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ALCIDA

Ἀλκίδας, mostro che vomitava fuoco, generato da Gea e ucciso dalla dea Atena.

ALETTO

Ἀλληκτώ,era una delle tre Erinni, figlia di Acheronte e della Notte era la più spaventosa perché non dava tregua alle sue vittime (il suo nome significa l'irrefrenabile), era raffigurata in agitazione continua con in mano una fiaccola che scuoteva sopra le sue vittime.

AMALTEA

Ἀμάλθεια, era la capra che allattò Zeus nell’isola di Creta, oppure il nome della ninfa figlia di Oceano che avrebbe nutrito il dio col latte di una capra generata dal dio del Sole. Avendo perso un corno, Zeus, per compensarla delle amorevoli cure prestatigli nell’infanzia, le concedette la proprietà di riempirsi di tutto quello che le ninfe potessero desiderare. Zeus volle mettere questa sua nutrice in cielo nella stella “Capella” (capretta) nella costellazione del Capricorno e di pelle caprina rivestì il suo scudo.

ARGO

Argo Io Ermes
Argo, Io ed Ermes

Ἄργος, figlio di Agenore e di Gea. Si diceva che avesse cento occhi che dormivano e vegliavano a turni di cinquanta, era dotato di una forza immane grazie alla quale uccise il satiro che rubava le greggi agli Arcadi e così pure Echidna che rapinava i passanti. Era lo aveva posto a sorvegliare Io amante di Zeus mutata da lui in giovenca. Zeus per liberarla affidò a Ermes l'ingrato compito di addormentarlo col suono della sua magica zampogna e quindi lo uccise per evitare di replicare l'ardua impresa nel caso che Argo si fosse risvegliato. Era per commemorare i servigi di Argo mise i suoi cento occhi nella coda del pavone animale da lei preferito.

ARIETE dal vello d'oro

ἀρνειός, nato dalla ninfa Teofane e da Poseidone. È l'ariete che condusse Frisso nella Colchide.

ARPIE

Ἁρπυῖαι, mostri raffigurati come donne alate dalle mani fornite di artigli, oppure con testa, busto e braccia di donna e il resto del corpo di uccelli rapaci con ali e artigli. Erano figlie di Taumante e di Elettra. Esse ricorrono anche nella legenda degli Argonauti che le misero in fuga. Per come incalzavano le loro vittime, erano dette: “i cani di Zeus”. I loro nomi erano Celeno Oscurità, Ocipete dal volo rapido e Aello (Igino, per quest’ultima riporta sia Aello che Podarce come nome, molto contraddittoriamente, riporta come madre anche Ozomene) apportatrice di tempesta. Il termine Arpia pare provenga dal greco harpazein che significa rapire con impetuosa violenza. Vedi apposita voce.

BUSÌRIDE

Βούσῑρις, gigante mostruoso figlio di Poseidone e di Libia. Tendeva agguati ai passanti e li uccideva sacrificandoli a Zeus. Fu ucciso da Eracle che trovandosi a passare da quelle parti venne da costui aggredito.

CARIDDI

Χάρυβδις, figlia di Posidone e di Gea. Mostro rapace, rubò a Eracle una mandria di buoi e Zeus la punì fulminandola e facendola cadere nel Mediterraneo, di fronte a Scilla; qui rimase sotto forma di grande scoglio, pericoloso per i naviganti. Omero immaginò che questo scoglio inghiottisse tre volte al giorno le onde dello stretto che separa la Sicilia dalla costa italica, e tre volte le vomitasse. Per evitare lo scoglio o i vortici di Cariddi, i naviganti dovevano avvicinarsi a quello di Scilla. Rappresentava i pericoli della navigazione nello stretto di Messina.

CAMPE

Κάμπη, essere mostruoso posto da Crono a sorvegliare i Ciclopi e i Centimani imprigionati nel Tartaro.
Fu ucciso da Zeus perché il dio aveva saputo da un oracolo che egli avrebbe vinto la sua battaglia contro Crono e i Titani, se avesse avuto l'aiuto dei Ciclopi. Secondo Diodoro Siculo, Campe era un mostro originario della Libia e che fu ucciso da Dioniso. Ecco come Nonno di Panopoli nelle Dionisiache l. II, 18, 237 e ss. descrive questo terribile mostro;
Campe dall'alta testa, il cui corpo ritorto assumeva tutto molte forme. Migliaia di rettili, infatti, eccitavano una guerra difforme e strana, avvolta su se stessa, e con i loro movimenti serpentini sputavano a distanza il veleno; intorno al collo, come ghirlanda fiorita, cinquanta musi delle bestie più varie: teste di leone che ruggivano, al modo del volto terribile di Sfinge enigmatica, altre che schiumavano da denti di capra, e con fitta falange d'innumeri teste canine era compiuta imitazione dell'aspetto di Scilla. Duplice natura, infatti, fino a metà del corpo era una donna chiomata di corimbi serpentini lanciaveleno; ma dal petto fino alla piega delle cosce la sua enorme forma ibrida si induriva in scaglie di mostro abissale; mentre le unghie delle innumeri mani erano ricurve in forma di falci rapaci. E dalla cima del collo, su e giù per il dorso spaventoso, uno scorpione, la coda incombente sul collo, svariava ruotando su se stesso, armato dell'acuto pungolo di grandine. Cos&eigrave;, col suo aspetto molteplice, Campe si sollevava, avvolgendosi, e percorreva la terra, l'aria e l'abisso del mare volando col battito alterno delle scure ali, a suscitare fortunali, ad armare tempeste, lei, ninfa del Tartaro dalle nere penne; e dagli occhi una vivida fiamma sputava lontano le scintille.

