozze, raffigurato come un adolescente coronato di rose, ammantato in un velo e recante la fiaccola nuziale. Gli sposi e quanti assistevano al matrimonio gli rivolgevano fervide invocazioni, specialmente nel canto nuziale, detto imeneo (Ὑμὴν ὦ Ὑμέναι᾽ ἄναξ = Imene Imeneo, signore), che s'intonava quando la sposa veniva condotta fuori della casa paterna. Il suo nome significava fiore della verginità delle fanciulle.

Era figurato come un adolescente bellissimo con in mano la fiaccola nuziale.

Era compagno di Eros.

IMERO

Ιμέρος, divinità che rappresentava il desiderio amoroso.

Altro Imero, era figlio di Lacedemone, per colpa d'Afrodite s'unì carnalmente alla sorella. Resosi conto del misfatto, si annegò in un fiume che da lui prese il nome.

IMEROPA

Ίμερόπη, una delle Sirene, il nome significa Colei che con la voce suscita desideri.

INACO

Ἴναχος, figlio di Oceano e di Teti, padre di Egialeo e Foroneo.

Secondo il mito: quando Era e Poseidone si disputarono il possesso della regione, il fiume Inaco assieme ai fiumi Cefiso e a Asterione, giudicò a favore di Era.

Poseidone, infuriato, seccò le loro correnti e da allora, in estate, scorre acqua solo nel territorio presso Lerna.

Secondo un'altra versione del mito, egli fu padre di Io.

Maledisse Zeus perché gli aveva sedotto la figlia.

Inaco, non sfuggì alla vendetta di Zeus che, sentitosi maledire, gli inviò le furiose Erinni.

Lo sventurato nel tentativo di sfuggire a queste si gettò nel fiume Aliacmo, che da allora prese il nome di Inaco.

INO

Ἰνώ, figlia di Cadmo e di Armonia, era sorella di Semele, di Agave e di Autonoe e madre di Atteone.

Fu la seconda sposa di Atamante, che per lei abbandonò Nefele, al quale diede Learco e Melicerte.

Ma Ino voleva disfarsi dei figli di Nefele; per fare ciò convinse le donne a far seccare tutto il grano per la semina: le donne presero il grano di nascosto dai mariti e lo fecero seccare.

Quando poi il grano fu seminato, la terra ovviamente non diede frutti.

Allora Atamante mandò a Delfi i suoi inviati, per chiedere al dio come allontanare la carestia.

La scellerata Ino convinse i messaggeri a riferire un falso responso: la terra sarebbe tornata fertile se i figli di Nefele fossero stati sacrificati a Zeus.

Atamante udito il responso, e forzato dal popolo, portò i figli all'altare del dio.

Nefele fece fuggire i due ragazzi dalla Grecia in groppa all'ariete dal vello d'oro, e Atamante e Ino vennero resi folli da Era.

Atamante uccise Learco, Ino si gettò con Melicerte in mare da una scogliera.

Madre e figlio vennero trasformate in divinità marine che furono chiamate Leucotea e Palemone.

INVIDIA DEGLI DEI

ἄγα θεόθεν, ostilità degli dei nei confronti degli uomini che assurgano ad una felicità troppo elevata; il concetto ha avuto la sua formulazione più antica in Erodoto (V sec. a.C.), ed è uno dei motivi costituenti di molti miti dell'antica Grecia, e come tale ha goduto di ampia rappresentazione nella tragedia classica.

IO

Ἰώ, figlia di Inaco (o di Iaso o di Pireno), primo re di Argo.

