Chaos
Il mondo prima del mondo
Renato D’Amico
Abbiamo mai immaginato il chaos come uno spazio dove si sono formate le cose, noi ed anche i nostri pensieri?
Esiodo, nella Teogonia, nomina solo questa parola, riferendosi ad essa non come disordine, quale siamo abituati a concepirlo, ma come il vuoto cosmico dove tutto nasce.
Questo testo è il primo sforzo in italiano che cerca di indagare il significato di un concetto antichissimo che nella Grecia arcaica ancora non era un concetto, ma una figura del mito, divina, una materia invisibile, una forza tenebrosa: l’oscurità che, come direbbe Jean-Pierre Vernant, avvolge “l’universo, gli dèi, gli uomini”.
Analizzando diversi ambiti come l’epica, la commedia, la lirica, Platone e Aristotele, questo volume lo riporta nelle strutture narrative del mito, come costruite dall’aedo nell’epica.
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Prefazione
Vertiginosamente indietro, proprio nel primo momento: πρώτιστα dice infatti Esiodo. In questo attimo originario, che sta all’inizio di tutto quello che sarà, troviamo non la mano divina ma una forza oscura, un crepaccio senza fondo in cui è racchiusa la materia dell’Universo. Dei, uomini, animali, la natura nel suo complesso, ma anche lo spazio e il tempo, tutto viene da questo vuoto originario che i Greci chiamarono Chaos (da χαίνωe simili, “sono spalancato”).
È davvero sorprendente come l’antica mitologia e l’astrofisica contemporanea si avvicinino in questa concezione; la materia nasce dalla non materia, o dalla materia straordinariamente compressa. L’universo in origine era racchiuso in un singolo punto. Chaos, e Big Bang.
La natura della mitologia greca raccontata da Esiodo è evoluzionistica, anche se ovviamente si fonda su intuizioni mitiche e non su formule matematiche; ma il Chaos è un concetto molto attuale che ha un posto nella matematica e rappresenta un problema di appassionante attualità scientifica: la “teoria del Chaos” è un campo ancora tutto da esplorare e si fonda sul fatto che i fenomeni caotici o casuali abbondano in natura e nella fisica stessa – e s’intende anche, a maggior ragione. Nelle vicende umane. Ogni forma di evoluzione è caotica. Insignificanti inizi, anche un elettrone spostato chissà come per un miliardesimo di millimetro, possono avere conseguenze enormi e del tutto inattese: come dice la teoria (o paradosso?) del “battito d’ali di farfalla”, un frullo di ali di farfalla nel cuore della foresta amazzonica potrebbe innescare una catena imprevedibile di conseguenze tali da generare un uragano nel Texas, da un inizio del tutto casuale.
Perciò l’idea di Chaos rappresenta un angolo dell’antica mitologia che è importante esaminare. Che cosa portò l’originario Chaos di Esiodo a modificare il suo stato? Che cosa innescò la forza generativa da cui si produssero la Terra, il Cielo, e poi via via ogni cosa sino a Zeus anche oltre, diciamo anche sino alla freccia che trapassò il tallone di Achille? Esiodo ovviamente non lo dice, perché il mito non si cura di queste cose. Tuttavia, il Chaos non fu abbandonato a se stesso, nell’antichità a un certo punto divenne “disordine”: rudis indigestaque moles, come dice Ovidio nel prologo cosmogonico delle Metamorfosi.
Nel frattempo, questa nozione era passata sotto gli occhi di filosofi e poeti; persino di commediografi, come Aristofane che lo usa beffardamente nelle Nuvole come “divinità sofistica” propugnata dal Socrate deriso sulla scena.
Indagare sul Chaos significa confrontarsi con una dimensione forte del pensiero, come del resto avevano fatto i Presocratici, e poi anche Aristotele.
Ben venga dunque questo libro di Renato D’Amico, che ha il merito di focalizzare un problema importante di storia della cultura; la raccolta e la bella traduzione di alcune delle più importanti fonti antiche sul Chaos costituisce un contributo senz’altro utile, interessante a delineare un quadro complessivo del problema. Auguriamoci che un testo di questo genere – per sua natura interdisciplinare – possa essere raccolto anche da ambiti esterni a quello della filologia classica: è un punto da cui (come appunto dice la teoria del Chaos) potrebbero derivare conseguenze rilevanti nel dibattito culturale.
Giulio Guidorizzi