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UN CARRO CERIMONIALE DAGLI SCAVI DI CIVITA GIULIANA A POMPEI

Veduta dall'alto di Pompei e del suo territorio limitrofo. Poco più a nord della sua cinta difensiva, indicata sulla mappa con un cerchio giallo, è situata la villa di Civita Giuliana (fonte Parco Archeologico di Pompei)
Veduta dall'alto di Pompei e
del suo territorio limitrofo.

Il Parco Archeologico di Pompei si è mostrato particolarmente attivo, durante gli ultimi anni, nel contrasto agli scavi clandestini nel territorio vesuviano. Per tale motivo, alla luce della scoperta di cunicoli realizzati da tombaroli nella località Civita Giuliana, posta circa 700 m a nord-ovest della cinta difensiva dell’antica città, dal 2017 sono state avviate indagini volte tanto a conoscere quanto a tutelare una delle numerose ville che popolavano il suo suburbio. Nel sito in oggetto, già nel 2018, erano venuti alla luce i resti di 3 cavalli, uno dei quali, bardato, è stato riprodotto nelle sue fattezze grazie alla tecnica dei calchi. A queste testimonianze si è aggiunto agli inizi del 2021 un ulteriore sorprendente rinvenimento, rappresentato da un carro a 4 ruote, in legno e ferro e caratterizzato da decorazioni figurate.

Alcuni dati sul contesto di rinvenimento

La zona di rinvenimento corrisponde, per la precisione, ad un’area porticata della villa, impostata originariamente su due livelli, prospiciente su un cortile ed adiacente alla stalla in cui erano stati trovati nel 2018 i 3 suddetti cavalli. L’eruzione del 79 d.C. aveva sì fatto crollare uno dei solai ma al tempo stesso ne aveva determinato la carbonizzazione. Le analisi archeobotaniche condotte sul reperto in questione hanno rivelato una composizione in legno di quercia decidua, un materiale ampiamente usato in ambito edile durante l’età imperiale. Nel novembre 2020, gli scavi nel sito hanno portato alla luce i corpi di due individui, forse il proprietario della villa ed un suo schiavo, i quali sono stati riprodotti mediante calchi. Le indagini di inizio 2021 hanno, invece, permesso di recuperare la porta, in legno di faggio, che collegava il portico in cui è stato scoperto il carro cerimoniale con la vicina stalla in cui furono ritrovati nel 2018 i cavalli.

La notizia riguardante lo straordinario rinvenimento è stata divulgata alla stampa alla fine dello scorso mese di febbraio. In realtà, il processo di disseppellimento del carro di Civita Giuliana è cominciato a partire dai primi giorni del mese di gennaio 2021. Sepolto dal materiale eruttivo del 79 d.C., il veicolo è stato rimesso in luce grazie alla sinergia tra archeologi e restauratori. Questi ultimi, per consentire la restituzione di alcuni dettagli, come funi e corde, di cui era rimasta solo l’impronta nella stratificazione vulcanica, hanno effettuato colate di gesso liquido, lasciato poi indurire, secondo la tipica metodologia dei calchi. Distaccato dal sito di rinvenimento, il carro, ancora in parte racchiuso in un involucro di terra e ceneri, è stato portato in uno dei laboratori di restauro del Parco Archeologico di Pompei per poter essere del tutto liberato e dunque meglio studiato.

L’eccezionalità del reperto

Un membro dell'equipe operante nel sito di Civita Giuliana, alle prese con il delicato disseppellimento del pilentum (fonte Parco Archeologico di Pompei)
Un membro dell'equipe
operante nel sito di Civita Giuliana.

A giudicare dalle prime impressioni e dichiarazioni dell’ex Direttore del sito Unesco, Massimo Osanna, che ha seguito in prima persona gli scavi di Civita Giuliana, si tratterebbe di un unicum, almeno per quanto concerne l’Italia. Va sottolineato che l’archeologia vesuviana aveva già restituito esempi di carri; tra i più noti, quello a 2 ruote (cisium) dalla Casa del Menandro e i due emersi dagli scavi di Villa Arianna di Stabiae. La considerazione che accomuna, tuttavia, tali precedenti ritrovamenti è la loro connotazione agricola, legata perlopiù al trasporto di vino o derrate alimentari lungo itinerari di breve percorrenza.

Per quanto riguarda, invece, il veicolo scoperto a Civita Giuliana, ci si troverebbe di fronte ad un pilentum, un carro leggero impiegato nel mondo romano per cerimonie di natura religiosa, simile al carpentum, il quale però era solitamente a 2 ruote. Secondo l’ipotesi di Massimo Osanna, il mezzo di trasporto in questione potrebbe, al momento, trovare confronto soltanto con un altro esemplare scoperto in una tomba della Grecia settentrionale circa 15 anni fa. Tra i due reperti, tuttavia, vi sarebbero differenze, sia a livello di contesto (nel caso greco si tratta di una tomba, in quello di Civita Giuliana di una villa) che di funzione (nel caso greco, il trasporto del corpo del defunto verso il luogo di sepoltura; in quello pompeiano, presumibilmente, gli spostamenti del proprietario o della proprietaria per motivi di culto oppure privati). L’obiettivo, comunque, è di effettuare, quanto prima, studi più approfonditi al fine di ricostruire possibili interrelazioni.