La bella Io, principessa di Argo, nonostante fosse sacerdotessa della dea Era, fu impalmata da Zeus che si unì a lei avvolgendola in una fitta caligine. Il fatto non sfuggì alla sospettosa Era che, calata dal cielo, ordinò alle nebbie di ritirarsi; ma Zeus, che aveva previsto l'arrivo della consorte, fece in tempo a mutare la figura di Io in quella di una bella giovenca bianca.(Un'altra versione del mito narra che Zeus aveva ispirato alla fanciulla dei sogni erotici che la invitavano a recarsi sulle rive del lago di Lerna e lì abbandonarsi alle brame del dio. Inaco fece interrogare gli oracoli di Delfi e di Dodona e apprese che per evitare la distruzione della casa e il divino furore, la bella Io doveva sottostare alle voglie di Zeus). Comunque sia Zeus, mentendo, giurò alla sposa di non essersi mai accostato a Io. Da questo mito nasce il “Giuramento di Afrodite”, secondo il quale gli spergiuri nelle questioni di cuore non hanno valore. Era, fingendo di non sapere, lodò l'aspetto dell'animale e costrinse il marito a fargliene dono, quindi la affidò alla custodia dei cento occhi di Argo. Ma Zeus, che non sopportava di vedere Io così umiliata, chiese a Ermes di liberarla e il giovane dio, pur essendo il più abile dei ladri, dovette addormentare Argo al magico suono di un flauto prima di mozzargli il capo. Era fissò i cento occhi di Argo nelle penne del pavone, animale a lei sacro, poi perseguitò la giovenca Io con le intollerabili punture di un tafano e la costrinse a vagare da una regione all'altra del mondo in preda alla frenesia. L'infelice trovò finalmente ristoro e riposo sulla riva del Nilo, dove ritornò alle sue fattezze originarie e generò a Zeus il figlio Epafo. Le genti egiziane venerarono Io col nome di Iside. La storia di Io e del suo tormentato vagabondare è mirabilmente narrata da Eschilo nel (Prometeo incatenato 561 ss.).

IOLAO

Ἰόλαος, figlio di Ificle e di Automedusa, nipote e compagno di Eracle in molte delle sue fatiche, difatti nell'iconografia gli è sempre associato; la tradizione lo vuole conquistatore dell'occidente. Per volere di Eracle che già aveva compiuto le sue fatiche e che gli fu profetizzato che sarebbe stato bene se, prima di passare al mondo degli dei, egli avesse mandato una colonia in Sardegna, facendone capi i figli natigli dalle figlie di Tespio, decise di inviare Iolao con i figli, per il fatto che costoro erano assai giovani.

Iolao, prese con se i Tespiadi (però dei cinquanta ragazzi, due rimasero a Tebe) e molti altri che desideravano partecipare alla spedizione coloniaria, navigò alla volta della Sardegna dove avrebbe fondato Olbia e introdotto la coltura dell'ulivo. Avuto il sopravvento in battaglia sugli abitanti del paese, divise in lotti la parte più bella dell’isola, soprattutto il territorio pianeggiante, che ancor oggi viene chiamato Ioleo.

Dopo l’apoteosi di Eracle, i figli di lui già si erano fatti adulti e abitavano a Trachine, alla corte del re Ceice. Euristeo, nel timore che, lo cacciassero dal trono di Micene, decise di mandare in esilio da tutta la Grecia gli Eraclidi. Quindi intimò al re Ceice di cacciare gli Eraclidi ed i figli di Licimnio, ed ancora Iolao e il corpo degli Arcadi che avevano partecipato alle spedizioni di Eracle, preavvertendolo che, se non avesse fatto ciò, avrebbe dovuto sostenere una guerra.

Iolao era già anziano quando si trovò ad aiutare i figli di Eracle, ormai defunto, e perciò pregò chiedendo aiuto a Zeus, Eracle ed Ebe, la dea della giovinezza sposa di Eracle, e costei gli donò una seconda gioventù, cosicché poté guidare gli Eraclidi contro Euristeo, che sconfisse e catturò od uccise (forse Iolao era già morto, ed ottenne di poter risalire sulla terra per difendere gli Eraclidi e poi tornò negli Inferi).

Di Iolao di sarebbe parecchio altro da raccontare, ma preferisco fermarmi qua e rimandarvi alla lettura delle Eraclidi di Euripide non potendovi rimandare all’omonimo e perduto dramma di Eschilo.

 

IOLCO

Ἰωλκός, posta nel golfo di Pagase ai piedi del mitico monte “Pelio”. Città minoica-micenea, e infine tessala.

Iolco è l'attuale Volo, in Tessaglia, da cui gli Argonauti partirono alla conquista del vello d'oro.