CÈCROPE

Κέκροψ, figlio della Terra, mezzo uomo e mezzo serpente, fu ritenuto il fondatore di Atene. Fu Cècrope ad introdurre la monogamia e la sepoltura dei morti. Votò a favore di Atena nella disputa fra la dea e Poseidone per chi avrebbe dato il dono più utile e di conseguenza il proprio nome alla futura Atene. Atena creò l'ulivo e Poseidone il cavallo. Vinse Atena. Cècrope aveva costruito l'Acropoli, per questo detta anche Cecròpia ed anche l'intera regione fu chiamata Cecròpia, prima si chiamava Acte. Introdusse il culto di Zeus e di Atena. Alla sua morte il regno passò a Cranao (anche lui nato dalla Terra). Costui ebbe tre figlie, Cranae, Cranecine e Attica; Attica morì ancora fanciulla, e Cranao chiamò Attica l'intera regione.

CENTAURI

Eros Cavalca Centauro
Eros cavalca un Centauro

Κένταυρος, per metà uomini (dalla cintola in su) e per metà cavalli; abitavano sul monte Pelio, nella Tessaglia. Famosi Chirone, maestro d'Achille, Folo e Nesso, personaggi del mito di Eracle. Alle nozze di Piritoo e Ippodamia i centauri vennero a rissa coi Lapiti che ne fecero strage. I superstiti si rifugiarono sul Pindo. Numerose nell'arte antica le raffigurazioni di centauri in statue e bassorilievi. Virgilio mette alcuni centauri all'ingresso dell'Ade. Erano litigiosi, sensuali, senza limiti nel godimento di donne e bevevano vino a fiumi. Il loro progenitore fu Issione, il primo assassino. Issione dopo tanto tempo chiese agli dèi il perdono delle sue pene, Zeus volle perdonarlo e nella sua magnanimità lo invitò alla mensa degli dèi. Ma Issione, che era un essere malvagio, osò insidiare Era per farle delle proposte oscene. Zeus volle metterlo alla prova per vedere fin dove arrivavano le sue brame, allora diede le forme di Era ad una nuvola (Nefele). Issione sfogò le sue voglie su quella nuvola che partorì il primo Centauro (era ancora totalmente umano), che si accoppiò con delle puledre che partorirono degli esseri metà uomo e metà cavallo. Questi esseri erano dominati da Chirone che sebbene fosse un Centauro, era mentalmente diverso. anche la sua origine era diversa.

CENTIMANI

Ἑκατόγχειρες, detti anche Ecatonchiri, erano esseri dotati di cinquanta teste e di cinquanta braccia. Si riteneva fossero tre: Cotto, Briareo e Gige. Figli di Urano e di Gea, appartenevano alla stessa generazione dei Ciclopi e si schierarono con Zeus nella lotta contro i Titani.

CERBERO

Cerbero
Eracle e Cerbero

Κέρβερος, era il cane dalle tre teste che custodiva l'Ade. Egli aveva l'incarico di impedire ai morti di uscire ed ai vivi di entrare. Esiodo lo descrive con 50 teste, ma scrittori posteriori gliene attribuiscono soltanto 2 e, infine, 3, ed è sempre tricipite nelle figurazioni. Era figlio di Echidna e Tifone. Solo tre esseri eccezionali riuscirono ad affrontarlo per entrare negli inferi, essi furono: Eracle, che lo incatenò per riprendere Alcèsti; Orfèo che lo addormentò col suono della sua lira, per chiedere a Ade che gli rendesse la sua dolce Euridice; e infine Enea lo assopì, dandogli da mangiare una focaccia magica consigliata dalla Sibilla.

CERVA CERINEA

Κερύνειος ἔλᾰφή aveva le corna d'oro e i piedi di rame, era velocissima nella corsa, tanto che nessun cacciatore riusciva a catturarla e fu una delle dodici fatiche di Eracle. Vedi Pindaro, Olimpiche 3, 25 ss.

CHIMERA

Chimera
Chimera

Χίμαιρα, mostro favoloso, figlio di Tifòne e Echidna. Aveva la testa di leone, la coda di drago e il ventre di capra. Fu ucciso da Bellerofonte. Vomitava fuoco e fiamme e col suo alito (molto pesante) seccava tutta la vita vegetale. Dopo aver devastato per molto tempo la Licia, la Chimera fu uccisa da Bellerofonte, montato sul cavallo alato Pègaso. Si tratterebbe, secondo alcuni interpreti, della personificazione di un vulcano della Licia, abitato in alto da leoni, a mezza costa da capre, alle falde da serpi.

CHIRONE

Χείρων, il più famoso e sapiente dei Centauri, figlio di Crono e di Fillira. Partecipava spesso alle cacce con Artemide e da essa apprese la conoscenza della medicina e delle erbe medicinali. Fu maestro di Asclepio, Bacco, Achille, Eracle, Giasone, Tèseo, Càstore e Polluce, Nèstore, Enèa, Ippolito, Ulisse, Diomede, e Cefalo. Zeus gli fece dono dell'immortalità. Chirone fra le tante cose, insegnò agli uomini la pratica della venerazione agli dèi, l'inviolabilità del giuramento e le leggi. Anche se aveva la forma di Centauro non aveva nulla a che vedere e a spartire coi figli di Issione, in quanto egli era figlio di Crono che per avere la dolce Fillira si era mutato in cavallo per eludere la sorveglianza della gelosa Rea. La causa della morte di Chirone fu Eracle, che nella foga della guerra mossa ai centauri per errore colpì al ginocchio Chirone con una freccia avvelenata col sangue dell'Idra, e siccome il buon centauro era immortale e l'inguaribile ferita lo faceva soffrire atrocemente, Zeus commosso per sottrarlo ai tormenti del dolore lo mutò nella costellazione del Sagittario.

