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Villa San Marco, denominata così da una cappella che sorgeva nei suoi pressi nella seconda metà del '700, si estende su una superficie di circa 6000 mq. considerando solo i settori attualmente scavati. Situata nell'area nord-est del pianoro di Varano, fu esplorata e rilevata graficamente in età borbonica tra il 1750 e il 1754 e successivamente risepolta. Fu nuovamente scavata negli anni '50 grazie alla tenacia del preside Libero D'Orsi e rimessa definitivamente in luce. Le strutture edilizie della villa risalgono ad un periodo compreso tra l'età augustea e l'età claudio-neroniana con murature in opera reticolata in opera vittata e in opera mista. Al momento dell'eruzione del 79 d.C. nella villa erano in corso lavori di restauro dovuti ai danni causati dal terremoto del 62 d.C. e ai movimenti tellurici che, successivi a questa data, precedettero l'eruzione. Tali interventi di restauro si riconoscono nelle frequenti immorsature in opera laterizia, caratteristiche di quegli anni. La villa, situata ai margini del tessuto urbano, può essere compresa nella categoria delle ville "urbane" residenziali, dove il paesaggio e la natura diventano elementi integranti delle strutture e ne condizionano lo sviluppo. Questo nucleo di ambienti faceva parte dell'insieme di quelli gravitanti intorno al grande peristilio e situati sui bracci laterali dei porticati 20 e 3. Si tratta di tre diaetae (30-50-53) cui si accede attraverso tre gradini alla cui base è visibile il mosaico più antico del primo peristilio, la cui parete viene sfondata per ricavare il vano porta di accesso all'ambiente 30. Quest'ultimo, con pavimento a mosaico bianco delimitato da una sottile fascia nera, costituisce l'anticamera degli ambienti 50 e 53. Le pareti sono splendidamente decorate in IV stile maturo con zoccolo a fondo nero delimitato in alto da una cornice ad ovoli dorata e zona mediana rossa con specchiature chiare e bordi di tappeto delimitati da sottili candelabri dorati. Le pareti sono animate da figurine di elevata qualità artistica, caratteristiche della pittura stabiana. Sullo zoccolo della parete sud è una figura maschile incedente con lancia nella mano destra e mantello rosso poggiato sulle spalle. Sulla parete est è una fanciulla che regge tra le mani un vassoio, vestita con una lunga tunica rossa sulla quale ha un leggero mantello verde azzurro. Nella zona mediana, sulla parete sud, è la figura di Ifigenia, con tunica verde azzurra appuntata con una fibula sulla spalla destra e drappo panneggiato rosso ricadente dalla spalla sinistra, che regge il Palladio sulla spalla sinistra e una piccola fiaccola abbassata nella mano destra.  Sulla parete est è Perseo, che regge con la mano destra un gladio e con la sinistra sollevata la testa tronca di Medusa. Sul braccio sinistro ha un velo verde azzurro, ai piedi sandali piumati. Sulla parete nord fa da pendant ad Ifigenia una figura femminile con in mano una pisside di cui solleva il coperchio.
Anche la zona superiore, conservata solo parzialmente, è arricchita dalla presenza di personaggi: sulla parete est un amorino in ginocchio con in mano una pisside, sulla parete sud una graziosa figurina femminile con cetra vestita unicamente con un velo che appoggiato sulla spalla destra le scende lungo il corpo coprendo le gambe e lasciando il dorso scoperto. Seduta di spalle, sulla parete nord, un'altra figura femminile con tunica verde smeraldo e mantello verde azzurro di cui resta solo un braccio e parte del corpo. Anche il soffitto era riccamente decorato: un ottagono irregolare dai lati concavi bordati da una sottile ghirlanda racchiude una figura alata, forse una Vittoria, con in mano una palma.
La ricerca borbonica e le prime scoperte
Gli scavi a Stabiae ebbero inizio per volontà di Carlo di Borbone il 7 giugno 1749, furono diretti dall'ingegnere spagnolo Roque Joachin de Alcubierre, che fu affiancato nel 1750 dall'ingegnere svizzero Karl Weber, colonnello del Genio.
Furono esplorate dapprima, tra il 1750 e il 1754, villa San Marco e l'area relativa all'impianto urbano della città, quindi nel 1754 lo scavo fu esteso alla villa del Pastore, per passare nel 1757 a villa Arianna e al Secondo Complesso.
Lo scavo, all'epoca, era finalizzato all'asportazione degli affreschi e della suppellettile meglio conservata, che furono raccolti dapprima nella Reggia di Portici e successivamente collocati nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, non senza però aver prima documentato le strutture esistenti per rinterrarle successivamente.
L'atrio
Una moderna gradinata supera il dislivello di 5 mt. tra la quota attuale e quella antica: a destra è un tratto dell'originario muro di recinzione della villa in opus reticulatum. Si entra da un portichetto affrescato, con colonne, con ai lati due sedili per i clientes
L'atrio 44 tetrastilo ha pareti in quarto stile con zoccolo con centauri e pelli di pantera tese fra tirsi. La zona mediana presenta quadri mitologici: a Nord paesaggio con porta sacra ed Edipo e la Sfinge. Sulla parete Ovest si apre il vano di un larario a tinti ortostati policromi:
a destra due blocchi di calcare fungevano da base per una cassaforte lignea.