Ercole e Iole
Eracle e Iole

IOLE

Ἰόλη, figlia del re di Ecalia, è involontaria causa della morte di Eracle, infatti, Eracle si innamorò follemente della fanciulla e, in seguito al rifiuto del padre di lei, assalì e distrusse la città di Ecalia e prese Iole con la forza, uccidendone il padre. Eracle innamorato di Iole, stava per lasciare la moglie, Deianira che per riconquistare il marito gli fa indossare la veste intinta nel sangue del centauro ma invece di riavere l'amore dell'eroe ne causa la morte, infatti non appena Eracle indossa la veste, viene preso da indicibili dolori si fa preparare un rogo e vi sale sopra e fa appiccare il fuoco alla catasta. …Non c'è rimedio: avide le fiamme divorano il petto, un sudore livido scorre su tutto il suo corpo, combusti stridono i tendini, e lui, con le midolla sfatte da quella peste occulta, levando le mani al cielo: «Nùtriti della mia sventura, figlia di Saturno!» grida; «nùtriti e, contemplando dall'alto, malvagia, questo strazio, sazia il tuo cuore feroce! Ma se anche a un nemico strappo pietà (e dico a te!), troncami questa vita in preda ai tormenti più atroci, una vita odiosa, nata solo per i travagli. Un dono mi sarà la morte, un dono che s'addice a una matrigna!…

IONE o ION

Ἴων - Ἴωνος, figlio di Creusa, moglie di Xuto, re d'Atene, avuto con Apollo. Quando nacque, Creusa lo espose in una grotta ma il padre Apollo lo fece portare a Delfo, dove i sacerdoti lo allevarono e gli diedero il nome Ione.

Ecco cosa dice Ermes nell'opera euripidea "Ione": "Eccomi qui, al centro dell'universo, a Delfi, dove Febo siede e pontifica, predicendo ai mortali, senza pause, il presente e il futuro. C'è una città, in Grecia, non ignota: trae il nome da Atena, la dea dalla lancia d'oro: là Febo ha piegato ai suoi desideri la figlia di Eretteo, Creusa; l'ha violentata sotto una collina, a Nord, in quel luogo pietroso che i signori dell'Attica chiamano Macre.

Creusa portò il peso del grembo senza che suo padre se ne accorgesse, perché così voleva Apollo".

Crescendo Ione divenne inserviente nel tempio.

Siccome dal matrimonio fra Xuto e Creusa non era nato alcun figlio, Xuto si recò all'oracolo di Delfo il quale gli disse che il primo uomo che avrebbe incontrato uscendo dal tempio, sarebbe stato suo figlio.

Strano caso, incontrò Ione. Xuto, ricordandosi di certe orge bacchiche, giunse alla conclusione che poteva certamente avere generato Ione con qualche Menade, quindi prese il giovane Ione e se lo portò ad Atene.

Creusa, che ovviamente non riconobbe il figlio, si ingelosì al pensiero che Xuto aveva un figlio da un'altra donna, e pensò di uccidere Ione con un calice di vino avvelenato. Ione scoprì l'inganno, e tentò a sua volta di uccidere Creusa.

Allora intervenne Apollo, per mezzo dei suoi sacerdoti, svelando i legami e ingiungendo di lasciar credere a Xuto che l'avesse generato con una Menade.

Ione sposò Elice, figlia di Selino, divenne in seguito re di Atene e capostipite degli Ioni.

Per approfondimento leggi l'opera Ione.

IPACREO

ὕποἄκρον, (=sotto l’acropoli) con questo epiteto, viene localizzata e spiegata la leggenda di Creusa, figlia di Eretteo, lì sedotta da Apollo e resa madre di Ione.

IPATO

Ὕπατος, epiteto di Zeus, il suo rito apparteneva ad antichissimi culti agrari per i quali, non venivano sacrificati esseri viventi.

IPERBOE

Ὑπερβώϊα,(delle alte grida) Queste feste aprivano le battute di caccia autunnali ai giovani iniziati e alle reclute in questa festa iniziatoria veniva richiesto di catturare un capo di selvaggina.

IPERBOREI

Ὑπερβόρεος, popolo devotissimo a Apollo, si riteneva vivesse in uno stato di perfetta felicità in una terra sconosciuta dove il sole non tramontava mai.

Secondo le tradizioni, nel paese degli iperborei sarebbe stato collocato il Giardino delle Esperidi che custodiva i pomi d'oro.

