FACE
Φάϰη, sorella di Ulisse.
FALANTO
Φάλανθος, era il capo dei Parteuii (giovani Lacedemoni nati dall'unione delle Lacedemoni libere e o vedove cogli schiavi durante l'assenza della popolazione maschia adulta); i Partenii decisero d'intesa con Falanto di ribellarsi e prendere il potere. Decisero dunque di radunarsi in piazza e avviare la rivolta nel momento in cui Falanto si fosse tirato giù il berretto di pelle fin sulla fronte. Ma, come avviene quasi sempre, un tale svelò agli efori quello che stava per accadere. La maggior parte degli efori ritenne che bisognava uccidere Falanto, ma, Agatiada, che era stato amante di Falanto, per l'amore che provava verso Falanto parlò in sua difesa dicendo che avessero agito in quel modo, avrebbero trascinato Sparta in un pericoloso conflitto civile nel quale in caso di vittoria, la stessa sarebbe stata inutile, e, che se avessero perso, avrebbero causato la completa rovina della loro patria. Quindi fece annunciare pubblicamente dall'araldo che Falanto doveva tenere il berretto così come si trovava. Quindi mandarono dei messi a Delfi per chiedere se il dio era disposto a fargli conquistare Sicione. Ecco cosa rispose la Pizia:
«è bello il territorio posto tra Corinto e Sicione,
ma tu non lo abiterai, anche se tu fossi completamente rivestito di bronzo.
Tu presta invece attenzione a Satyrion ed ai flutti luccicanti di Taranto,
al suo porto posto verso occidente e, dove un capro accoglie con gioia
l'onda salata, inumidendosi la punta del grigio mento,
lì costruisci Taranto stabilmente a nord del Satyrion»
Ma dato che non comprendevano. La Pizia quindi replicò in modo più chiaro:
«io ti dono Satyrion e la pingue terra di Taranto da abitare e pene arrecherai agli Iapigi» (Diodoro Siculo 8, XXI e ss.)
Pausania nel decimo libro della sua Periegesi, narra così:
Quando Falanto si preparava a partire per la colonia, da Delfi gli giunse un vaticinio secondo il quale avrebbe conquistato terra e città allorché avesse sentito piovere dal cielo sereno. Senza darsi a riflettere lì per lì sul significato dell'oracolo e senza comunicarlo a nessun interprete, partì e approdò in Italia; ma quando, pur vincendo in battaglia i barbari, non riusciva né a conquistare una città né a impadronirsi di un territorio, allora gli ritornò alla mente il responso e ritenne che il dio gli avesse vaticinato l'impossibilità dell'impresa. Infatti, egli pensava, con un cielo puro e sereno non potrebbe mai piovere. Ma mentre era così scoraggiato, la moglie, che l'aveva seguito dalla patria, tra le altre manifestazioni di affetto gli prese la testa tra le proprie ginocchia e gli andava togliendo i pidocchi. E così, per l'amore che aveva per lui, vedendo che a nulla approdavano gli sforzi del marito, la donna si mise a piangere.
E piangeva dirottamente, e poiché così facendo bagnava la testa di Falanto, quest'ultimo capì allora il significato del vaticinio: sua moglie infatti si chiamava Etra Αἴθρα (= cielo sereno). Così, quando venne la notte, tolse ai barbari Taranto, la città più grande e più prosperosa di tutta la costa.
FALI
Φάλις, re di Sidone, ricordato per aver consigliato a Sarpedonte di non dare soccorso a Priamo
FALLO
Φαλλός, membro virile elemento comune in tutte le mitologie. Simbolo del potere generativo e rigenerativo della natura, e della fecondità. Aveva culto di carattere orgiastico in tutte le religioni primitive. Un esempio di celebrazione fallica era nei Misteri Dionisiaci.
FANES
Φάνης, il luminoso, nato dall'uovo cosmico deposto da Notte.
FANTASO
Φαντάσω, dio dei Sogni figlio di Hypnos (Somnus per i Romani) era apportatore di sogni illusionistici. Suoi fratelli erano: Icèlo (per gli dèi) o Fobetore per gli uomini, apportatrice di incubi, e Morfeo apportatore di sogni premonitori.
FAONE
Φάων, (splendente) vecchio pescatore di Mitilene, bruttissimo in origine, il quale, per aver trasportato Afrodite da Lesbo al continente rifiutando ogni compenso, ebbe in dono dalla dea la gioventù e la bellezza meravigliosa.
