Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

Indice articoli

Egina - Αἴγινα

L'antica capitale di Egina è situata sulla costa nord occidentale dell'isola, parzialmente coperta dalla città moderna. La città aveva un porto commerciale e un porto militare di forma rettangolare posto nella parte nord a ridosso del promontorio dell'acropoli. Le mura classiche della città proteggevano i due porti e il promontorio dell'acropoli.
Gli scavi hanno portato alla luce molteplici insediamenti stratificati riferiti a dieci città arcaiche che vanno dal Neolitico al periodo del Bronzo (vedi mappa). Sul promontorio sotto il livello del 500 a.C. ca. sono visibili i resti del tempio di Apollo e di un precedente tempio. In tutti gli insediamenti che si susseguirono, l'acropoli fu sempre fortificata, almeno dall'età del bronzo.
Il tempio di Apollo del VI secolo fu sostituito da una tarda fortezza romana.

Pare che l'antico nome di Egina fosse Enone (Pausania l. II,29, 2)
L'isola deve il suo nome a quello della madre di Eaco, Egina appunto, che qui nacque e governò l'isola.
Egina si trova in una posizione marittima strategica e fin dal Neolitico ha avuto stretti contatti commerciali col continente e le isole. Egina era indipendente da qualsiasi legame con la terraferma.
Intorno al 1000 fu sottomessa dai Dori. Durante il VII e VI secolo, Egina era una grande potenza marittima e aveva contatti commerciali dall'Egitto alla Spagna.
Probabilmente nel corso della prima metà del VII secolo cadde sotto il controllo di Fidone tiranno di Argo (Pausania, VI 22,2).
La serie monetale, riferibile secondo alcuni alla prima metà del VII secolo o, secondo ipotesi recenti, agli inizi del VI secolo, documenta per l'isola uno splendore particolare di cui è testimonianza non tanto la produzione bronzistica (che avrà il momento più significativo in Glaukias e Onata nel primo venticinquennio del V secolo), quanto la grande flotta che le consentì un'intensa attività colonizzatrice e la mise in urto dapprima con Samo (l'ostilità coi Sami risaliva al tempo di Anficrate re di Samo) e successivamente con Atene. La rivalità con quest'ultima ebbe inizio nel 506 e toccò momenti di grande tensione quando, in seguito all'alleanza coi Persiani nel 491 (Erodoto, VI 49, 1), gli Egineti tesero un agguato in occasione delle celebrazioni della Penteteride al Sunio e catturarono numerosi eminenti cittadini ateniesi (VI 87), o quando gli Ateniesi, per vendicare l'affronto, inviarono settanta triremi, ma nella battaglia navale che ne seguì furono duramente battuti (VI 92-93). Ulteriore testimonianza dello splendore e della ricchezza di Egina sono i numerosi edifici templari, fra cui notevole il tempio di Afaia (esastilo con dodici colonne sui lati lunghi), costruito nel decennio 490-480, il quale ha nella decorazione frontonale l'esempio più alto di coroplastica marmorea tardoarcaica in ambiente peloponnesiaco.

Personaggi illustri:

  • ONATA DI EGINA Ὀνάτας (bronzista)
  • GLAUKIAS Γλαυκίας (Bronzista)
  • PAOLO DI EGINA Παύλος της Αίγινας (Medico)
  • TEOPROPO Θεόπροπος (bronzista)
il mito:

Dopo aver rapito Egina, Zeus dovette battersi non solo contro la gelosia di Era, ma anche contro l'ira del padre della ragazza che aveva rapito; Asopo, che era un dio-fiume, si mise alla ricerca della figlia e arrivò sino a Corinto, dove l'astuto re di quella città, Sisifo, gli svelò che il rapitore era stato il re degli dèi. Non per questo Asopo rinunciò all'inseguimento, sinché Zeus, spazientito, lo colpì con un fulmine in modo da ricacciarlo dentro il suo letto: per questa ragione ancora oggi si trovano nelle acque di quel fiume pezzi di carbone; il racconto è narrato da Apollodoro, III, 12, 6.
Egina venne portata nell'isola che allora si chiamava Enone («Terra del vino»; Pindaro, Nem., 4, 46; Isthm., 5, 34; Erodoto, 8, 46; Apollodoro, III, 12, 6) oppure Enopia (Pindaro, Nem., 8, 2 1; Ovidio, Met., 7, 472).), e ora invece ha preso il nome della fanciulla, Egina; Zeus si unì a lei, e generò il figlio Eaco. Ma Eaco viveva solo nell'isola: e Zeus allora, per dargli compagnia, trasformò in uomini le formiche.(Apollodoro, Biblioteca III,11)
Sisifo sconta le sue colpe nell'Ade con la pena di un'enorme pietra che egli deve far rotolare, spingendola in salita con le mani e con la testa, per farla poi scendere dall'altra parte: ma una volta che sia riuscito a spingere il masso, questo poi rotola sempre indietro. Questa è la pena che Sisifo deve scontare a causa di Egina, la figlia di Asopo: quando Zeus rapì di nascosto la fanciulla, infatti, si dice che Sisifo fece la spia ad Asopo, che la stava cercando.(Apollodoro, Biblioteca 1,9)
Asopo era figlio di Oceano e Teti, oppure, come dice Acusilao, di Pero e Poseidone, oppure ancora di Zeus ed Eurinome. A lui andò sposa Metope, figlia del fiume Ladone, che gli diede due figli, Ismeno e Pelagone, e venti figlie, una delle quali, era Egina.
La versione di Igino corrisponde a quella di Ovidio, Met., 7, 523-535, il quale parla della pestilenza scatenata dalla vendicativa Era: una caligine opprimente si abbatté sull'isola, tutti i serpenti di quella terra errarono per i campi desolati e infine si gettarono nelle sorgenti che contaminarono con i loro veleni. Di lì si diffuse l'epidemia che spopolò tutta l'isola. Secondo altre versioni del mito, più antiche, Egina era un'isola completamente disabitata; vi fu fatto nascere dalle formiche un popolo di uomini per consentire ad Eaco di colonizzarla: Esiodo, fr. 205 Merkelbach-West; Apollodoro, III, 12, 6; scolio a Licofrone, 175.