Intorno all'atrio si aprono i cubicoli 57-60-61, il corridoio 49, che conduceva alla zona di servizio, un vano con scala di accesso al soppalco 55, il tablino 59 ed un vano di accesso alla zona centrale della villa. L'impianto si data al I sec. a. C.
Il peristilio a nord dell'atrio
Recenti indagini archeologiche hanno permesso di riportare in luce una parte delle strutture poste a Nord dell'atrio di Villa San Marco. Queste erano in parte conosciute dai disegni realizzati nel corso delle indagini borboniche. Si tratta di un peristilio di forma trapezoidale collegato direttamente al tablino della villa. La parte interna del peristilio era sistemata a giardino con un grande albero centrale, come risulta dalla scoperta dei vuoti delle radici delle quali è stato realizzato un calco. Sul lato Nord è visibile un ingresso monumentale aperto direttamente sulla strada pubblica, contraddistinto da due semicolonne laterali. A sinistra di chi entra è visibile un piccolo ambiente in opera a graticcio probabilmente destinato allo schiavo che fungeva da portiere. Lungo il lato occidentale sono stati scavati due ambienti di forma triangolare utilizzati come latrine in cui sono stati rinvenuti numerosi graffiti. Lungo il fronte orientale si dispongono una serie di ambienti utilizzati probabilmente come alloggi per la servitù o per deposito delle derrate alimentari, mentre nell'angolo Nord-Ovest una scala in muratura serviva da collegamento tra il piano terra e il primo piano dell'abitazione.
Il reparto termale
Occupa lo spazio residuo tra il quartiere d'ingresso e la strada scavata dai Borbone: il suo sviluppo segue un asse Nord-Sud diverso rispetto al resto della villa.
Esso comprende il piccolo atrio tetrastilo 44, in origine un frigidarium; il calidarium 29 è occupato da una grande piscina, la cui acqua veniva riscaldata da una caldaia di bronzo, come in altre terme lussuose quali quelle suburbane di Ercolano.
Il frigidarium 42 ha vasca e parete di fondo absidata; alle sue spalle sono l'ampio ambiente 35, forse un apodyterium (spogliatoio), e l'ampia sala 48, palestra o accesso al quartiere termale dalla rampa che collegava la villa all'area sottostante.
Adiacente alla palestra è il tepidarium 46, il cui pavimento, conservato solo nell'angolo Nord-Est, era retto da tubuli fittili per il passaggio del vapore.
Il peristilio superiore
Scavato nel 1953, il peristilio originariamente faceva parte di un nucleo edilizio adiacente alla villa, annesso ad essa negli ultimi anni. Il terremoto del 1980 ha provocato il crollo delle particolarissime colonne tortili, costituite nella parte inferiore da intonaco liscio con losanghe appena accennate e nella parte superiore a scanalature a spirali controrotanti da colonna a colonna, quasi a suggerire il movimento, rare nell'architettura romana di I sec. d.C. Le pareti del porticato conservano poche tracce dell'originaria decorazione.
Il soffitto era affrescato in modo ricco e articolato con quadri mitologici (Planisfero, Trionfo di Minerva, Hermes, Giunone ed Ebe). Essi costituivano una delle composizioni più spettacolari, comparabili solo con realtà monumentali quali la Domus Aurea a Roma. Nel giardino, su una colonna non pertinente, è esposta una meridiana emisferica di tufo con tracce di decorazioni in azzurro, rinvenuta nell'atrio il 1 luglio 1954.
Le diaeta
A questo gruppo di ambienti si accede attraverso tre gradini: la diaeta 8 risulta più piccola in quanto vi trova posto la scala che conduce ad un vano di passaggio retrostante il peristilio superiore. L'ambiente 12 presenta una decorazione solo parzialmente conservata. In esso sono ora esposte le copie dei mosaici rinvenuti sullo sfondo della piscina ed .asportati nel corso degli scavi borbonici.
Da questi ambienti si accede alla diaeta interna 14, sulla cui parete Ovest è un affresco con fanciulla su altalena.
Il soffitto presenta la dea Fortuna alata con cornucopia e palma inserita in un quadrato dai lati curvi.
Guarda la mappa degli interni o la pianta della villa.
 
 
Panorama dell'Ingresso
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Ingresso del sito
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Ingresso dell'Atrio
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Altre viste entrando
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Altre viste entrando
Altre viste entrando
Altre viste entrando
Altre viste entrando
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Atrio, pittura con Centauro
Atrio, pittura con Centauro
Atrio, pittura con porta sacra.
Atrio, pittura con porta sacra.
Atrio, pittura con vasi.
Atrio, pittura con vasi.
Atrio, pittura con panorama
Atrio, pittura con panorama
Atrio, pittura con coppa
Atrio, pittura con coppa
Atrio.
Atrio.
Atrio, panoramica delle pitture
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Uno dei vani attigui all'Atrio
Uno dei vani attigui all'Atrio
Larario
Larario altra foto
Atrio, altra vista.
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Atrio, Edipo e la Sfinge
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