CICLOPI

Κύκλωψ, diversi i personaggi:

Polifemo
Polifemo

1) Ciclopi Uranii, erano i tre giganteschi figli di Urano e Gea. Essi avevano un solo occhio al centro della fronte. Si chiamavano Bronte il tuono, Stèrope il fulmine e Arge lo splendore. Essi si rivoltarono contro il padre Urano, il quale li rinchiuse nel Tartaro. Quando Crono detronizza Urano, su invito di Gea libera i Ciclopi ma col tempo sentendosi minacciato dalla presenza di questi giganti, li richiude nuovamente nel Tartaro. Saranno liberati definitivamente da Zeus, quando parte alla conquista dell'Olimpo, con l'aiuto di Ade e Poseidone, allora i Ciclopi per sdebitarsi donarono il fulmine a Zeus, a Ade l'elmo dell'invisibilità e il tridente a Poseidone. Grazie a queste armi Zeus riesce nel suo intento e apprezzando le arti dei Ciclopi, se li tenne per essere s

empre rifornito di fulmini. Li uccise Apollo per vendicare Asclepio, saettato da Zeus coi fulmini da essi fabbricati. Omero sembra farli abitare sulla costa napoletana da Baia al Vesuvio, mentre Virgilio li pone sulla costa orientale della Sicilia presso l'Etna.

2) I Ciclopi siciliani erano degli esseri enormi di grandissima malvagità vedi Odissea, di questi il più famoso era il pastore antropofago Polifemo.
3) Infine abbiamo i Ciclopi costruttori, sempre di aspetto enorme, provenivano dalla Licia a loro vengono attribuiti le costruzioni dei monumenti antichissimi o giganteschi quali le mura di Tirinto. Questi erano anche chiamati Chirogasteri perché si procuravano i mezzi di sostentamento con le mani (ovvero lavorando, cosa che doveva sembrare strana).

CINGHIALE CALIDONIO

Καλυδώνιος πτέλας, Enèo re di Calidone era solito celebrare dei sacrifici in onore di tutti gli dèi per ringraziarli della benevolenza e dell'abbondanza dei raccolti, una volta si scordò di Artemide, la quale risentita si vendicò mandando a Calidone un terribile cinghiale che distruggeva i campi e assaliva i passanti. Enèo per finire questo flagello organizzò una battuta di caccia, invitando i più famosi eroi tra cui Meleagro ed Atalanta. La caccia al cinghiale di Calidone causò molte vittime. Atalanta riuscì per prima a scoccare una freccia e a colpire l'animale dietro l'orecchio ed infine Meleagro lo finì.

CINGHIALE D'ERIMANTO

Ἐρυμάνθιος πτέλας, bestia mostruosa che devastava Psofi, irrompendo dalla montagna chiamata Erimanto. Eracle lo catturò vivo, realizzando così la sua quarta fatica.

 DATTILI IDEI

δάκτυλοι Ἰδαῖοι, Rea, nelle doglie del parto di Zeus per resistere meglio agli spasimi poggiò le mani sulla terra, da quest'ultima sconvolta dal contatto spuntarono dieci demoni cinque femminili corrispondenti alle dita della mano sinistra e cinque maschili corrispondenti alle dita della mano destra. Il nome di Dattili Idei ricorda appunto la loro origine Daktylos (dito) e dal monte Ida a Creta dove ciò accadde. Per prima cosa aiutarono la dea a partorire Zeus. I Dattili maschi non sarebbero altri che i Cureti che con le loro danze rumorose protessero la culla di Zeus; difatti i confini dell'identità fra Dattili Idei, Coribanti e Cureti erano molto instabili. Ma neanche il loro numero era stabilito, così si diceva fossero cento, altrove si diceva venti che erano fabbri, e di trentadue che erano maghi. Oppure che i maschi erano nati dalla mano destra erano stati gli inventori della metallurgia, le femmine nate dalla sinistra si stabilirono nella Samotracia, dove avrebbero insegnato ad Orfeo i misteri della Dea Madre. Altri raccontano di solo cinque Dattili Idei dandone pure i nomi: Peonio, Epimede, Giasio, Ida e Eracle (che non era L'eroe forzuto). Si racconta pure di soli tre Dattili Idei servi della dea madre Cibele: Acmonte l'incudine, Damnameneo il martello e Chelmi il ferro o il coltello. Quest'ultimo per aver offeso Rea fu tramutato in ferro o comunque gli altri due fratelli gli furono ostili. Si parla anche di due soli Dattili Idei Tizia e Cilleno nati non in conseguenza al parto di Rea ma a quello della Ninfa Anchiale, ma siccome questa stendendo le mani anzichè stenderle le chiudeva nacque soltanto un Dattilo per mano. Questi due sarebbero stati compagni di trono di Cibele. Nonostante tutte le varianti i Dattili altri non sono che strumenti della Grande Madre: fabbri e stregoni.
Rea, nelle doglie del parto di Zeus per resistere meglio agli spasimi poggiò le mani sulla terra, da quest'ultima sconvolta dal contatto spuntarono dieci demoni cinque femminili corrispondenti alle dita della mano sinistra e cinque maschili corrispondenti alle dita della mano destra. Il nome di Dattili Idei ricorda appunto la loro origine Daktylos (dito) e dal monte Ida a Creta dove ciò accadde. Per prima cosa aiutarono la dea a partorire Zeus. I Dattili maschi non sarebbero altri che i Cureti che con le loro danze rumorose protessero la culla di Zeus; difatti i confini dell'identità fra Dattili Idei, Coribanti e Cureti erano molto instabili. Ma neanche il loro numero era stabilito, così si diceva fossero cento, altrove si diceva venti che erano fabbri, e di trentadue che erano maghi. Oppure che i maschi erano nati dalla mano destra erano stati gli inventori della metallurgia, le femmine nate dalla sinistra si stabilirono nella Samotracia, dove avrebbero insegnato ad Orfeo i misteri della Dea Madre. Altri raccontano di solo cinque Dattili Idei dandone pure i nomi: Peonio, Epimede, Giasio, Ida e Eracle (che non era L'eroe forzuto). Si racconta pure di soli tre Dattili Idei servi della dea madre Cibele: Acmonte l'incudine, Damnameneo il martello e Chelmi il ferro o il coltello. Quest'ultimo per aver offeso Rea fu tramutato in ferro o comunque gli altri due fratelli gli furono ostili. Si parla anche di due soli Dattili Idei Tizia e Cilleno nati non in conseguenza al parto di Rea ma a quello della Ninfa Anchiale, ma siccome questa stendendo le mani anzichè stenderle le chiudeva nacque soltanto un Dattilo per mano. Questi due sarebbero stati compagni di trono di Cibele. Nonostante tutte le varianti i Dattili altri non sono che strumenti della Grande Madre: fabbri e stregoni.