 Un altro mito narra di come Egina andando a caccia in un gelido giorno d'inverno, notasse un insolito fuoco che ardeva su di un monte, cui si avvicinò per scaldarsi, senza sospettare che nelle fiamme si celasse il Re degli Dei, Zeus, il quale si svelò e violentò la fanciulla.
Dalla loro unione fu generato Eaco, che diede origine alla stirpe degli Eacidi, di cui faceva parte suo nipote Peleo, quindi Egina è da considerarsi a tutti gli effetti la bisnonna di Achille. Asopo venne trasformato da Zeus in fiume, mentre Egina si recò in seguito in Tessaglia e sposò Attore, dopo avere dato a Zeus il figlio Eaco, che era il nonno di Achille. Ad Attore diede un figlio di nome Menezio.
Menezio non è altri che il padre di Patroclo.

Secondo Igino (Miti,52) - Zeus desiderava congiungersi con Egina, figlia di Asopo, ma temeva la gelosia di Era. Allora la trasportò sull'isola di Delo e la rese gravida; da questo amplesso nacque Eaco. Quando Era lo venne a sapere, inviò contro le sorgenti di quella terra un serpente che le avvelenò, cosicché chiunque beveva quell'acqua rendeva il suo debito alla natura. Eaco perse molti amici e ormai per scarsezza di uomini non poteva più sopravvivere in quel luogo; ma scorgendo una fila di formiche pregò Zeus che gli inviasse in soccorso degli esseri umani e Zeus mutò le formiche in uomini, che furono detti Mirmidoni (Μυρμιδόνες) dal momento che il nome greco delle formiche è μύρμηκες. L'isola venne poi chiamata Egina. Le formiche sono dunque gli antenati animaleschi di questo popolo, i Mirmidoni furono gli inventori della navigazione a vela secondo Esiodo, fr. 205 Merkelbach-West. Un'altra versione del mito (scolio a Licofrone, 175) racconta che la metamorfosi delle formiche in uomini avvenne in Tessaglia e che il prodigio fu compiuto per dare un popolo di guerrieri a Peleo, che si era rifugiato in quella regione dopo essere stato esiliato dal padre Eaco per avere assassinato il fratello Foco. Altre tradizioni, orali e locali (Pausania, 2, 29, 2), parlano di abitanti nati dalla terra. Il mito di Egina ed Eaco e la trasformazione delle formiche in uomini, mito di fondazione dell'isola di Egina, è testimoniato per la prima volta in Esiodo, fr. 205 Merkelbach-West; Ferecide, FGrHist, 3 E 119; Pindaro, Isthm., 8, 16-25; Apollodoro, III, 12, 6; Diodoro Siculo, 4, 72, 5; Pausania, 2, 29, 2; Strabone, 8, 6, 16; scolio a Il., 1, 180; Ovidio, Met., 7, 615-654; scolii a Licofrone, 175; 176; Lattanzio Placido, Comm. ad Theb., 7, 424; Servio, In Verg. Aen., 2, 7.

Britomarti, a giudizio di Pausania (II 30,3; cfr. Pausania, La Corinzia e l'Argolide, pp. 312-3) figlia di Zeus e di Carma, era oggetto di venerazione a Egina con l'epiteto di Afaia e a Creta con quello di Diktynna: cfr. Antonino Liberale, 40;

Pausania in l. II 29, 6, narra che: Egina è la più difficile all'approdo tra le isole greche, giacché tutt'intorno a essa si levano scogli e abbondano le rocce sotto il livello dell'acqua. E si dice che questi ostacoli furono a bella posta escogitati da Eaco, per la paura che aveva dei pirati e perché non fosse senza pericoli per la gente ostile l'accesso all'isola. Presso il porto, nel quale perlopiù attraccano, c'è un tempio di Afrodite, mentre nella parte più in vista della città c'è il cosiddetto Eaceo, un recinto rettangolare di marmo bianco.

TEOPROPO

All'ingresso del sacro recinto (delfi) c'è un toro di bronzo, lavoro di Teopropo di Egina e dedica dei Corciresi. La sua storia è questa. Una volta a Corcira un toro, lasciata la mandria e allontanatosi dal pascolo, scese alta riva del mare e si mise a muggire. Poiché la stessa cosa si ripeteva ogni giorno, il bovaro scese al mare e lì vide una innumerevole quantità di tonni.
Allora lo fece sapere ai Corciresi della città ed essi, poiché volevano prendere quei tonni, ma faticavano invano, mandarono una legazione a Delfi. Così immolarono quel toro a Poseidone e subito dopo il sacrificio riuscirono a catturare quei pesci. Le loro dediche a Olimpia e a Delfi rappresentano la decima di quella pesca.