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Colei che ha in sé il principio della crescita.

Napoli: una stratificazione storico monumentale rintracciabile anche nella simbologia del dualismo sacro-profano dei culti misterici partenopei.

di Giovanni Di Trapani

Colei che ha in sé il principio della crescita” così la definiva Renato Del Ponte fondatore della rivista di ispirazione evoliana Arthos - Quaderno di cultura e di testimonianza tradizionale – in uno dei suoi volumi più famosi: Dei e miti italici. Figlia di Crono e Rea, come raccontato nell’epopea della Teogonia di Esiodo, e prodotto del tempo che scorre. Secondogenita di Rea, che congiunta a Crono, “die' a luce bellissimi figli”, ma dal destino infausto: inghiottita dal suo stesso padre. Una Dea, quindi, legata ad un tempo assai lontano e non solo perché generata da Crono: quel Tempo che divora tutte le cose…

Atena Armata
Ouroboros

Demetra! Per lo più raffigurata come una bellissima donna dai capelli d’oro e vestita di blu, un’immagine ai più molto cara, che non è difficile ritrovare, infatti, anche nell’iconografia cristiana, e venerata da sempre come una dea Madre! Dea delle messi - i romani la conoscevano invece come Cerere - il cui mito divenne il fondamento dei misteri Eleusini, di certo il più famoso dei riti religiosi segreti dell'antica Grecia: la speranza della vita oltre la morte.

Vita e morte, inizio e fine, un percorso senza fine, un Ouroboros, un serpente che nell'atto di mordersi la coda, forma un cerchio, perifrasi della teoria dell'eterno ritorno. L’Essere o non Essere di shakespeariana memoria. Un concetto atavico espressione della benevola provocazione della vita a fare i conti con la morte. E perché no, un vero e proprio sguardo all'Aldilà. Una rappresentazione dei tempi della vita. Un’iconografia, quest’ultima, riproposta metodicamente nell’atto di costruire e presentare il miracolo della rinascita dell’arte presepiale napoletana.

Atena Armata
presepe e bassorilievo
di una canefora

Accostare Demetra al presepe può risultare strano ma, forse, non così assurdo. Certo, in una città come Napoli, dove tutto ed il contrario di tutto trovano ragione d’essere, in cui i “mille culure” si rifrangono nel prisma canoro del poeta Daniele, quel tutto diventa realmente possibile. Una città dove il culto della morte assume un un valore metaforico altissimo che passa dalla pietà delle “anime pezzentelle”, alla narrazione gioiosa dei femminielli della Tombola (47: il morto che parla), per giungere ad un equilibrio simbolico di ciò che siamo e di quello che diverremo, espressione d’ a’Livella del Principe de Curtis. Ed allora, proprio in questa città è, difatti, possibile rinvenire nella strada dei pastori (Via San Gregorio Armeno ndR) proprio un bassorilievo di una canefora. Eh già! una scultura in rilievo di una vergine dell'antica Atene, di una fanciulla che nelle processioni e nei riti sacri della Grecia classica recava sul capo proprio un canestro contenente oggetti rituali. Nascosto, allora, tra le bancarelle delle botteghe dei presepi, all’altezza del piano di calpestio di una strada affollatissima soprattutto nel periodo natalizio, in pochi sanno dell’esistenza di una raffigurazione di una sacerdotessa di Demetra. Testimonianza inequivocabile della radicatissima stratificazione artistica e culturale della città.

Terenzia Paramone, Kominia Plutogenia, Sabina e Tettia Casta sono solo i nomi più noti di queste sacerdotesse partenopee di Demetra che celebravano a Napoli le "Cerealia": vere e proprie cerimonie pubbliche celebrate nell’edificio sacro certamente ubicato nella vicinissima piazza San Gaetano che una volta era, guarda caso, un tempio dedicato proprio alla Dea Cerere. Molto probabilmente, proprio dove oggi si rinnova il culto del presepe per celebrare il rito del Natale, non è difficile immaginare la presenza del Telestérion, una costruzione piuttosto singolare dove personaggi mascherati beffeggiavano con burle gli iniziati che durante un’antica cerimonia - come racconta Cicerone - arrivavano a conoscere i principi della vita e della morte. Una ritualità antichissima dove lo Ierofante, nell’atto di mostrare il Sacro ai pochissimi epòptai (spettatori), iniziava i mystai ai Misteri di Demetra. Un’esperienza che Pindaro così descriveva: "Beato colui che, dopo aver visto simile cosa, arriva sotto terra: egli sa della fine della vita e del suo inizio dato da Zeus"…

Stratificazione artistica e culturale dicevamo, ed allora, è opportuno far notare che proprio nella vicina piazza in epoca greca sorgeva l’agorà e dove poi - in età romana – insisteva il foro. Ma la domanda è: perché, allora, dedicare la piazza a San Gaetano? Una risposta plausibile è possibile ritrovarla nell’approfondimento della storia proprio del Santo.

Atena Armata
San Gaetano

Gaetano Thiene, di origini nobiliari e vicentino si recò a Napoli per curare la formazione dei sacerdoti impegnati nell’ospedale degl'Incurabili e qui si spense nel 1547, non prima, però, di aver contribuito a dare un decisivo impulso alla cultura del presepe popolare grazie all’ammissione di personaggi nuovi ed all'abbandono del simbolismo medioevale.

È, quindi, innegabile che nel tracciato urbanistico della città partenopea è possibile ritrovare traccia dello stratificarsi di quei valori umani e storici che nel tempo si sono andati lentamente a sovrapporre. La struttura ippodamea a scacchiera che riprendono le tre grandi strade antiche è solo una delle numerose testimonianze indelebile di queste sovrapposizioni culturali. Napoli ha una storia articolata e dalle radici culturali potentissime che la rendono la città dei contrasti e delle mille sfaccettature in grado di combinare passato e futuro che ci spinge a definirla unica. La città, però, nasconde molto altro e solo un occhio attento - “svelato” della miopia che i tempi moderni ci consegna inesorabilmente - è in grado di cogliere.