Apollo, di tanto in tanto, vi trascorreva un periodo di riposo lontano dall’Olimpo. Si racconta che Eracle, quando stava inseguendo la famosa cerva, si spinse fino a lì e dal giardino iperboreo degli dèi prese una pianta di olivo che poi piantò ad Olimpia.

Con foglie di olivo s'incoronavano i vincitori dei giochi olimpici, fondati appunto da Eracle.

IPERENORE

Ὑπερήνωρ, uno dei cinque Sparti; un figlio di Apollo e d'Alcione; uno dei troiani che assaltò le navi greche, fu ucciso da Menelao.

IPERIONE

Ὑπερίων, figlio di Urano e di Gea, era uno dei Titani, il suo nome significa “colui che sta in alto”, quindi una personificazione del Sole e come tale fu identificato da Omero e da altri poeti.

Con Thia (o Teia) generò Elios, Selene e Eos.

IPERMESTRA o IPERMNESTRA

Ὑπερμήστρα, una delle 50 Danaidi; fu la sola che disobbedì al padre Danao astenendosi dall'uccidere il proprio marito, Linceo. Il popolo d'Argo la salvò quando Danao volle punirla della disobbedienza.

Ecco cosa la fedele sposa scrive all’amato Linceo:

Ipermestra scrive all'unico rimasto dei suoi fratelli; la schiera degli altri giace morta, per il crimine delle loro spose.

Sono confinata in casa, stretta da pesanti catene; il motivo della mia punizione è che ho avuto pietà.

Sono colpevole, perché la mia mano ebbe orrore di affondarti una spada in gola; sarei elogiata, se avessi avuto il coraggio di compiere il delitto…

E così conclude la sua scrittura: …Ma tu, Linceo, se ti sta un po' a cuore la tua pia sorella e se sei degno della grazia che ti ho concesso, dammi il tuo aiuto o uccidimi; deponi di nascosto sul rogo il mio corpo senza vita e seppellisci le mie ossa bagnate di lacrime devote; sul mio sepolcro sia scolpita questa breve iscrizione: «Ipermestra, un tempo esule, subì ella stessa, come ingiusta ricompensa della sua pietà, la morte che evitò al fratello».

Vorrei scrivere più a lungo; ma la mia mano è affaticata dal peso della catena e la paura stessa mi toglie le forze.

(Ovidio, Eroidi - Ipermestra a Linceo).

IPERTELEATA

Ὑπερτελεάτας, epiteto di Apollo a Cotirta.

IPPO

Ἱππώ, una delle due figlie (l'altra era Molpide, Μόλπις) di Scedaso di Leuttra. Le ragazze arrivate in età da marito, furono empiamente violentate da dei giovani spartani. Le ragazze, ormai non più vergini, incapaci di tollerare la violenza loro arrecata, subito si impiccarono. Il loro padre Scedaso, non avendo ottenuto soddisfazione quando si era recato a Sparta, ritornò a Leuttra e lì si uccise. Da questo turpe fatto si diceva che sugli Spartani gravava l'ira leuttrica (Pausania, l. IX, XIII, 5). Anche una delle Oceanine.

IPPOCAMPI

ἱππόκαμποι, esseri marini metà cavalli nella parte anteriore e metà pesce in quella posteriore. Il carro di Poseidone era trainato e scortato da ippocampi montati dai Tritoni e dalle Nereidi.

IPPOCOONTE

Ἱπποκόων, figlio naturale del re di Sparta Ebalo e della Naiade Batea, alla morte del padre usurpò il trono ai fratelli Tindareo e Icario, ma fa ucciso insieme ai suoi dodici figli da Eracle.

IPPOCRENE

Ἱπποκρήνη, Pegaso dopo avere precipitato Bellerofonte, scese sul monte Elicona in Beozia. Lì, mentre le Muse cantavano in segno di plauso, batté lo zoccolo su una roccia e da questa, che si era aperta, sgorgò una fonte che divenne sacra ad Apollo e alle Muse.

Era credenza che le sue acque infondessero l'estro poetico. Presso questa fonte un giorno Atena e la ninfa Cariclo, madre di Tiresia, facevano il bagno; Tiresia, ancora ragazzo, cacciava sul monte quando, avvicinatosi alla fonte per bere, vide la dea tutta nuda. Atena irata dal fatto, pronunciò una formula magica e Tiresia divenne cieco. Cariclo piangente, lo prese fra le braccia; allora Atena, per amore della sua compagna, infuse a Tiresia il dono della profezia e disse che la sua fama sarebbe stata grande.

