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ÈACE

Αἰάκης, o Oiace, figlio di Nauplio e Climene, fratello di Palamede che, quando quest'ultimo fu lapidato durante l'assedio di Troia, inviò la triste notizia al padre incidendola su di un remo che affidò alle onde (efficacissimo sistema di comunicazione a distanza). Fu lui che mentendo (per vendicare la violenza subita dal fratello) disse a Clitennestra che il marito stava portandole in casa Cassandra come concubina.

ÈACO

Αἰᾰκός, figlio di Zeus e di Egina e re di Egina. Per la sua pietà era molto caro agli dèi. Quando una pestilenza aveva distrutto la popolazione dell'isola, pregò gli déi perché lo aiutassero e questi mutarono in uomini una colonia di formiche (in greco Mirmex). Così nacque la razza dei Mirmidoni.
In seguito Eaco sposò Endeide, figlia di Scirone, e dalla loro unione nacquero i figli Peleo e Telamone.
C'è chi sostiene che Telamone non era figlio di Eaco ma solo amico di Peleo.
Adesso io mi chiedo come abbia fatto e a questo non so rispondermi, ma pare che Eaco si sia unito a Psamate, figlia di Nereo, che si era tramutata in foca per sfuggire al suo amore; come fu, come non fu, da essi nacque il figlio Foco.
Dopo la sua morte Èaco, per volere di Zeus, ricevette le chiavi dell'Ade e divenne giudice delle anime dei morti assieme a Minosse e Radamànto.

Ebe
Ebe

ÈAGRO

Οἴαγρος, era un antico re della Tracia, o forse un dio-fiume della stessa regione; sposò Calliope e divenne padre di Orfèo, di Lino (c'è il sospetto che il vero padre fosse Apollo) e secondo alcuni miti, anche di Marsia.

EBE

Ἥβη, poco conosciuta figlia di Zeus e di Era; dea della giovinezza eterna e della forza vitale, secondo Omero, coppiera degli dei, data in sposa a Eracle dopo che era stato assurto in cielo. Con Eracle generò Alessiare e Aniceto. Dai Romani fu assimilata alla loro Juventa o Juventus .

EBOTA

Οἰβώτας, fu il primo corridore olimpionico di stirpe achea. Quando vinse le gare ad Olimpia, dagli achei non gli fu tributato nessun onore, per questo Ebota lanciò la maledizione che nessun acheo ottenesse mai più una vittoria olimpica. La sua maledizione fu ascoltata da un dio che fece in modo che ciò si realizzasse. Gli achei disperati perché non riuscivano ad avere corone olimpiche mandarono ad interrogare l'oracolo di Delfi e saputa la causa mandarono una delegazione a Olimpia peer rendere onore all'immagine di Ebota. Allora gli achei onorarono Ebota con una statua che riportava la seguente dedica: “Οἰνία Οἰβώτας στάδιον νιϰῶν ὅδ᾽ Ἀχαιοῖς πατρίδα Πάλειαν ϑῆϰ᾽ ὀνομαστοτέραν», e accadde che il corridore Sostrato di Pellene ottenne una vittoria. Divenne un'usanza per tutti gli atleti achei di fare dei sacrifici a Ebota prima di ogni gara olimpica (Pausania, VI, XVII, 7).

ECAÈRGO

ἑκάεργος, (Colui che agisce da lontano) Epiteto di Apollo e di Artemide.

ECALE

Ἐκάλη, personificazione del demo omonimo situato in Atene, protagonista del mito d'origine del culto di Zeus Ecaleo. Ecale era una vecchia che aveva ospitato Teseo in casa sua e aveva compiuto sacrifici propiziatori a Zeus perché egli avesse la meglio sul Minotauro. Teseo, dopo aver ucciso il mostruoso essere, tornò da Ecale per ringraziarla e, trovatala morta, fondò in suo onore il culto di Zeus Ecaleo.

ECALÈSIE

Ἐκαλῆσιν, feste istituite da Teseo in onore di Ecale.

ECATE

Ecate
ecate

Ἑκάτη, divinità infernale originaria dell'Asia Minore, venerata poi in Grecia in un culto trinitario con Artemide e con Demetra.

Secondo Esiodo (Teogonia 411-452), figlia di Perse e Asteria (nel resto della tradizione poetica la dea è considerata figlia di Zeus, o del Tartaro, o di Aristeo.), era signora del regno infero, delle evocazioni, degli incantesimi e dei fantasmi. I suoi simulacri venivano eretti nell'interno delle case, alle porte delle città, nei trivii e nei quadrivii da ciò le derivò anche l'appellativo di Trivia.

