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Il mito olimpico

Dal Caos, anche nel mito olimpico, emerse la Madre Terra che a sua volta generò nel sonno il figlio Urano, ossia il Cielo. Un giorno Urano, mentre stava seduto in cima a una montagna, si sorprese a guardare Madre Terra con occhio amorevole, anche se di amore non proprio filiale. Dopo di che, commosso dalla bellezza del panorama, pianse piogge feconde, dando così origine ai fiumi, ai mari, ai fiori, agli alberi, alle fiere, ai pesci e agli uccelli.

Mito Olimpico
Grafico mito Olimpico

"Urano (il Cielo) fu il primo di tutti a presiedere l'imperio dell'Universo. Egli, congiuntosi con Gea (la Terra), n'ebbe per primi i Centimani, e cioè Briareo, Gige e Cotto, i quali avevano ciascuno cento mani e cinquanta teste. Dopo costoro la Terra partorì a Urano i Ciclopi, e furono Arge, Sterope e Bronte, ciascuno con un solo occhio in mezzo alla fronte. Urano, però, li rinchiuse subito incatenati nel Tartaro, luogo tenebroso dell'Ade, il quale è tanto lontano dal suolo dove abitiamo di quanto questo suolo è lontano dalla regione delle stelle. Dalla Madre Terra nacquero anche i Títani, e cioè Oceano, Ceo, Iperione, Crio, Giapeto e, ultimo di tutti, Crono. Infine ebbe le Titanidi, sei figlie chiamate Tia, Rea, Temi, Mnemosine, Febe e Teti." (Apollodoro, Biblioteca I, 1, 1-3)

Il mito orfico

Questo mito differisce di poco da quello pelasgico: al posto di Eurinome propone la Notte dalle Ali Nere, e al posto di Ofione, Borea un Vento, altrettanto violento. Infine, come creatore dell'Universo, immagina l'impulso amoroso impersonato dal Dio Eros, un ermafrodito appena uscito dall'Uovo d'Argento. Eros, detto anche Fanete, aveva ali d'oro e quattro teste, la prima di leone, la seconda di toro, la terza di serpente e la quarta d'ariete, motivo per cui era in grado, di volta in volta, di ruggire, muggire, sibilare e belare. Nel mito orfico quello che non si capisce bene è se la Notte dalle Ali Nere se la intendesse solo col Vento o anche con Eros, il Dio dalle ali d'oro emerso dall'Uovo d'Argento. È certo invece che i due, Eros e la Notte, convissero in un'immensa grotta, felici e contenti, finché non vennero fatti fuori da Urano. Sia nel mito pelasgico, dunque, che in quello orfico, a comandare, in un primo momento, furono le donne. Ancora oggi ci si chiede, con meraviglia, se davvero ci sia stato un periodo della storia in cui imperasse il matriarcato. Secondo molti studiosi, pare proprio di sì. Non solo in Grecia, ma in tutta l'Europa neolitica le varie religioni erano spesso incentrate sul culto della Madre Terra. Il re, inteso come principe consorte, una volta assolto il compito di inseminatore regale, poteva anche essere eliminato nel corso di un regolare sacrificio religioso, dal momento che la successione dinastica era rigorosamente matrilineare, si trasmetteva cioè dalla regina madre alla figlia primogenita. Lo scettro del comando passerà all'uomo solo con Urano, il primo Dio del mito olimpico.

Il mito pelasgico

Borea eleva Orizia.
Borea eleva Orizia.

Eurinome, la ballerina, emerse nuda dal Caos. Aveva tantissima voglia di ballare ma nessuna superficie sulla quale poggiare i piedi, e per questa ragione divise il Cielo dal Mare e cominciò a volteggiare sulla cresta delle onde. Ballando ballando finì col generare una specie di tromba d'aria; nacque così Borea, il Vento del Nord. In un primo momento Eurinome guardò con sospetto questo ciclone intorno al suo corpo; poi, fattasi coraggio, lo afferrò con entrambe le mani e, dopo averlo strizzato ben bene, lo tramutò in un serpente a cui dette nome Ofione. Non l'avesse mai fatto! Ofione, una volta presa consistenza, ne approfittò per avvinghiarla e possederla seduta stante. Con ogni probabilità quest'antica credenza, secondo la quale il vento (o altro elemento naturale) potrebbe congiungersi con le donne e fecondarle, nacque per coprire qualche fanciulla nei guai e, a volte, veniva usata anche per giustificare gli accoppiamenti più svariati. Omero, infatti, nel XX libro dell'Iliade, parla di Borea come di un vento in grado di fecondare le cavalle senza il loro consenso. "Tremila cavalle pascevano presso la palude, tutte femmine fiere dei loro vivaci puledri. D'esse s'innamorò Borea e giacque con loro, sembrando un cavallo dalla criniera azzurra; esse rimasero pregne e partorirono dodici puledre che quando saltavano per la pianura ricca di biade correvano sulla cima delle spighe senza romperle, e che quando saltavano sul dorso del vasto mare correvano sulla cima delle onde spumeggianti." (Omero, Iliade XX, 221-229)

Consenziente o meno che fosse, Eurinome la ballerina partorì l'Uovo Universale, per poi depositarlo in grembo al Caos. Ofione il serpente, da coscienzioso genitore, si arrotolò intorno all'uovo sette volte e restò immobile finché non ne vide uscire tutte le meraviglie del creato: il Sole, la Luna, le stelle, i pianeti, la Terra, le montagne, i fiumi, gli alberi, i fiori e via dicendo. In seguito la ballerina e il serpente andarono ad abitare sul monte Olimpo, e con ogni probabilità sarebbero stati felici per sempre se una sera non avessero litigato per una questione di principio: chi dei due era il creatore dell'Universo? Lui o lei? Ofione insisteva a considerare se stesso l'Unico Artefice del Creato, ed Eurinome lo punì con feroce determinazione, colpendolo alla bocca con un calcio ben assestato. Al povero serpente caddero tutti i denti, i quali, venendo a contatto col suolo, si mutarono in altrettanti esseri umani. Il primo di questa nidiata ebbe nome Pelasgo.