IPPOLITA

Ἱππολύτη, era la regina delle Amazzoni, che abitavano presso il fiume Termodonte. Secondo alcuni mitografi, era figlia di Ares, chiamata anche Antíope. La nona fatica di Eracle fu quella di prenderle la prodigiosa cintura donatale dal padre, e, dopo averla sconfitta con le sue seguaci e fatta prigioniera, la diede per moglie a Teseo. Secondo un’altra versione del mito, quando Eracle approdò nel porto di Temiscira, Ippolita si recò a fargli visita e, informatasi sullo scopo della sua missione, gli promise la cintura. Ma intanto Era (che odiava Eracle), travestita da Amazzone, girava fra il popolo, dicendo che erano arrivati degli stranieri con l'intenzione di rapire la regina. Allora le Amazzoni si armarono e corsero a cavallo verso la nave. Eracle, quando le vide arrivare in assetto di battaglia, temette un tradimento, quindi uccise Ippolita, le strappò la cintura e dopo aver sbaragliato le altre, salpò.

IPPOLITO

Ἱππόλῠτος, figlio di Teseo e di Antiope.

La matrigna Fedra si innamorò di lui e cercò di attirarlo a lei. Ma Ippolito odiava tutte le donne, e rifiutò qualsiasi approccio. Fedra, per timore che Ippolito riferisse la cosa al padre, spalancò le porte della sua camera da letto, si strappò le vesti e finse di essere stata violentata da Ippolito. Teseo le credette, e pregò Poseidone di punire il figlio che il vincolo paterno gli impediva di fare. Così, un giorno mentre Ippolito correva col suo carro lungo la riva del mare per andare in esilio, Poseidone fece spuntare dal mare un mostro. I cavalli si imbizzarrirono, il carro si rovesciò e il povero Ippolito, impigliato nelle redini, fu trascinato finché morì. Lo sventurato giovane fu risuscitato da Asclepio (suscitando così l'ira di Zeus che non sopportava che altri arrogassero i suoi poteri) per intercessione di Artemide. Quando l'insano amore di Fedra fu conosciuto la donna si impiccò. A conclusione di questa triste storia ecco cosa la matrigna scrive all’amato/odiato Ippolito:

Crudele, piega il tuo animo! Mia madre è stata in grado di sedurre un toro; proprio tu sarai più feroce di un terribile toro? Ti prego per Venere, che tutta mi pervade, risparmiami; che mai tu debba amare una donna che ti respinga; che l'agile dea ti sia accanto nei recessi selvosi ed il bosco profondo ti offra animali da uccidere; che ti siano propizi i Satiri, i Pani, divinità. montane ed il cinghiale cada trafitto dalla lancia che gli hai rivolto contro; che le ninfe, sebbene si dica che tu odi le fanciulle, ti offrano acqua che dia ristoro alla tua sete ardente! A queste preghiere aggiungo anche le lacrime; tu che leggi le mie parole di supplica immagina di vedere anche le mie lacrime! Ovidio, Eroidi - Fedra a Ippolito.

Altro Ippolito era uno dei Giganti ucciso da Ermes nella Gigantomachia.

IPPOTOONTE o IPPOTOO

Ἱπποθόων ἤ Ἱππόθοος, Poseidone fece sua Alope, la bellissima figlia di Cercione. Da questa unione ella generò un bambino che, all'insaputa del padre, la ragazza affidò alla nutrice perché lo esponesse. Dopo che fu abbandonato, venne una giumenta e lo nutrì col suo latte; un pastore, inseguendo la giumenta, vide il bambino, lo raccolse e lo portò nella sua capanna. Il bambino era avvolto con una veste regale; un altro pastore lo pregò di affidargli il bambino, e quello glielo donò ma senza la veste. Poiché tra i due era nata una disputa, dato che il pastore che aveva ricevuto il bambino voleva prendere la prova della sua nascita libera mentre l'altro tro rifiutava di darla, essi si presentarono dal re Cercione e iniziarono a esporre le proprie ragioni. Quello che aveva ricevuto il bambino chiese che venissero portati i suoi oggetti, e allora Cercione riconobbe che la veste apparteneva a sua figlia. La nutrice di Alope, temendo di essere condannata dal re, rivelò che quel bambino era davvero figlio di Alope; allora il re ordinò che Alope fosse murata viva e il bambino esposto. Ma per una seconda volta la giumenta venne a nutrirlo; e per una seconda volta i pastori trovarono il bambino e lo raccolsero, comprendendo che egli si salvava per volere degli dèi. Essi lo allevarono e gli posero nome Ippotoo. Quando poi Teseo, lungo il viaggio da Trezene ad Atene, uccise Cercione, Ippotoo si recò da Teseo e chiese di riavere il regno paterno. Teseo glielo concesse volentieri, sapendo che egli era figlio di Nettuno da cui lui pure aveva origine. Quanto alla morta Alope, Poseidone la trasformò nella sorgente che da lei prende il nome.