Secondo la leggenda, Saffo s'innamorò ardentemente di lui, e, non essendo corrisposta, si gettò in mare dall'alto dello scoglio di Leucade.
"Questi venti che portano via le mie parole, vorrei che riportassero indietro le tue vele; questa è l'azione che dovresti compiere se sapessi amare, tu, così lento a tornare! Se hai deciso di ritornare, e prepariamo offerte votive alla tua nave, perché strazi il mio cuore con l'indugio? Sciogli gli ormeggi! Venere, nata dal mare, lo mantiene calmo per chi è innamorato; il vento favorirà la rotta, tu, soltanto, sciogli gli ormeggi! Cupido in persona reggerà il timone seduto a poppa, lui in persona scioglierà le vele e le ammainerà con mano leggera. Ma se sei contento di essere fuggito lontano dalla pelasgica Saffo (e tuttavia non potrai trovare il perché io meriti di essere fuggita) una lettera crudele faccia sapere a me sventurata almeno questo, perché io possa andare a cercare il mio destino nelle acque di Leucade". (Ovidio, Eroidi)
FARI
Φᾶρις, figlio di Ermes, a quanto dicono, e di Filodamia figlia di Danao. Fu fondatore della città di Fare in Messenia.
FARO
Φάρος, o Capo Peloro, promontorio e capo sull'estrema costa della Sicilia, identificato come il luogo dove abitava la mostruosa Cariddi.
Caratteristici del luogo i refoli, simbolo della mitica Cariddi, vortici generati dalla corrente dello Stretto di Messina.
FARSALO
Φάρσᾱλος, eroe eponimo di Farsaglia in Tessaglia, era figlio d'Acrisio.
FATO
Divinità superiore agli dèi, alla quale nessuno può sfuggire e disubbidire.
Lo stesso Zeus non poteva fare nulla per cambiare o modificare le decisioni prese da questa divinità.
Gli dèi altri non erano che dei collaboratori del Fato e nulla potevano fare per cambiarne le decisioni.
Raffigurato nell'atto di tenere la Terra sotto i suoi piedi, indossante una corona fregiata di stelle, in mano l'urna che racchiude la sorte dei mortali, ed uno scettro a simboleggiare la sua sovrana potenza.
I Greci personificarono il Fato, nelle Moire, in Ananke e in Tyche. .
I Romani nelle None, Decume, Fatum e le Parche. .
FEACE
Φαίᾱξ, figlio di Poseidone e di Cercira (attuale Corfù), eroe eponimo di Feacia, era il padre d' Alcinoo.
FEBE o FEBEA o TITANIDE
1) Φοίβη, figlia di Urano e di Gèa, moglie di Ceo e madre di Latona e di Asteria.
2) Un'altra Febe è figlia di Leda e sorella di Elena.
3) Febe è anche un soprannome di Artemide.
4) Una delle figlie di Leucippo, rapite dai Dioscuri
FEBO
Φοῖβος, (splendente) Epiteto di Apollo. Con questo nome veniva spesso indicato anche Elio
FEDRA
Φαίδρα, figlia di Minosse e di Pasifae, moglie di Teseo, re di Atene. Innamorata del figliastro Ippolito e da lui respinta, lo calunniò presso il marito, che lo fece uccidere da Posidone, poi, tormentata dal rimorso, si uccise.
... Ti prego per Venere, che tutta mi pervade, risparmiami; che mai tu debba amare una donna che ti respinga; che l'agile dea ti sia accanto nei recessi selvosi ed il bosco profondo ti offra animali da uccidere; che ti siano propizi i Satiri, i Pani, divinità montane ed il cinghiale cada trafitto dalla lancia che gli hai rivolto contro; che le ninfe, sebbene si dica che tu odi le fanciulle, ti offrano acqua che dia ristoro alla tua sete ardente! A queste preghiere aggiungo anche le lacrime; tu che leggi le mie parole di supplica immagina di vedere anche le mie lacrime! Ovidio, Eroidi - Fedra ad Ippolito.
FEMONOE
Φημονόη, ritenuta figlia di Apollo (v. Plinio, N.H. 10, 7) o di Delfo e di Castalia fu la prima Pizia di Delfi che pronunciò oracoli in esametri. Pare sia stata la prima che rivelò la famosa esortazione di Apollo a «conoscere se stessi»
FENEO
Φενεός, antica città dell'Arcadia, già in rovina ai tempi di Pausania, che ne ricorda molti edifici sacri, nella sua "Periegesi della Grecia". Oggi sono visibili parte delle mura della acropoli e un tempio di Asclepio.