DELFINA o DELFINE

Δελφύνης, metà donna e metà serpe, avrebbe custodito Zeus, quando Tifone imprigionatolo gli aveva tagliato i tendini delle mani e dei piedi.

DINO

Δεινώ, uno dei quattro cavalli di Diomede re dei Bistoni di Tracia. Questi mostruosi cavalli si nutrivano di carne umana, furono uccisi da Eracle (dopo avergli fatto mangiare Diomede) che così compì la sua ottava fatica.

DRAGO, o dragone

δράκων, mostro favoloso che si ritrova in tutte le antiche mitologie. Rettile alato con ali di pipistrello, con testa di cane, zampe di leone, e bocca con una o più lingue che vomita fuoco e fiamme. Nella letteratura e nell'arte cinese, è uno degli elementi più comuni, ed è considerato un essere benefico. Nella tradizione occidentale, invece, è generalmente identificato con un'entità malvagia e nemica dell'uomo, che solo un eroe può sconfiggere. Secondo la mitologia greca, trainava il carro di Cerere, e un drago dalle cento teste custodiva l'ingresso dell'Orto delle Esperidi e il Vello d'oro.

ECHIDNA

Ἔχιδνα, (la vipera) Mostro, donna nella parte superiore e serpente nella parte inferiore. Figlia di Crisaore, moglie e madre di Tifone e della maggior parte dei mostri della mitologia classica. Dalla sua unione con Tifone, generò una serie di mostri orripilanti quali: l'insonne dragone che custodiva il vello d'oro, il drago che faceva da guardia ai pomi delle Esperidi, Scilla, Cerbero, la Chimera, l'Idra di Lerna il cane Ortro che unitosi alla madre generò la Sfinge e il leone Nemèo e anche l'aquila che straziava Prometeo. Fu uccisa nel sonno da Argo. Per la descrizione del mostruoso essere leggi Esiodo Teogonia 295 ss.

EGIPANE

Αἰγίπαν, nome di Pan nella forma di Caprone.

EMPUSE

Ἔμπουσης, erano figlie di Ecate, demonesse impudiche, avevano il sedere d'asino e portavano sandali di bronzo. Si divertivano a spaventare i viandanti e avevano la facoltà di mutarsi in vacche, cagne o belle ragazze e in questa forma durante la siesta si ficcavano nei letti per succhiare la forza vitale degli uomini.

ERINNI

Ἐρινύς, erano le dee della vendetta, si occupavano di perseguitare inesorabilmente chi uccideva un consanguineo, o mancava di rispetto al padre, la madre, al fratello maggiore o ai forestieri. Le Erinni erano tre e si chiamavano: Aletto l'inarrestabile, Megera e Tisifone la vendicatrice, generate dalla Terra dalle gocce di sangue che caddero dall'evirazione di Urano. Le loro armi erano: serpenti, scudisci e fiaccole ardenti. I Romani le chiamavano Furie.

ERITTONIO

Ἐριχθόνιος, eroe ateniese, in origine confuso con Eretteo. Il mito lo riteneva figlio di Efesto, avuto da Attide, o da Atena, o da Gea. Aveva dei serpenti al posto dei piedi. Di lui si prese cura Atena che lo allevò segretamente affidandolo, chiuso in una cesta con uno o più serpenti, alle figlie di Cecrope, con divieto di aprirla. Ma le fanciulle, spinte dalla curiosità, disubbidirono e furono uccise dai serpenti; secondo altri, impazzite dal terrore, alla vista del mostro si gettarono in mare. Allevato nel tempio di Atena, aveva forma metà di uomo e metà di serpente, successe a Cecrope nel regno. È considerato l'inventore della quadriga e l'istitutore delle Panatenee. Per approfondimenti Euripide, Ione 20 ss. e 266 ss.; Pausania 1, 18, 2; Ovidio, Metamorfosi 11, 552 ss.; Igino, Astronomia poetica 2, 13. Il mito si divide nel raffigurare Erittonio come un bambino umano sotto tutti gli aspetti (e il serpente, o i serpenti, altro non sarebbe che il guardiano incaricato da Atena di vegliare sull'incolumità del neonato); oppure ed è la versione più comune Erittonio, siccome nato dalla terra, avrebbe avuto la parte inferiore dei corpo a forma di serpente: questo sarebbe stato lo spettacolo che avrebbe terrorizzato le figlie di Cecrope. Nell'Eretteo di Atene, nel sacro recinto di Atena sull'acropoli, viveva il serpente sacro, identificato con Erittonio.