IPSIPILE

Ὑψιπύλη, figlia di Toante re di Lemno. Ipsipile fu regina di Lemno all'epoca in cui le donne dell'isola decisero di assassinare gli uomini. E adesso leggiamo il perché. Le donne di Lemno già da anni non onoravano Afrodite; allora la dea per vendicarsi aveva fatto venire alle donne un fetore cattivo tanto che i loro mariti si erano presi come compagne delle schiave. Per questa offesa, le donne di Lemno avevano ucciso tutti gli uomini (padri, figli e fratelli). Sola tra tutte, Ipsipile salvò il padre Toante facendolo partire dall'isola. Quando gli Argonauti, in viaggio verso la Colchide alla conquista del Vello d'oro, sbarcarono sull'isola rimasta in potere delle donne, gli eroi fecero l'amore con loro. Ipsipile si unì con Giasone e gli diede due figli, Euneo e Nebrofono. Abbandonata da Giasone per Medea, la povera Ipsipile gli scrive una lunga lettera, della quale riporto la fine:

Se, dall'alto, Giove stesso, dio di giustizia, accoglie in qualche modo le mie preghiere, anche l'usurpatrice del mio letto provi a sua volta le sofferenze per cui Ipsipile piange e sia colpita dalle sue stesse leggi. E come io, sposa e madre di due figli, sono abbandonata, anche lei, avuti i figli, sia privata del marito; e ciò che avrà partorito malamente non possa conservarlo a lungo, e ancor peggio lo perda; sia esule e cerchi rifugio per tutto il mondo! E quanto, come sorella, fu crudele con il fratello e, come figlia, con il povero padre, altrettanto lo sia con i figli e altrettanto con il marito. E dopo aver esaurito terra e mare, cerchi la via del cielo; vada errando povera e disperata, macchiata del sangue della sua strage. Queste le punizioni che io, figlia di Toante, defraudata delle mie nozze, invoco. Vivete, moglie e marito, in un talamo maledetto! Ovidio, Eroidi - Ipsipile a Giasone.

Un'altra versione del mito (Apollodoro, III, 6, 4) narra che Toante venne nascosto a Lemno finché, scoperto, venne ucciso dalle donne che poi vendettero Ipsipile come schiava.

IRENE

Εἰρήνη, la più giovane delle Ore, figlie di Zeus e di Temi; fu per i Greci e per i Romani dea e personificazione della Pace.

Approfondimento inviato da Irene Jl@nospam

Irene: nata dall'unione di Zeus e Temi, sorella di Dike ed Eunomia, l'una personificazione della giustizia, l'altra della disciplina.

Irene (il cui nome all'origine era Eirénè) era la più giovane delle tre sorelle ed era riconosciuta dai greci come la Dea della Pace.

A lei in Atene, durante le feste Sinecie il 16 Luglio, veniva offerto un sacrificio senza sangue; tale rito era risalente alla pace con Sparta del 374. Delle tre sorelle solo Irene ebbe anche in Roma il proprio culto, ma avvicinando di più le proprie caratteristiche a quella che era l'indole romana.

Secondo un'allegoria tardiva pare che proprio Irene divenne sposa di Zefiro (il vento dell'ovest) e da lui ebbe un figlio: Carpo (frutto).