Curiosità del mito:
Anche un lago aveva questo nome e le sue acque se bevute di notte erano velenose come quelle dello Stige.
FENICE
Φοῖνιξ, due personaggi:
1) figlio di Agenore, incaricato dal padre di ritrovare la sorella Europa e di non fare ritorno senza essa, quando si convinse che non l'avrebbe mai trovata si fermò nella regione che da lui prese il nome di Fenicia.
2) figlio di Amintore. Fenice era stato accecato da suo padre (Omero Iliade IX, 438 ss.), perché la sua concubina, Ftia, l'aveva accusato falsamente di un tentativo di seduzione.
Peleo allora lo portò da Chirone, che gli guarì gli occhi; poi Peleo l'aveva fatto re dei Dolopi. Secondo un'altra versione istigato dalla madre per gelosia della concubina del marito, commise davvero adulterio con la donna di suo padre; questi gli lanciò una maledizione, di restare per sempre senza figli.
Fenice allora, trattenendo a stento l'istinto di uccidere il padre, se ne andò via, e trovò ospitalità presso Peleo, dove allevò il piccolo Achille con tutto l'amore di un padre, vedendo in lui quel bambino che la maledizione di Amintore gli aveva negato.
Educò Eracle nell'arte dell'eloquenza.
FERECLO
Φέρεκλος, valente mastro d'ascia, aveva costruito le navi di Paride, fu ucciso da Merione. Anche la nave con la quale Teseo si recò a Creta chiamava Fereclo.
FERENICE o CALLIPATIRA
Φερενίκη, madre dell'atleta Pisirrodo o di Eucle.
Costei era figlia di Diagora di Rodi vincitore di gare alle olimpiadi e vedova di Callianatte, anch'esso atleta vincitore di gare olimpioniche; la stessa si occupò di addestrare il figlio (attività proibita alle donne, la pena era venir precipitate dal Tipeo), che vinse le gare, la donna che fino a quel momento si trovava nel recinto dove venivano tenuti chiusi i maestri sportivi, nello spiccare un balzo oltre il recinto, rimase nuda manifestando così la sua natura di donna, fu lasciata andare senza punizione per rispetto a suo padre, ai suoi fratelli e per finire per rispetto al figlio vincitore di quella gara. Da quel giorno fu applicata una nuova legge; per il futuro, anche i maestri sportivi dovevano essere nudi in campo. Famoso rimane il suo detto: «dalle altre sono diversa, perché sono figlia, sorella e madre di olimpionici».
FESTO
Φαῖστος, figlio di Eracle, volle che suo padre fosse considerato dio e non semplicemente eroe.
FETONTE
Φαέθων, Elios, dio del Sole innamoratosi di Climene, figlia di Oceano e di Teti, la fece sua sposa. Dall'unione nacquero Fetonte, Egle, Lampezia e Faetusa. Divenuto grande, Fetonte "lo splendente" (vedi Ovidio, Metamorfosi XI, 1 ss) si mise in testa di guidare il carro solare attorno alla Terra. Elios inizialmente non volle accontentare il figlio ma, visto anche le insistenze della madre, Elios, dopo averlo istruito, gli consegnò il carro. Il giovane, incapace di reggere la guida del carro nel cielo, incendiò mari e terre, e stava anche per incendiare la sede degli dèi. A Zeus non restò altro che fulminare il giovane per evitare la distruzione della Terra. La madre e le sorelle partirono per recuperare il corpo del giovane sulle rive dell'Eridano (l'attuale Po) e qui lo piansero sconsolatamente. Gli dèi impietositi mutarono le Eliadi in pioppi. Nella forma di pioppi le Eliadi quando piangono il fratello, stillano gocce di Ambra, usata in connessioni con lutti per la morte di giovani. Fetonte, venne successivamente mutato nella costellazione dell'Auriga. Elios, addolorato, non voleva più guidare il carro solare e Zeus dovette usare sia le buone che le cattive maniere per costringerlo a riprendere la guida del suo carro.
Curiosità del mito:
Gli Indiani diventarono neri, perché il loro sangue, per il calore del fuoco che passò loro vicino, si fece scuro; sempre per via di questo passaggio eccessivamente vicino alla terra, si formarono i deserti; invece, dove appiccò il fuoco in cielo, si formò il circolo della via Lattea.
