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Cicerone

Cicerone

Marco Tullio Cicerone

Il più grande degli oratori romani (Arpino 106-Formia 43 a.C.), teorico dell’arte oratoria, maestro di eloquenza, uomo politico e scrittore di filosofia. Educato a Roma, combatté nella guerra marsica l’anno 90.

Esordì nel Foro venticinquenne e l’anno dopo si impose nella difficile difesa di Roscio Amerino. Viaggiò in Oriente per perfezionare i suoi studi, fermandosi ad Atene e a Rodi.

Tornato a Roma e sposata Terenzia, nel 75 ottenne la questura di Lilibeo. Nel 70 i Siciliani gli affidarono il loro patrocinio contro Verre. Fu eletto edile nel 69, pretore nel 66 e console nel 65, nel 63 attaccò Catilina denunciandone una presunta congiura con le 4 orazioni Catilinarie.

Nel 58, essendo tribuno della plebe Pulcro Publio Clodio, autore d’una legge che stabiliva la pena dell’esilio per chi avesse fatto condannare a morte un cittadino senza giudizio popolare (com’era avvenuto nel processo contro Catilina), Cicerone abbandonò Roma per 18 mesi: fu prima a Tessalonica e poi a Durazzo. Ritornato in patria, ebbe dimostrazioni favorevoli e poté rivendicare i propri diritti. Rivolse quindi la propria attività oratoria verso i triumviri per guadagnarsene la stima e vendicarsi di Clodio.

Quando questi fu ucciso da Milone, pronunciò la difesa dell’assassino con l’orazione pro Milone che, messa in iscritto più tardi, è tra le sue migliori. Nel 51 fu proconsole in Cilicia, poi di nuovo a Roma l’anno seguente. Seguì Pompeo durante la guerra civile. Dopo la battaglia di Farsalo, morto Pompeo, si fermò a Brindisi, attendendovi il vincitore Cesare per affidarglisi.

Cesare, tornato dall’Egitto nel 47, gli concesse di stabilirsi a Roma. Fino al 44 visse ritirato, anche afflitto da disgrazie familiari (secondo matrimonio con Publilia, morte della figlia Tullia), dedicandosi agli studi di filosofia.

Di questo tempo è il perduto Ortensio, l’opera tanto esaltata da S. Agostino.

Dopo l’uccisione di Cesare (44), per il quale non aveva mai parteggiato, si trovò, a causa dell’inettitudine dei congiurati, in balìa di Antonio che aveva assunto il Governo. Contro di questi pronunciò ben 14 orazioni (le Filippiche). Caduta ogni speranza di salvezza dopo il secondo triumvirato dei capi cesariani, Cicerone fuggì a Formia con l’intenzione di riparare in Grecia; ma raggiunto dai soldati di Antonio, fu ucciso.

Cicerone scrisse con stile esemplare, la sua prosa è stata costantemente ritenuta modello insuperabile dell’arte del dire. Come uomo politico fu però incoerente, privo di comprensione per gli avvenimenti storici e vanesio.

Tra le sue opere vanno ricordate: il “De oratore”, l’”Orator”, il “Brutus” (retoriche), il “De re publica”, il dialogo “De legibus” (politiche), il “De finibus bonorum et malorum”, Ie “Tusculanae disputationes”, il “De officiis” (opere filosofiche, nelle quali tuttavia non manifesta alcuna originalità), le quattro raccolte di lettere (ad Atticum, ad Familiares, ad Quintum fratrem, ad M. Brutum), quasi 700, molte delle quali un vero e proprio modello di stile; infine le orazioni, pervenuteci in numero di 58.

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