Questa divinità e le due sorelle venivano chiamate Ore; oltre ad essere riconosciute come divinità protettrici della pace, della giustizia e della disciplina, erano anche legate alla natura, all'ordine, alle piogge e alle stagioni le quali infatti per gli antichi erano 3: primavera, estate ed inverno. A volte vennero avvicinate all'identità delle Tre Grazie (Cariti).

Dal loro nome (Ore) deriva il termine che suddivide il tempo, infatti proprio loro venivano rappresentate danzanti intorno al carro del sole (guidato da Apollo); ma non solo questa era la loro rappresentazione, infatti elle venivano anche raffigurate alla guida del carro di Era, o (con la testa cinta di fiori) mentre porgevano lo specchio alla dea dell'amore Afrodite, o al cospetto di Atena, figuravano anche nel corteo di Dioniso.

Non solo, pare che queste Tre divine Sorelle vegliassero sulle porte della Divina Dimora sul monte Olimpo, addirittura sembra abbiano allevato Era e che fossero compagne di giochi di Persefone.

Anche Pan amava molto la loro compagnia. Il numero delle Ore (nonostante si conosca solo l'esistenza di queste tre) fu elevato a quattro, successivamente e dieci e dai romani a dodici e poi ventiquattro, proprio come le ore che scandiscono il tempo (ma quelle notturne erano invisibili).

Classica rappresentazione delle Ore erano tre ragazze in atteggiamento aggraziato, molto eleganti, che tenevano in mano un fiore o una pianta.

Mentre Irene nel culto Romano era raffigurata con una cornucopia in una mano ed un ramoscello di ulivo nell'altra, a volte con un bambino ed era invocata per la pace.

IRIDE

Ἶρῐς, figlia di Taumante e Elettra, sorella delle Arpie. Personificazione dell'arcobaleno e messaggera degli dèi e in particolar modo di Zeus e di Era. Veloce come un fulmine si spostava sia sulla terra che nell’Ade o nei fondali marini. Al contrario delle mostruose sorelle, Iride era bellissima, aveva le ali, vestiva chitoni multicolori che lasciavano una scia luminosa nel cielo: l’arcobaleno

Fu inviata da Era a sobillare la rivolta delle donne troiane che, in Sicilia, incendiarono la flotta di Enea. Per i romani rappresenta la Fama.

ISSIONE

Ἰξίων, re dei Lapiti, Issione era figlio di Flegias il sacrilego inceneritore di templi, ma a quanto pare neanche lui scherzava in quanto a sacrilegi. Issione cominciò coll'uccidere il suocero Deioneo facendolo cadere in un pozzo pieno di carboni ardenti al solo fine di non pagargli i doni nuziali. L'uccisione di un parente era un fatto molto grave al cospetto degli dèi e per questo nessuno volle purificarlo. Zeus impietosito volle purificarlo e lo portò con sé sull'Olimpo. Il blasfemo Issione, invece di mostrare gratitudine, insidiò la divina sposa di Zeus. Allora, per metterlo alla prova, Zeus modellò Nefele (una nuvola che rassomigliava alla dea). Issione violentò la nube fantasma, commettendo un nuovo e più grave sacrilegio, quello di ingratitudine nei confronti del sommo Zeus, che lo punì in modo esemplare. Ermes lo incatenò con lacci di bronzo e serpenti a una ruota alata e infuocata, che rotolava incessantemente nel cielo. Da allora vaga senza fine nel cielo proclamando a tutti che bisogna ricambiare i benefici degli dèi. Dall'unione di Issione con la nube nacquero i Centauri, naturali nemici dei Lapiti.

(Igino, Favole 62; Euripide, Fenicie 1185; Omero, Odissea XXI, 303)

ISTMIO

Ἴσθμιος, epiteto di Poseidone, sta a colui che presiede agl'istmi. Con tale termine era onorato particolarmente a Sicione.

ITACA

Ἰθάκη, piccola isola greca del mare Ionio, al largo della costa epirota. Ne era signore Ulisse che vi tornò dopo un viaggio di dieci anno seguito alla distruzione di Troia.

ITIFALLICO

1) ἰθυφαλλικός, feste e processioni falloforiche tenute in onore di Dioniso.

2) antico metro della poesia greca e latina utilizzato per le composizioni che accompagnavano i riti dionisiaci. È una tripodia trocaica, usata anche in composizioni con altri versi.