Home
Perché questo sito?
- Visite: 46283
Quando si parla di mitologia ci vengono subito in mente Zeus (Giove), Ade (Plutone), Artemide (Diana), Poseidone (Nettuno) o ancora le grandiose ed improbabili avventure di Eracle (Ercole), per non parlare della bellezza di Elena (per la quale scoppiò una guerra immane) e di Afrodite (Venere) che ancora oggi, per semplificare la definizione di "grande bellezza" ci si riconduce a Lei.
E poi?... Non ci vengono forse in mente i viaggi in luoghi arcani ed esotici di Giasone con i suoi Argonauti, il peregrinare di Ulisse o il tormentato viaggio di Enea?
Si! Queste sono le immagini che balzano agli occhi di chi a scuola ha studiato epica oppure i classici per conto proprio. Certo, per gli appassionati la mitologia è un campo sterminato, un mondo senza confini, dove vagare per imbattersi nelle avventure di Teseo, per visitare la misteriosa terra dei Lotofagi, per ammirare le virtù di Penelope ed ancora per assistere al coraggio del povero Ettore o per biasimare Piritoo e comunque per fantasticare a lungo.
Ma aldilà dell'indubbio fascino che le vicende mitiche da millenni esercitano su molti di noi, cos'è che rende questa disciplina tanto interessante al punto di costituire oggetto di studio ancora piuttosto controverso?
Da dove tutto questo?
Cominciamo a dire che il «Mythos» (in greco = discorso o parola) si contrappone al «Logos», cioè il pensiero scientifico. Il mito è anch'esso una forma di pensiero tipicamente umana, ma è un discorso dogmatico, infatti i filosofi antichi, Parmenide e Platone, si servivano dei miti per spiegare delle verità profonde difficilmente intelligibili (vedi Timeo di Platone).
In epoca moderna il filosofo inglese F. Bacone (XVII secolo) ha avvalorato la tesi per la quale il mito nasconde in sé delle verità; il mito sarebbe perciò conoscenza, ma una conoscenza non della ragione bensì dell'intelletto e quindi costituirebbe il grado inferiore della verità razionale.
A questa interpretazione si è opposto Vico, che vedeva nel mito un prodotto storico dell'antichità contenente dei simboli originari che racchiudono l'eterna verità dell'uomo e a questa si può accedere soltanto con l'intuizione immediata, non con la scienza.
È stata anche avanzata l'ipotesi del mito come "Dimensione Metastorica" o come "Storia narrata" per stabilire una credenza ed un modello di condotta religiosa o morale. In questo senso taluni affermano che il mito è a fondamento delle istituzioni e del resto ancora oggi la società contemporanea è permeata da riferimenti costanti alla mitologia come: panico (da Pan), lasciare in asso (dalla storia di Arianna), titanico (dai Titani), Dedalo (per gli intrecci di vie e viuzze), erculeo (da Eracle), e poi Ellesponto, Peloponneso, Mida e non continuo oltre, altrimenti la lista diverrebbe talmente lunga da stornare da quello che è il nostro discorso.
La questione dunque è molto più complessa di quanto non si immagini e non spetta a noi stabilire la vera natura del mito. Ad ogni modo quale che sia la sua origine, lo studio mitologico ci fa capire parecchio dei costumi degli antichi, del perché usiamo ancora oggi certe espressioni, etc.
Per questa ragione la mitologia è interessante ed attuale e con questo spirito vi invitiamo a rapportarvi a lei. Ma quello che è scritto sopra lo direbbe uno studioso, io mi limito molto semplicisticamente ad affermare che: ogni qualvolta mi accingo a leggere un nuovo libro di mitologia, mi preparo ad affrontare un lungo ad affascinante viaggio nel tempo, e vado fantasticando di draghi, chimere, ciclopi, mostri, giganti e di tutto quello che questo fantastico mondo ci racconta.
In conclusione, per me la Mitologia è quell' affascinante studio che ci permette di effettuare voli pindarici nel passato per sconfiggere i nuovi mostri del presente (stress, inquinamento, droghe, indifferenza e chi più ne ha più ne metta), mostri che pur non esistenti (fisicamente) ci distruggono e ci annientano facendoci rinchiudere in noi stessi, ci isolano e ci abbrutiscono.
E allora, leggiamoci una bella avventura ed abbattiamo il mostro stress ed il terribilissimo mostro indifferenza.
Rodolfo Furneri