ERMAFRODITO

Ermafrodito
Ermafrodito

Ἑρμαφρόδῑτος, fanciullo con seno da donna e lunghi capelli. Figlio di Ermes e di Afrodite. La ninfa sorgiva Salmace o Salmàcide se ne innamorò, fu da lui respinta, ma quando il giovane si bagnò nel laghetto della ninfa, ella gli si avvinghiò stretta e supplicò di non venirne mai separata. Da quel momento i due furono un solo essere, che conservava in un unico corpo le caratteristiche maschili e femminili.

GELLO

Γελλώ, nome usato come spauracchio per tenere buoni i bambini si lasciava loro credere che rapisse i bambini.

GERIONE

Γηρυών, aveva tre teste, sei braccia e tre corpi, noto perché aveva una splendida mandria di buoi rossi custoditi da Eurizione e dal cane a due teste Ortro. Prendere i buoi fu la decima fatica di Eracle che per averli uccise : Gerione, Eurizione che era anch'esso un gigante e il cane bicipite Ortro. Gerione era discendente di Medusa.

GIGANTI

Γίγαντος, figli di Gea, fecondata dal sangue di Urano (Esiodo, Teogonia 182 ss.), che era stato evirato da Crono, spesso confusi o identificati coi Titani. Esseri di straordinaria statura e di forza sovrumana, nemici degli dei, tentarono di dar la scalata all'Olimpo, ma furono colpiti insieme dai fulmini di Zeus e dai dardi di Eracle. Alcuni precipitarono nell'Averno, altri furono seppelliti sotto monti che diventarono vulcani. I testi greci tramandano alcuni nomi di giganti: Efialte, Alcioneo, Tifeo, Briareo, Eurito, Encelado, Porfirione. Simboleggiarono la forza bruta contro l'intelligenza, ed in particolare la violenza dei cataclismi naturali (eruzioni vulcaniche, terremoti, inondazioni, ecc.), fonte di terrore perché se ne ignoravano le cause. Anche nella mitologia nordica compaiono i giganti, formidabili nemici degli dèi, demoni del freddo inverno, delle tempeste, del mare burrascoso e dei ghiacci perenni.

Gorgone
Gorgone

GORGONI

Γοργόνη, figlie di Forco e di Cheto. Il loro nome proviene dal greco gorgós=spaventoso Erano: Steno, Euriale e Medusa. Avevano ali d'oro, mani di ferro, zanne di cinghiale e ai fianchi e alla testa avevano dei serpenti. Chi le guardava restava pietrificato. (Esiodo Teogonia 274 ss., non accenna al mostruoso aspetto delle tre Gorgoni, ma si limita a fissare la loro dimora nell'estremo occidente, vicino alle Esperidi).

GRIFONE

γρύψ, creatura rappresentata in letteratura e arte con la testa e le ali di un'aquila e il corpo di un leone; talvolta ha la coda di un serpente. Una sua raffigurazione veniva posta a guardia nelle antiche miniere di Elettro, Il grifone a oggi è ancora un simbolo nell'araldica, e simboleggia forza e vigilanza. Se guardate bene oltre che la Chimera, anche il Grifone fa parte dei simboli di questo sito.

Giuseppe Maria Crespi - Chirone educa Achille
Eracle lotta con l'Idra e Carcino.

IDRA DI LERNA e CARCINO

Λερναῖος Ὕδρος, la seconda fatica di Eracle fu di uccidere l’Idra.
Questo mostro viveva nella palude di Lerna, aveva un corpo enorme, con nove teste: otto di esse erano mortali, ma quella di mezzo era immortale.
Eracle arrivato a Lerna, trovò l'Idra vicino alla sorgente Amimone. Allora vi gettò dentro delle frecce infuocate, costringedo l’Idra a venir fuori: appena uscì, le saltò addosso e la bloccò. Ma quella subito gli si attorcigliò intorno a una gamba e lo avvinghiò. Eracle allora cominciò a stroncare le sue teste con la clava (anche se non concludeva niente, perché a ogni testa che tagliava due nuove ne spuntavano). Quando ecco che in aiuto dell'Idra giunse Carcino un enorme granchio che assalì Eracle attanagliandolo a un piede e cercando di ferirlo con le sue chele, ma Eracle lo uccise, rompendogli la corazza con un colpo della clava: e per questo la dea Era, nemica di Eracle, portò Carcino tra le costellazioni, dove esso costituisce il segno zodiacale del Cancro che brilla in cielo vicino alla costellazione dell’Idra (Eratostene, Catast., 11; Igino, Astron., 2, 23).

IPPOCAMPO

ππόκαμπος, esseri marini metà cavalli nella parte anteriore e metà pesce in quella posteriore. Il carro di Poseidone era trainato e scortato da ippocampi montati dai Tritoni e dalle Nereidi.

KER o KERE

Κήρ ἤ Κῆρες, era l'anima di un defunto che portava sventure e anche dea della morte.

LADONE

Λάδων, era il serpente che fu messo da Era a guardiano dei pomi delle Esperidi.

LAMIA

Λάμια, si concesse a Zeus che per sdebitarsi le diede il dono di potersi togliere e rimettere gli occhi. Dall'unione nacquero molti bambini che furono tutti uccisi da Era, fatta eccezione di Scilla. Lamia per vendicarsi rubava e divorava i figli altrui e il suo volto si trasformò in una maschera orrenda. Lamia in seguito si unì alle Empuse e stremava i giovani con la sua libidine. Il suo nome fu usato come spauracchio dalle bambinaie greche per tenere buoni i bambini.