FIALO
Φίαλος, figlio del re d'Arcadia Bucolione e padre di Simo. Fialo, sottraendo a Figalo, figlio di Licaone, l'onore della fondazione di Figalia, cambiò il nome della città in Fialia; la nuova denominazione, tuttavia, non si impose.
FILEMONE E BAUCI
Vecchia e povera coppia, Filemone e Bauci, abitavano in un piccolo villaggio della Frigia. I due sposi ospitarono cortesemente Zeus ed Ermes che viaggiavano in incognito per quelle zone e sino a quel momento non avevano trovato altro che corruzione ed inospitalità. ...A mille case bussarono, in cerca di un luogo per riposare; mille case sprangarono la porta. Una sola infine li accolse: piccola, piccola, con un tetto di paglia e di canne palustri, ma lì, uniti sin dalla loro giovinezza, vivevano Bauci, una pia vecchietta, e Filemone, della stessa età, che in quella capanna erano invecchiati, alleviando la povertà con l'animo sereno di chi non si vergogna di sopportarla... I due vecchietti si adoprarono di preparare per i loro ospiti quanto possedevano privandosi anche della loro unica oca e del pochissimo vino che possedevano. E qui i due vecchi si accorgono che il boccale, a cui si è attinto tante volte, si riempie da solo, che il vino da solo ricresce; turbati dal prodigio, Bauci e il timido Filemone son presi dal terrore e con le mani alzate al cielo si mettono a pregare, chiedendo venia per la povertà del cibo e della mensa. C'era un'unica oca a guardia di quella minuscola cascina, e loro erano pronti ad immolarla per quegli ospiti divini. Dopo aver consumato, nella capanna dei due vecchi che si amavano teneramente, un pasto molto povero, i due visitatori si fecero riconoscere e condussero con loro i due vecchi su una montagna, dicendo loro di guardarsi intorno. Filemone e Bauci videro allora tutto il paese sommerso dal diluvio, che aveva risparmiato la loro capanna, mutata in un bel tempio. Gustata la meraviglia dei vecchi, Zeus chiese loro di formulare un desiderio che sarebbe stato appagato subito.
..."Chiediamo d'essere sacerdoti e di custodire il vostro tempio;
e poiché in dolce armonia abbiamo trascorso i nostri anni,
vorremmo andarcene nello stesso istante, ch'io mai non veda
la tomba di mia moglie e mai lei debba seppellirmi".
Il desiderio fu esaudito: finché ebbero vita, custodirono il tempio. Ma un giorno mentre, sfiniti dallo scorrere degli anni, stavano davanti alla sacra gradinata, narrando la storia del luogo, Bauci vide Filemone coprirsi di fronde e il vecchio Filemone coprirsene Bauci. E ancora, quando la cima raggiunse il loro volto, fra loro, finché poterono, continuarono a parlare: "Addio, amore mio" , dissero insieme e insieme la corteccia come un velo suggellò la loro bocca. Ovidio Metamorfosi VIII. Bauci si mutò in un tiglio, e Filemone in una quercia.
FILIRA
Φιλύρα, figlia di Oceano e di Teti. Per sfuggire a Crono si trasformò in giumenta, ma fu ugualmente sedotta dal dio che trasformatosi a sua volta in cavallo la montò e generò il centauro Chirone.
Filira vedendo di avere generato una specie mai vista chiese a Zeus di trasformarla in un'altra specie: Zeus la mutò in tiglio (in greco philira).
Con Crono generò anche Dolope, eponimo dei Dolopi; e Afros eponimo degli Afri o Cartaginesi.
Fu lei ad allevare Achille nell'antro di Chirone.
FILLI o FILLIDE
1) Φυλλίδης, principessa sposa di Acamante che non vedendolo tornare alla fine della guerra di Troia, morì di crepacuore. Atena impietosita la mutò in Mandorlo.
Acamante che era stato solo trattenuto da un guasto alla nave arrivò all'indomani e non poté fare altro che abbracciare l'albero che per contraccambiare le carezze fece uscire dai rami spogli i suoi bellissimi fiori.
2) Figlia di Licurgo. Quando Demofonte approdò nella terra dei Traci Bisalti, Fillide figlia del re, si innamorò di lui: Demofonte la sposò ed ebbe in dote il regno.