Le furono dedicati templi a Egina, ad Argo, a Samotracia e in moltissime città dell'Asia Minore.

Gli Ateniesi le eressero una statua sull'Acropoli. Era detta triforme e come tale veniva spesso rappresentata (con tre teste e tre corpi), appunto per ricordare le sue tre attribuzioni: celeste, (Artemide), terrestre (Demetra) e ctonia (Ecate). Col nome di Protirea aiutava od opprimeva le donne nel parto.

Esiodo dedica una consistente sezione dell' "Inno a Ecate", sul quale sembra però gravare il sospetto di un'interpolazione più tarda di origine orfica -, dove la dea risulta oggetto di una particolare venerazione, paragonabile a quella delle Muse.

Ecate.
Ecate.

Ecate viene descritta come dea che sovrintende ai giovani e che esplica la sua funzione in tutti e tre i regni (il cielo, la terra e il mare), recando la felicità ai suoi devoti in tutte le attività della vita quotidiana. Ma la sua identità divina acquistò presto una connotazione mistica e notturna testimoniata già nell'Inno omerico a Demetra e poi nei tragici , tanto da essere affiancata alla coppia Demetra-Persefone, e poi identificata con Artemide nella sua veste di dea lunare.

In era tarda fu adorata da maghi e streghe, che le sacrificavano agnelli e cani neri.

Nelle raffigurazioni artistiche, appare spesso con tre corpi o con tre teste e con serpenti attorcigliati al collo, sui trivii stavano i suoi simboli, tre maschere di legno su un palo o una statua triforme.

Nonostante le apparenze, Ecate era benigna ed assisteva e contentava chi la invocava; "da Dia Cronide è sovra tutti onorata: le largì egli splendidi doni e la sorte della terra e dello sterile mare. Anche sul cielo stellato ella è stata fatta partecipe di onori, ed è stimata grandissimamente dagli dei immortali" (Esiodo, Teogonia, 411 e segg.).

ECATOMBE

ἑκᾰτόμβη, significa sacrificio di cento buoi (o altri animali), ma generalmente si limitava a uno soltanto.

ECATONCHIRI

Ἑκατόγχειρες, equivalente di Centìmani, erano i giganti con cinquanta teste e cento braccia, figli di Urano e Gea, essi erano: Briarèo, Còtto e Gige. Rinchiusi nel Tartaro da Crono, furono liberati da Zeus che cercava alleati per la sua lotta contro i Titani.

Dopo averli sconfitti Zeus affidò a loro la custodia dei Titani.

ECECHIRIA o EKECHEIRIA

Ἐχεχειρία, questa divinità nacque a Olimpia verso il 776 a.C. quando vi furono istituiti i giochi sacri e quindi la necessità per gli atleti di muoversi su tutto il territorio greco senza danno subire. Ecechiria personificava la tregua sacra e la pace divina che garantiva il salvacondotto a chi partecipava alle gare olimpiche.

ECHEMO

Ἔχεμος, figlio di Aeropo, in singolar tenzone uccise Illo figlio di Eracle.

ECHÈO

ηχεῖον, vaso di bronzo a forma di campana. Serviva ad amplificare la voce degli attori e per questo veniva posto insieme a tanti altri, secondo regole precise, lungo le gradinate dei teatri (pur non avendo aggeggi elettronici, gli antichi riuscivano benissimo a far sentire la voce a distanza). Prende il nome dal suo uso (eco).

ECHIDNA

Ἔχιδνα, (La vipera) Mostro, donna nella parte superiore e serpente nella parte inferiore. Figlia di Crisaore, moglie e madre di Tifone e della maggior parte dei mostri della mitologia classica.

Dalla sua unione con Tifone, generò una serie di mostri orripilanti quali:
l'insonne dragone che custodiva il vello d'oro, il drago che faceva da guardia ai pomi delle Esperidi, Scilla, Cerbero, la Chimera, l'Idra di Lerna il cane Ortro che unitosi alla madre generò la Sfinge e il leone Nemèo e anche l'aquila che straziava Prometeo.

Fu uccisa nel sonno da Argo. in una cava spelonca: la diva scaltrissima Echidna, che Diva è per metà, bella guancia con occhi fulgenti, e per metà serpente terribile, orribile, immane, versicolore, vivace, nei bàratri immensi di Gèa. Una spelonca ha qui, sottessa una concava roccia, lungi dai Numi immortali, dagli uomini nati a morire: l'inclita casa a lei qui prescrissero i Numi immortali. Ma ella riparò sotterra, fra gli Arimi, Echìdna, la luttuosa, Ninfa che mai non invecchia né muore. (Esiodo Teogonia 295 ss).