Le decorazioni del pilentum

Il pilentum di Civita Giuliana visto da due differenti angolature (fonte Luigi Spina)
Il pilentum di Civita Giuliana
(fonte Luigi Spina).

A dare credito all’identificazione del veicolo di Civita Giuliana come carro da parata, contribuisce senz’altro la serie di ornamenti rinvenuta lungo i bordi del suo cassone di legno, di dimensioni 0,90 x1,40 m., tali da consentire forse la compresenza di due persone sedute. Oltre a pannelli di legno dipinti in nero e rosso ed a lamine intagliate di bronzo, sono emerse anche interessanti decorazioni a rilievo. I personaggi effigiati sembrano appartenere al tipico repertorio religioso e mitologico romano, ampiamente documentato in domus ed edifici pubblici pompeiani. Si va dagli Amorini, presenti sulle borchie, ai Satiri che si uniscono a figure femminili identificabili come Ninfe o Menadi, all’interno di medaglioni in bronzo e stagno.

Il carro di una sacerdotessa?

Il pilentum di Civita Giuliana visto da due differenti angolature (fonte Luigi Spina)
Il pilentum di Civita Giuliana
(fonte Luigi Spina).

La tesi di identificare il proprietario del carro di Civita Giuliana con una donna, legata tra l’altro alla sfera religiosa pubblica, si fonda sui brani di alcuni autori antichi. Il più importante è senza dubbio quello dello storico Tito Livio, che nella sua opera (Libri ab Urbe condita) riferisce di una curiosa vicenda sorta a Roma all’indomani della conquista di Veio del 396 a.C. Dovendo la città donare al santuario di Delfi la decima parte del bottino di guerra in virtù di un voto fatto dal comandante e dittatore Furio Camillo, alcune matrone decisero di raccogliere i loro gioielli e di fonderli per realizzare un cratere d’oro in onore di Apollo. In seguito a questo nobile gesto, il Senato attribuì a loro e a tutte le donne aristocratiche dell’Urbe il privilegio di usare il pilentum per partecipare sia ai giochi che alle funzioni religiose.

Nel caso di Civita Giuliana, la rappresentazione di scene erotiche potrebbe indirizzare all’ambito di Dioniso, la cui devozione doveva essere ancora viva nonostante i cosiddetti Misteri (riti di iniziazione), molto probabilmente, non fossero più praticati nell’omonima villa suburbana nel corso degli ultimi anni precedenti l’eruzione del 79 d.C. Sempre tenendo conto di questi temi rappresentati, si potrebbe ipotizzare un’associazione al culto della dea Venere, protettrice della colonia dedotta a Pompei nell’80 a.C. ed il cui santuario si trovava all’ingresso della città, entrando da Porta Marina. Tuttavia, la presunta identificazione, all’interno del carro e mediante la tecnica dei calchi, di spighe di grano potrebbe spostare il discorso in direzione del culto di Cerere, dea dell’agricoltura. Entrambe le divinità femminili citate possono essere comunque tenute in considerazione in virtù del loro legame con la sfera matrimoniale. Pertanto, in alternativa alla tesi del possesso da parte di una sacerdotessa, si potrebbe pensare al pilentum di Civita Giuliana come ad un dono ricevuto da una matrona per le sue nozze.

Possibili considerazioni tecniche

Uno dei medaglioni del carro con decorazioni a rilievo (fonte Luigi Spina)
Uno dei medaglioni del carro
con decorazioni a rilievo
(fonte Luigi Spina)

Da un punto di vista tecnico, in attesa di ottenere maggiori informazioni dallo studio in laboratorio, il pilentum di Civita Giuliana potrebbe essere considerato come evoluzione di un prototipo di veicoli da cerimonia già documentato tra VII e VI secolo a.C. in contesti aristocratico-principeschi: dalle sepolture di Vix, in Francia, e della Ca Morta, in Lombardia, entrambe culturalmente afferenti ad ambito celtico, alla Tomba Zuffa-Peroni Regolini-Galassi di Cerveteri.

Tale modello avrebbe continuato a trovare impiego anche oltre l’orizzonte del 79 d.C., che chiude la vita della città vesuviana. Un celebre reperto, come la cosiddetta Tensa Capitolina, databile nella prima metà del IV secolo d.C., decorato con scene tratte dal ciclo troiano, potrebbe essere visto come una delle sue ultime ma al tempo stesso più sfarzose attestazioni.

Bibliografia

  • P. Miniero, Studio di un carro romano dalla Villa c.d. di Arianna a Stabiae, in MEFRA, 1987, 99-1, pp. 171-209
  • F. Pesando, M.P. Guidobaldi, Pompei, Oplontis, Ercolano, Stabiae. Guide Archeologiche Laterza. Roma-Bari 2006
  • M. Zuffa, R. Peroni, Carro, voce dell’Enciclopedia Treccani, 1959, versione online

Angelo Zito