Ma il tempo passava e Demofonte fu preso di nostalgia per la patria; allora decise di rientrare nella sua terra.
Fillide pianse a lungo e Demofonte giurando di essere di ritorno entro una certa data, parti. Fillide, accompagnandolo fino al porto (Enneodo), gli consegnò un cofanetto contenente un amuleto sacro della Madre Rea, che avrebbe dovuto aprire solo nel caso in cui avesse perso ogni speranza di tornare da lei.
Demofonte arrivò a Cipro e vi si insediò. Passato il tempo stabilito, visto che non aveva fatto
rientro, Fillide maledì Demofonte e si uccise.
A sua volta, Demofonte aprì il cofanetto e subito fu assalito da un folle panico, montò a cavallo e si lanciò al galoppo all'impazzata, finché il suo cavallo inciampando non disarcionò Demofonte che cadde sulla propria spada e morì.
... Ho deciso di riscattare il mio pudore giovanile, con una morte opportuna.
Indugerò ben poco nella scelta della morte.
Tu sarai indicato sulla mia tomba come l'odioso responsabile e sarai ricordato per questo epitaffio o per uno simile: "Demofoonte causò la morte di Fillide, lui, suo ospite, fece morire lei che lo amava; egli fornì la causa della morte, lei la mano"
Ovidio, Eroidi - Fillide a Demofoonte.
FILODAMEA
Φιλοδάμεια, una delle danaidi, con Ermes generò Faride.
FILODICE
Φυλοδίκη, figlia d'Inaco, moglie di Leucippo, madre di Ilario e di Febea.
FILOMELA
Φιλομήλα, figlia di Pandiòne re d'Atene e di Zeusippe e sorella di Procne.
Procne aveva sposato Terèo re di Tracia dal quale aveva avuto un figlio, Iti.
Volendo rivedere la sorella alla quale era molto attaccata pregò il marito affinché si recasse ad Atene a prendere la sorella.
Terèo accontentò il desiderio della moglie e andò a prendere Filomela ma durante la strada del ritorno si invaghì della giovane, la violentò e le tagliò la lingua in modo che non potesse denunciarlo.
Arrivato in terra Tracia, Terèo rinchiuse la ragazza in una stalla lontana dalla corte.
Filomela riuscì a far pervenire, e quindi a raccontare, alla sorella con un ricamo quanto le era capitato.
Allora Procne d'accordo con Filomela, ucciso il figlio Iti, lo servì come pasto a Terèo e alla fine del banchetto, dopo aver mostrato al marito la testa del figlio, fuggì con la sorella.
Terèo, superato il primo momento di sgomento e orrore, si armò e corse all'inseguimento delle due sventurate, ma quando stava per raggiungerle gli dèi mutarono i tre in uccelli: Terèo fu mutato in ùpupa inseguendo senza sosta la sposa gridando: "ποῦ? ποῦ?', (in greco: "Dove? Dove?"), Filomela in rondine e Procne in usignolo che nella sua forma alata piange sempre il figlio ucciso con le sue stesse mani, nel grido onomatopeico "Iti! Iti!"
...con la spada sguainata insegue le figlie di Pandìone.
Ma i corpi delle due donne sembrano alzarsi in volo: si alzano in volo.
Una si dirige verso il bosco; l'altra s'infila sotto il tetto, e dal suo petto scomparse non sono oggi ancora le tracce della strage: macchia il sangue le sue piume.
Tereo, travolto dal dolore e dalla sete di vendetta, si trasforma in un uccello che ha una cresta dritta sul capo e un becco smisurato che si protende lungo come una lancia.
Upupa è il nome di questo uccello; a vederlo sembra armato.
Ovidio, Metamorfosi VI, 426 ss..
FILONIDE
Φιλωνίδης, madre del dio Priapo, figlia dell'oceanina Calliroe e del fiume Nilo, che fu stuprata da un contadino e poi trasferita in cielo, dando origine alla neve ecco perché la neve è nemica dei contadini.
FILOTE
Φῐλωτίς, personificazione della Tenerezza.
FILOTTETE
Φῐλοκτήτης, figlio di Peante e Metone (o Demonassa), Filottete, in cambio dell'arco di Eracle, fu l'unico che osò accendere la pira dell'eroe per concedergli la tanta desiderata morte.
Il mito di Filottete, nelle sue molteplici versioni, è strettamente legato alle vicende della guerra di Troia, nella quale alla guida degli Eniani, con sette navi, si unì alla spedizione.