ECHINADI

Ἐχινάδες, erano delle ninfe che in un sacrificio di dieci buoi offerto agli dèi dei boschi e delle acque, si dimenticarono di Achelòo, che per questo le mutò in isole quelle che oggi si chiamano Strofadi. In queste isole Poseidone dopo averla rapita ci condusse la ninfa Ippotoe che si sgravò di Tafio.

ECISTA

Οἰκιστής, al tempo della colonizzazione greca, colui che, guidando un gruppo di cittadini, fondava una città e ne redigeva la costituzione. Egli veniva scelto dagli altri coloni e doveva interpellare l'oracolo per conoscere il luogo propizio alla fondazione.

Dopo la morte era onorato con il culto attribuito agli eroi.

Per le città antiche, l'ecista era generalmente identificato con un personaggio mitico; in epoca ellenistico-romana, gli ecisti erano in genere i sovrani, e il titolo divenne anche semplicemente onorifico.

Alcuni esempi di ecista: Epafo fondatore di Menfi; Archelao fondò Ege; Endimione fondò Elide; Sisifo fondò Efira; Neleo fondò Pilo; Mileto fondò Mileto dal suo nome. E qua fermo la divagazione di quest'elenco.

ECO

Eco e Narciso (William Waterhouse)
Eco e Narciso (William Waterhouse)

Ἠχώ, ninfa dei boschi e delle sorgenti. Con Pan generò Lince. Dotata di grande parlantina Zeus, si serviva di lei per trattenere la gelosa Era, ogni volta che s'incapricciava di qualche donna. Tutte le volte che Era avrebbe potuto sorprendere sui monti le ninfe stese in braccio a Zeus, Eco astutamente la tratteneva con lunghi discorsi per dar modo alle ninfe di fuggire. Quando Era si accorse dell'inganno le disse:«Di questa lingua che mi ha ingannato»,disse, «potrai disporre solo in parte: ridottissimo sarà l'uso che tu potrai farne».

Eco innamoratasi di Narciso non potendogli dire dell'amore che provava, gli ripeteva sempre le ultime sillabe delle parole da lui pronunciate.

Narciso stanco di quel fatto fuggì e non si fece più vedere.

Eco dalla disperazione di averlo perduto, si mise a cercarlo e non trovandolo dal dolore si lasciò morire e di lei restò solo la voce.

Gli dèi impietositi la mutarono in roccia.

Lui fugge e fuggendo: «Togli queste mani, non abbracciarmi!» grida. «Possa piuttosto morire che darmi a te!». E lei nient'altro risponde che: «Darmi a te!». Respinta, si nasconde Eco nei boschi, coprendosi di foglie per la vergogna il volto, e da allora vive in antri sperduti. Ma l'amore è confitto in lei e cresce col dolore del rifiuto: un tormento incessante le estenua sino alla pietà il corpo, la magrezza le raggrinza la pelle e tutti gli umori del corpo si dissolvono nell'aria. Non restano che voce e ossa: la voce esiste ancora; le ossa, dicono, si mutarono in pietre. E da allora sta celata nei boschi, mai più è apparsa sui monti; ma dovunque puoi sentirla: è il suono, che vive in lei.. (Ovidio, Metamorfosi III).

ECUBA

Ἑκάβη, sposa di Priamo, re di Troia, e madre di Ettore, Paride, Cassandra e altri sedici figli. Dopo la caduta della città, che segnò la fine della guerra di Troia, e la morte di Priamo, Ecuba ormai anziana venne fatta prigioniera dai greci (esattamente da Ulisse); intorno al suo destino si svilupparono varie vicende narrate nelle tragedie di Euripide (Ecuba 1259 ss.).

Secondo una di queste, Ecuba assistette all'assassinio della figlia Polissena e scoprì che il più giovane dei suoi figli, Polidoro, affidato al re del Chersoneso, Polimestore, durante l'assedio di Troia era stato ucciso sulla costa della Troade. Per vendicarlo, Ecuba strappò gli occhi al re e uccise i suoi figli.