LAMPONE

Λάμπων, uno dei quattro cavalli di Diomede re dei Bistoni di Tracia. Questi mostruosi cavalli si nutrivano di carne umana, furono uccisi da Eracle (dopo avergli fatto mangiare Diomede) che così compì la sua ottava fatica.

LELAPO

Λαῖλαψ, cane metallico e animato costruito da Efesto. Zeus lo aveva regalato a Europa che lo regalò a Minosse che lo regalò a Procri, che lo regalò a Cefalo. Zeus mutò il cane in roccia stanco di vedere il suo regalo trattato come moneta di scambio per delle mortali scaramucce d'amore.

LEONE NEMEO

Νέμειος λέων, leone dalla pelle invulnerabile. Ucciderlo fu la prima fatica di Eracle. Per la leggenda Esiodo, Teogonia 326 ss., e Teocrito, Idilli 25, 162 ss., dove si racconta che Eracle, non riuscendo a scuoiare il leone ormai morto con attrezzi normali, poté farlo utilizzando gli artigli del leone stesso.

LESTRIGONI

οἱ Λαιστρῡγών, popolo mitico di giganti antropofagi governati dal re Antifate. Gli antichi indicavano la sede di questo selvaggio popolo in Sicilia e in particolare la zona vicino a Leontini (l’attuale Lentini) dove esisteva una «pianura lestrigonia». Ulisse vi approdò dopo che i suoi uomini di nascosto aprirono gli otri del vento. L'astuto Ulisse ormeggiò la sua nave lontano dal porto quindi, per sapere qualcosa sugli abitanti di quel luogo, mandò avanti degli esploratori. Questi incontrarono la figlia del re che li condusse da suo padre. Subito Antifate prese uno dei Greci e lo mangiò; gli altri tentarono di fuggire ma il re li insegu&eigrave; e i suoi Lestrigoni affondarono le navi lanciandovi dei massi enormi, e pescando i Greci come dei pesci li mangiarono. Si salvò solo Ulisse e l'equipaggio della sua nave che era stata prudentemente ormeggiata lontana.

MANIE

Μανίαι, così erano chiamate le Erinni. Mania era la personificazione della pazzia.

Marsia
Marsia

MARSIA

Μαρσύας, satiro (o sileno della Frigia, spesso associato ai personaggi del corteggio di Cibele), famoso suonatore di flauto che a quanto pare suonava lo stesso flauto inventato da Atena e che la dea buttò via quando si accorse che suonandolo gli venivano le guance gonfie e modo grottesco. Marsia suonava così bene che tutti dicevano che neanche Apollo con la sua lira avrebbe potuto suonare di meglio. Il dio risentito e offeso in quello che era la sua arte sfida (Ovidio, Metamorfosi VI, 382 ss.) il povero Marsia in una gara musicale dove il vincitore avrebbe potuto punire il vinto nel modo che più gli gradiva. Il satiro ingenuamente accettò la sfida e come era presumibile considerato che a giudicare erano le Muse, che erano legate ad Apollo, Marsia perse. Apollo ancora offeso lo legò ad un albero e lo scorticò.

MEDUSA

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Medusa

Μέδουσα, una delle Gorgoni, l'unica mortale delle tre, figlia delle divinità marine Forco e Cheto. Era in origine una bella fanciulla, ma le sue chiome vennero tramutate in serpenti da Atena che volle punirla per essersi concessa a Poseidone in uno dei templi dedicati alla dea. Il suo aspetto era diventato così tremendo che chiunque la guardasse in faccia diventava di pietra. Per questo Perseo, quando le tagliò la testa, ricorse a un lucido scudo di bronzo su cui si rifletteva l'immagine del mostro. Anche recisa, la testa di Medusa manteneva i suoi terribili poteri tanto che, col solo mostrarla, Perseo annientò Fineo che voleva impedirgli di sposare Andromeda. Atlante, secondo alcune versioni, sarebbe stato vittima dello stesso sortilegio. Dopo varie vicende, la testa di Medusa fu collocata da Atena al centro del proprio scudo.

MINOTAURO

Minotauro
Minotauro

Μινώταυρος, mostruoso essere nato per la punizione divina che Poseidone volle dare a Minosse. Minosse re di Creta, aveva chiesto al dio una vittima sacrificale da immolargli, allora Poseidone fece uscire dal mare un bellissimo toro bianco; Minosse vedendo la bellezza dell'animale volle tenerlo per se e al dio sacrificò un'altro toro delle sue stalle, allora Poseidone irato fece innamorare Pasifae del toro da lui inviato.

La donna smaniando per quell'insano desiderio incaricò Dedalo di inventare qualcosa per potere soddisfare le sue brame. Allora Dedalo costruì una vacca di legno montata su ruote, con l'interno cavo e ricoperta da una pelle bovina; la collocò nel prato dove il toro era solito pascolare, e Pasifae vi entrò dentro. Quando il toro le si avvicinò, la montò, come fosse una mucca vera. Passato il tempo Pasifae partorì Asterio, chiamato Minotauro, era un essere con la testa di toro e il corpo di uomo. Minosse, seguendo l'indicazione di alcuni oracoli, lo tenne chiuso nel labirinto, una costruzione progettata da Dedalo, che con i suoi meandri aggrovigliati impediva di trovare l'uscita. Venne ucciso da Teseo con l'aiuto di Arianna.

ORTRO

Ὄρθρος, cane dalle due teste, figlio di Tifone e di Echidna. Custode delle mandrie di Gerione, fu ucciso da Eracle.