Morso a un piede da un serpente durante un sacrificio a Apollo, a causa dell'aggravarsi della ferita, che si era infettata ed emanava un puzzo insopportabile, venne abbandonato dagli achei nell'isola di Lemno.
Qui rimase dieci anni, finché i compagni vennero a riprenderlo, seguendo l'oracolo di Calcante, secondo cui la presenza di Filottete sarebbe risultata decisiva per le sorti della guerra.
Giunto a Troia, uccise Paride con una freccia, subito prima della caduta della città.
Si diceva anche che il serpente gli fosse stato inviato contro dalla Ninfa Crise, che innamoratasi di lui, era stata respinta.
Un'altra versione narra che fu lui stesso a ferirsi accidentalmente, pungendosi con una delle frecce di Eracle: era la punizione per avere violato la promessa fatta a Eracle in punto di morte, di non dire a nessuno il luogo di sepoltura dell'eroe.
La leggenda di Filottete, conobbe numerose elaborazioni, tra le quali quelle di Omero, Eschilo, Sofocle ed Euripide.
FINEO
Φῑνεύς, due personaggi:
1) Re di Salmidesso, nella Tracia, venne privato dagli dèi della vista per avere, a sua volta, accecato i figli in seguito a una falsa accusa rivolta loro dalla matrigna Idea. Divenne un famoso indovino.
Fu perseguitato dalle Arpie che a ogni pasto gli strappavano il cibo di bocca e insozzavano la tavola con i loro escrementi.
Era Zeus a inviarle, perché Fineo aveva osato svelare ai mortali il sacro pensiero del signore dell'Olimpo. A liberarlo dai mostri furono gli Argonauti.
2) Zio e promesso sposo di Andromeda, pietrificato dalla vista della testa di Medusa mostratagli da Perseo.
FIORE DI ZEUS
Miracolosa erba in grado di resuscitare i morti. Grazie ad essa, Tilo e Damaseno riacquistarono la vita.
FISCOA
Φυσϰόας, ninfa amata da Bacco che la rese madre di Narcèo, che per primo introdusse ad Elea il culto del padre suo.
FITALO
Φύταλος, eroe attico che ospitò Demetra. Presiedeva alla piantagione del fico, avuto in dono dalla dea per ricambiarlo dell'ospitalità avuta.
FLEGETONTE
Φλεγέϑων, fiume infernale le cui acque erano fiammeggianti ed alimentavano la lava dei vulcani.
Era il luogo di dannazione dei parricidi e matricidi.
Per via delle sue acque fiamme fiammeggianti era chiamato anche Piriflegetonte.
FLEGIAS
Φλεγύας, figlio di Ares e di Crise, incavolato con Apollo perché gli aveva violato la figlia Corònide rendendola madre di Asclepio, incendiò il tempio dedicato al dio a Delfi. Apollo per vendicarsi lo uccide e lo precipita nell'Ade dove lo condanna a stare incatenato sopra una rupe.
FLIA
Φλίας, figlio di Dioniso e dia Arianna, era uno degli argonauti.
FLIANTE
Φλείας, figlio della ninfa Aretirea e di Dioniso, partecipò alla spedizione degli Argonauti: «e poi Fliante si aggiunse a essi, venuto da Aretirea, ove ricco viveva, per volontà di Dioniso suo padre, presso le fonti dell'Asopo» Apollonio Rodio 1,115-117).
FREATTO
Φρεαττύς, luogo del Pireo dove si svolgevano i processi contro gli esuli accusati di omicidio, con i giudici sulla riva e l'accusato su una barca.
FRINE
Φρύνη, originaria di Tespia (in Beozia) fu modella di Prassitele e sua amante. Forse fu anche modella di Apelle per la realizzazione del quadro di Venere Anadiomene.
Fu ritratta dallo scultore in due statue (una era la Venere di Cnido.), per la cui dedica fu accusata di empietà e difesa nel celebre processo dall’oratore Iperide che ottenne l'assoluzione semplicemente col mostrarla ai giudici del tutto nuda.
FRISSO
Φρίξος, figlio di Atamante e di Nefele. Per la sua storia si veda Atamante, Nefele e Vello d'oro.
FOBO
Φόβος, personificazione dello Spavento, figlio di Ares e di Afrodite.
Fratello di Deimo personificazione della paura.
Accompagnava sempre Ares nelle sue azioni di devastazione.
Fatto molto insolito e strano è che una divinità del genere avesse culto.