In un'altra tragedia, Troiane, venne destinata in schiava a Ulisse e assistette all'uccisione del nipote Astianatte. Quanto alla sua morte, esistono tre differenti versioni: fatta prigioniera, per la disperazione si gettò nell'Ellesponto (odierni Dardanelli); morì per i maltrattamenti dei suoi rapitori; fu trasformata in una cagna, ed Eleno la seppellì, nel luogo che fu chiamato "Tomba della cagna".

Quando cadde Troia, Ecuba cercò invano di difendere la vita dell'ultima figlia legittima, la bella Polissena, affidandola ad Enea benché ella lo conoscesse come traditore. Come all'inizio della guerra, però, i Greci non potevano ripartire,ma ora non per la bonaccia ma per le tempeste; e Calcante disse che per placare gli dèi era necessario sacrificare Polissena. Antenore riuscì a sottrarla ad Enea e la vergine fu uccisa, come era già avvenuto ad Ifigenia. Allora Ecuba impazzì e si trasformò in cagna o, secondo la versione razionalizzata accolta dai poeti medievali che si occuparono di Troia, fu lapidata dai Greci.

EDIPO

edipo ed Euforbo
Euforbo ed Edipo

Οἰδίπους, figlio di Giocasta e di Laio re di Tebe. L'oracolo di Delfi aveva previsto a Laio la morte per mano di un figlio, al che il re fece di tutto per non averne.

Ma il Fato, che non può essere ingannato, gli fece il brutto tiro di farlo ubriacare, in quelle condizioni Laio prese Giocasta e la mise incinta. Quando la donna partorì il re memore del vaticinio prese il bimbo, gli fece bucare e legare i piedi e lo espose sul monte Citerone.

Il pecoraio Euforbo, trovò il bimbo e lo portò al suo re, Polibo. Questi con la moglie Peribea non avendo figli lo allevarono come suo, e lo chiamarono Edipo.

Il giovane crebbe sano e forte alla corte di Corinto, finché non ebbe delle allusioni circa la sua origine, allora egli andò a consultare l'oracolo di Delfi che gli disse che avrebbe ucciso il padre e sposato la madre. Edipo, allora decise di non tornare più a Corinto per non fare offesa a Polibo e Peribea, che credeva suoi genitori.

Edipo e la Sfinge
Edipo e la Sfinge

Nel suo vagabondare in una strettoia incontra Laio, siccome il sentiero non permetteva il passaggio del carro del re e del giovane Edipo, l'araldo chiese al giovane di farsi da parte. Edipo che non era per niente umile fece finta di non sentire e continuò a camminare, finì che un cavallo gli pesto un piede e Laio diede una frustata al giovane insolente che non gli aveva ceduto il passo.

Edipo dalla rabbia ammazzo Laio e l'araldo e continuò a vagabondare senza meta.

Intanto a Tebe, Creonte fratello di Giocasta aveva preso temporaneamente il trono, aveva promesso il regno e la mano della sorella a chi sarebbe riuscito a sconfiggere la Sfinge che opprimeva il regno.

Edipo che aveva udito il bando si presentò alla Sfinge, ascoltò l'indovinello e lo risolse. Per il dispiacere la Sfinge si suicidò e Tebe fu salva.

Acclamato dal popolo Edipo sposò Giocasta senza sapere che era sua madre. Ma gli dèi indignati mandarono una pestilenza a Tebe, allora fu interrogato nuovamente l'oracolo che rispose che solo scacciando l'assassino di Laio tutto si sarebbe risolto.

Edipo
Edipo e la Sfinge

Edipo ordinò delle ricerche ma non approdando a niente chiamò a corte Tiresia, indovino che sapeva le cose future e passate. L'indovino tergiversava per paura, ma messo alle strette indicò Edipo quale assassino del padre Laio.

Edipo e Giocasta non volevano credere a quanto detto, ma davanti a delle prove inconfutabili dovettero ricredersi, allora Giocasta dalla vergogna s'impiccò e Edipo presa una spilla dalle vesti di lei si accecò. Scacciato da Tebe e perseguitato dalle Erinni, partì per l'esilio accompagnato dalla figlia Antigone.

Dopo tanto girovagare giunse a Colono in Attica, dove finalmente le Erinni smisero di tormentarlo.

Edipo, sotto lampi e tuoni discese negl'inferi, pianto dalla figlia Antigone.

La sua tomba divenne un luogo di rifugio inviolabile.

EDONA

Ἠδωνα, Questo mito è tramandato da A. Liberale, nelle Metamorfosi, XI.