PANI

Πᾶνες, erano i dodici figli di Pan. Avevano lo stesso aspetto del padre (peloso corpo umano e dalla vita in giù dall'aspetto caprino). Ecco alcuni dei loro nomi: Aiogocoro (nutrito dalle capre), Argennò (bianco lucente), Celeneo (nero), Eugeneio (barbabella), Dafoineo (sanguinario), Omestèr (mangia carne), Filamno (ama agnelli), Fobo (paura), Glauco (bluastro), Xanto (rosso-biondo) e Argo (bianco) questi ultimi quattro non vanno confusi con altre omonomie della mitologia. Si narra anche di altri due Pani che erano figli di Ermes e di due Ninfe. Questi erano: Agreo (cacciatore) e Nomio (pastore), questo lo ebbe dal molto discusso tradimento di Penelope.

PEGASO

Pegaso
Pegaso

Πήγᾰσος, cavallo alato nato dal sangue di Medusa, uccisa da Perseo. Portava sul mondo i lampi e i tuoni di Zeus finché venne domato da Bellerofonte che, cavalcandolo, uccise la Chimera e lottò contro le Amazzoni. Quando però l'eroe volle farsi trasportare fino all'Olimpo, il cavallo lo disarcionò. Secondo una credenza ellenistica, dopo la morte di Bellerofonte, Pegaso scese sull'Elicona e, mentre le Muse cantavano, batté lo zoccolo sul monte producendo una fessura dalla quale sgorgò una fonte le cui acque donavano l'estro poetico.

PITONE

Πύθων, serpente figlio di Gea, la madre Terra, prodotto dalla melma lasciata sulla terra dal grande diluvio. Di fattezze mostruose e gigantesco Era lo mandò contro Latona quando seppe della nuova infedeltà di Zeus. Il serpente che non le dava tregua fu ucciso da Apollo appena nato con una delle sue infallibili frecce. Pitone viveva in una grotta presso Delfi sul monte Parnaso e faceva da custode all'oracolo. Apollo quando lo uccise si impossessò dell'oracolo, da cui prese il nome di Apollo Pizio. Si dice che avesse fondato i giochi pitici per commemorare quella vittoria.

PODARGO

Satiro con ninfa
Satiro con Ninfa

Πόδαργος, uno dei quattro cavalli di Diomede re dei Bistoni di Tracia. Questi mostruosi cavalli si nutrivano di carne umana, furono uccisi da Eracle (dopo avergli fatto mangiare Diomede) che così compì la sua ottava fatica.

SATIRI

Σάτυρος, geni dei boschi, delle acque e dei monti. Con le ninfe e le Baccanti partecipavano alle feste di Bacco, figurati con gambe caprine, due corna in fronte e una coda tra la caprigna e l'equina.

SCILLA

Σκύλλᾰ, le due rupi poste tra l'Italia peninsulare e la Sicilia, affacciate sullo stretto di Messina, note fin dall'antichità per in pericolo che rappresentavano per la navigazione e ritenute sede di due terribili mostri chiamati con quei nomi. Scilla, sulla rupe posta in prossimità di Reggio Calabria, aveva dodici piedi e sei lunghi colli sormontati da altrettante teste; in ognuna delle sei bocche aveva tre file di denti e latrava come un cane. Cariddi, sulla costa siciliana, stava appostata invisibile sotto un alto albero di fico e tre volte al giorno inghiottiva le acque dello stretto, rivomitandole successivamente in mare.

SFINGE

Sfinge
Sfinge

Σφίγξ, figlia di Echidna e di Tifone o del cane Ortro, che aveva il volto di donna, il petto, le zampe e la coda di leone, e le ali di uccello. Le Muse le avevano insegnato un enigma e, stando seduta sul monte Ficio, poneva questo enigma ai Tebani. Esso recitava: "Qual è quella cosa che ha una sola voce, e ha quattro gambe e due gambe e tre gambe?". I Tebani avevano ricevuto un oracolo, secondo il quale si sarebbero liberati della Sfinge solo quando avessero risolto il suo enigma; per questo spesso si riunivano a discuterne il significato, ma siccome non ci riuscivano, la Sfinge ogni volta prendeva uno di loro e se lo mangiava. Edipo ascoltò l'enigma della Sfinge e riuscì a risolverlo: la soluzione era l'uomo". Infatti da bambino ha quattro piedi, perché cammina a quattro zampe; da adulto due piedi; e da vecchio tre, perché si appoggia al bastone. La Sfinge allora si gettò giù dalla rocca e morì.

SILENO

Sileno
Sileno ubriaco

Σῑληνός, educatore di Bacco, seguì il dio nei suoi viaggi. Figurato come vecchio panciuto cavalcava sempre un asino perché aveva le gambe malferme, era sempre in uno stato di ubriachezza perenne, era sempre a conoscenza delle cose passate e future. I Sileni invece erano degli esseri simili ai Satiri ma a differenza di questi avevano i tratti equini, le orecchie aguzze, zoccoli e coda di cavallo e per il resto erano umani, anche essi se la intendevano con le Ninfe.

SIRENE

Sirena
Sirena 370 a.C.

Σειρήν, figlie del dio fluviale Acheloo e della Musa Calliope. Erano le messaggere di Persefone. Il loro compito  era quello di fare entrare le dei defunti nell'Ade addolcendogli il passo col loro canto. Erano figurate come uccelli con la testa e il torso di donna e con artigli robusti. Essendo figlie di una Musa, esse erano esperte nella musica e soprattutto nel canto che era dolcissimo. Le Sirene col corpo finale di pesce sono una raffigurazione più tarda. Le Sirene compaiono per la prima volta in Omero (Odissea XII, 1 ss.), dove il loro numero pare essere fissato a due. Sul loro doppio aspetto, di donna e di uccello, si tramandano leggende diverse. Secondo la più diffusa, le Sirene erano compagne di Persefone; quando la fanciulla venne rapita da Ade, esse non fecero nulla per aiutarla. Allora Demetra le trasformò in uccelli, e ordinò loro di cercare per tutta la terra la figlia rapita. Le Sirene persero poi la capacità di volare quando le Muse, dopo averle sconfitte in una gara di canto, strapparono loro le ali e se ne fecero una corona (Ovidio, Metamorfosi V, 552 ss.; Igino, Favole 125, 141; Pausania 9, 34,3).