Ma, più strano ancora è che ebbe realmente culto, e lo ebbe a Sparta sicuramente perché tale città era votata alla guerra.
FOBOS
Uno dei cavalli del Carro Solare.
FOCO
1) Φῶκος, figlio di Ornizione, fu il fondatore della colonia Titorea nella regione della Focide che da lui prese il nome. Comunemente era ritenuto figlio di Poseidone.
2) figlio di Psamate e di Eaco. Fu ucciso per gelosia dal fratello Telamone con la complicità di Peleo, anch'esso fratello della vittima (bella famigliuola).
FOLO
Φόλος, centauro figlio di Sileno, tra i centauri più violenti era uno dei principali del monte Foloe, in Arcadia; ospitò Eracle mentre si recava alla caccia del cinghiale di Erimanto.
Piritoo figlio di Zeus e di Dia, litigò coi Centauri per l'eredità di Issione. Essendo poi cessato ogni motivo di lite in occasione del suo matrimonio con Ippodamia, volle volle invitare alle nozze anche i Centauri. Nel banchetto venne stappato un orcio di vino, e i Centauri, ubriacatisi, tentarono di rapire la sposa. Ne seguì una rissa in cui i Centauri furono uccisi o messi in fuga; Folo, che aveva aiutato Eracle, si punse però con la punta avvelenata di una delle sue frecce che aveva estratto da un cadavere e morì all'istante.
FORBANTE
Φόρβας, eroe tessalo, re dei Lapiti, dopo svariate migrazioni, naufragato nell'isola di Rodi, la liberò dai serpenti che la infestavano e vi si stabilì.
Per questa sua impresa, Apollo lo mise in cielo nella costellazione del Serpentario.
FORCHI o FORCO
Φόρκος, mostro marino dio marino figlio di Ponto o di Poseidone e di Gea. Sposò la sorella Cheto ed ebbe per figli: Toosa che da Poseidone fu resa madre di Polifemo, le Graie, le Gorgoni, e il serpente Ladone e secondo alcuni mitografi anche le Esperidi, le Sirene, Echidna e molto probabilmente anche Scilla (che la buona sorte ci scansi da una bella famigliola come questa). Poseidone lo avrebbe posto a capo dei Tritoni.
FORONEO
Φορωνεύς, il primo uomo della stirpe pelasgica, figlio di Inaco e della ninfa Melia figlia di Oceano.
Foroneo, regnò sul territorio che poi fu chiamato Peloponneso, sposò la ninfa Teledice e ebbe i figli Apis e Niobe (non va confusa con la figlia di Tantalo).
Apis governò da vero tiranno e diede alla regione del Peloponneso il nome di Apia; ma il suo governo era duro e violento, allora Telsione e Telchino cospirarono contro di lui e lo uccisero.
Dopo la sua morte fu venerato come dio, col nome di Sarapide.
Intanto Zeus invaghitosi di Niobe, la concupì e dalla loro unione nacquero i figli Argo e Pelasgo: dal suo nome, gli abitanti del Peloponneso vennero chiamati Pelasgi.
Argo prese il potere e chiamò con il suo nome l'intero Peloponneso.
Il nome di Foroneo significa:"Il portatore o il benefico", protettore e benefattore degli uomini, così come Prometeo, insegnò agli uomini l'uso del fuoco (a Argo si diceva che era stato lui e non Prometeo, a donare il fuoco agli uomini).
Fu venerato come l'iniziatore della cultura di quel paese e dell'ordinamento civile e religioso degli Argivi, e fondatore del culto di Era sul monte Eubea.
Un catalogo di invenzioni, attribuisce a Foroneo l'invenzione dei tribunali.
Fu il primo tra gli uomini ad avere un regno, prima gli uomini vivevano senza città e senza leggi.
Foroneo ebbe da Zeus il compito di regnare, come premio perché era stato il primo a compiere sacrifici per Era sul monte Eubea.
Secondo la leggenda, era fratello della sacerdotessa Io, tramutata in vacca dalla dea Era, gelosa delle attenzioni di Zeus.
FTIA
1) Φθία, ninfa che Apollo la rese madre di Doro, Laodoco e Polipete.
2) Φθία, territorio della Grecia.
3) Φθία, una delle figlie di Niobe.
4) Φθία, città della Tessaglia in prossimità del fiume Apidanos.
5) Φθία, concubina di Amintore padre di Fenice.