TIFONE

Τῡφῶν, personificazione del vento impetuoso del Sud. Dopo che Zeus aveva sconfitto i Giganti, Gea sempre più furibonda per la triste sorte dei figli, con l'intento di vendicarsi si accoppiò con Tartaro e generò questo essere mostruoso. Ecco come Esiodo lo descrive nella Teogonia:
Tifone fortissimo: aveva
cento gagliarde mani, disposte ad ogni opera, e cento
infaticabili piedi di Nume gagliardo; e di serpe
aveva cento capi, d'orribile drago, e vibrava
cento livide lingue da tutte le orribili teste,
sotto le sopracciglia di fuoco: brillavano gli occhi,
ardevan fiamme , quando guardava, da tutte le teste.
E avevan tutte quante favella le orribili teste,
voci emettevan meravigliose, di tutte le specie.
Ora parlavan sí da intenderle i Numi: muggiti
alti mandavan poi di tauro, d'immenso vigore,
di fiera voce; poi di leone dall'animo crudo;
poscia sembravan guaiti di cuccioli, e a udirli stupivi:
eran boati poi, n'echeggiavano l'alpi sublimi.
Con gli occhi che sprizzavano fiamme, in tutta la sua mostruosa enormità, Tifone passò all'attacco del cielo, fra urla e sibili, dalla sua bocca sgorgavano torrenti di fuoco. Gli Olimpi annichilirono a quella visione e mutatisi in animali per non farsi riconoscere fuggirono in Egitto. L'unico che rimase fu Zeus che armatosi delle sue folgori e del famoso falcetto d'acciao, iniziò a colpire il mostro con le sue saette. Tifone ferito fuggì via ma Zeus, imprudentemente, vedendolo ferito si avvicinò col suo falcetto per finirlo. Non l'avesse mai fatto; infatti, non appena Zeus fu a tiro delle sue spire, Tifone lo avvolse e lo immobilizzò, quindi gli strappò il falcetto dalle mani e con lo stesso gli recise i tendini di tutti gli arti rendendolo simile a una marionetta senza fili. Poi Tifone legò bene il sommo dio e lo condusse in Cilicia nell'antro Coricio dove lo affidò alla custodia della mostruosa Delfine che era una fanciulla metà donna e metà animale. A questo punto si potrebbe pensare che tutto sia finito qui, invece la storia continua: Ermes e Pan che si erano ripresi dallo spavento iniziale, usando uno stratagemma distrassero Delfine, s'impossessarono dei tendini che riadattarono a Zeus. Il divino Zeus ritornato nel pieno della sua forma, stavolta salì sul suo carro trainato da cavalli alati e dall'alto bombardò di saette Tifone che iniziò una lunga fuga; quando si trovò a passare sul monte Nisa, le Moire lo ingannarono e gli offrirono, per indebolirlo, i frutti della morte, mentre Zeus lo incalzava. Allora Tifone attraversò il mare per rifugiarsi in Sicilia ma Zeus gli gettò addosso l'altissimo monte Etna, schiacciandolo: è da quel giorno, dicono, che l'Etna erutta fuoco, ogni qual volta Tifone tenta di scrollarsi di dosso la montagna. Una versione alternativa, anch'essa arcaica, fa di lui invece un figlio di Era, nato per partenogenesi, come contrappasso per il parto monogenetico di Atena.

TRITONE

Tritone con Teseo
Tritone con Teseo

Τρίτων, figlio di Anfitrite e di Poseidone, ma c'è chi dice che la madre era Salacia. Uomo nella parte superiore e pesce nella parte inferiore, abitava i mari. Era un abile amatore ed era circondato dalle Nereidi, rivolse le sue attenzioni anche ad Ecate.

Come tutte le divinità marine, aveva capacità metamorfica e profetica ed era testimone ai giuramenti. Creatura ambigua, spesso soccorreva ma talvolta era maligno e ostile. E proprio in questa sembianza malevola veniva raffigurato armato di lancia. Si narra che un giorno, mentre le Baccanti si recavano presso la riva del mare per celebrare i rituali, Tritone le aggredì, queste chiamarono in soccorso Dioniso, che lo affrontò e lo sconfisse. Viene dato come probabile educatore di Atena infante. Con la sua Buccina soffiandoci dentro poteva sollevare o placare le tempeste.

VOLPE

ἀλώπηξ, animale che devastava la Cadmea. Era fissato dal destino che nessuno potesse prendere quella bestia, che razziava per tutta la regione, e alla quale ogni mese i Tebani stessi offrivano come preda un bambino, uno dei loro figli, perché non ne divorasse molti di più. Anfitrione allora andò ad Atene, per chiedere aiuto a Cefalo, figlio di Deioneo; e lo convinse, in cambio di una parte del bottino sottratto ai Teleboi, a lanciare contro la volpe il suo cane, quello che Procri aveva portato da Creta come dono di Minosse: era un cane fatato, e qualunque cosa inseguisse, la prendeva. Così, il cane si mise a inseguire la volpe, e Zeus li trasformò entrambi in pietre.

XANTO

Ξάνθος, uno dei quattro cavalli di Diomede re dei Bistoni di Tracia. Questi mostruosi cavalli si nutrivano di carne umana, furono uccisi da Eracle (dopo avergli fatto mangiare Diomede) che così compì la sua ottava fatica.