Figlia di Pandareo (quello che aveva ottenuto da Demetra il dono di non avere mai lo stomaco appesantito, qualunque fosse la quantità di cibo da lui ingerita). Pandareo abitava dalle parti di Efeso, là dove, vicino alla città, si trova una rupe scoscesa. Edona, sposò Politecno, falegname di Colofone di Lidia. La coppia visse per molto tempo in felice unione ed ebbe un solo bambino, Itilo.
Fintantoché onorarono gli dèi furono felici, ma un giorno sfuggì loro l'insolente frase che si amavano più di Era e Zeus. Era ne fu offesa e inviò Eris, che suscitò fra gli sposi la discordia (mai suscitare l'invidia degli dei). Politecno era impegnato a costruire il cassone di un carro mentre Edona a tessere una tela: i due decisero che chi avesse finito per primo il proprio lavoro avrebbe ricevuto un servo dall'altro. Edona finì per prima di tessere la sua tela, anche perché Era le aveva concesso il suo aiuto. Umiliato dalla vittoria della moglie, Politecno si recò da Pandareo e finse di essere stato inviato da Edona per invitare la sorella Chelidona. Pandareo non sospettò alcuna malvagia intenzione e gli affidò la figlia.

e qua si ripete la storia di Tereo e Procne.

Sulla strada del ritorno, Politecno disonorò la giovane in un bosco, le diede vestiti mascolini, le tagliò i capelli e la minacciò di morte se avesse rivelato a Edona quel che era successo. Giunto a casa, consegnò a Edona la sorella come se fosse la serva che le doveva. Edona la colmò di lavoro, ma un giorno che era andata con la brocca a una fonte la piccola Chelidona diede sfogo al suo dolore. Edona sentì i lamenti, riconobbe e abbracciò la sorella e con lei meditò come vendicarsi di Politecno. Tagliarono a pezzi il piccolo Itilo, misero le sue carni in un paiolo e le fecero cuocere. Poi Edona fece dire da un vicino a Politecno di gustare quella pietanza e se ne fuggì con la sorella dal padre Pandareo al quale rivelò le sofferte disgrazie. Politecno capì che aveva mangiato la carne del figlio e inseguì le donne fin dal suocero. Dato che cercava di oltraggiare la famiglia del loro padrone, i servi di Pandareo lo presero e lo legarono con solide funi, poi lo cosparsero di miele e lo gettarono nell'ovile. Le mosche sciamavano su Politecno e lo straziavano: Edona, colta da pietà al ricordo del loro antico amore, scacciò gli insetti. I genitori e il fratello se ne accorsero, ne furono indignati e volevano ucciderla. Ma prima che un dolore ancor più grande s'abbattesse sulla famiglia di Pandareo, Zeus ebbe pietà e trasformò tutti in uccelli, di cui alcuni presero il volo verso il mare e altri verso il cielo. Fu così che Pandareo divenne un'ossifraga e la madre di Edona un martin pescatore. Essi vollero precipitarsi a mare ma Zeus lo impedì e fece di loro uccelli che sono di buon augurio ai marinai. Politecno fu trasformato in picchio perché Efesto gli aveva donato un'ascia quando era falegname: il picchio è infatti di buon augurio per i falegnami. Il fratello di Edona divenne un'upupa, di buon augurio per i viaggiatori di mare e di terra, specie quando appare in compagnia dell'ossifraga e del martin pescatore. Quanto a Edona, ella piange il figlioletto Itilo presso i torrenti e le macchie boscose. Chelidona vive invece in compagnia degli uomini, secondo la volontà di Artemide: nel momento in cui infatti era stata violentemente privata della sua verginità ella non aveva cessato di chiamare Artemide in suo aiuto.

EEA

1) Ἠοίη, isola della costa tirrenica che prendeva nome dalla maga Circe (o Eea), poi unita alla terraferma e detta Monte Circeo. Gli Argonauti giunsero a Eea da Circe come supplici per essere purificati dell'assassinio di Apsirto (fratello di Medea). Per quanto riguarda quest'isola Igino fa confusione dandola a volte come isola di Calipso e altre volte isola di Circe.

2) Ἠοίη, città della Colchide governata da re Eeta (fratello di Circe, e padre di Medea), in cui era custodito il vello d'oro riportato in Grecia dagli Argonauti.

EERIA

Ἠερίης, tenerissima figura femminile, figlia di Tectafo, ma nel medesimo tempo la si può definire madre del padre, in considerazione al fatto che quando questi fu rinchiuso in una grotta e condannato a morire di fame, Eeria che aveva di poco partorito lo andava a trovare tutti i giorni (o si fece rinchiudere con lui) e lo allattava salvandolo così dall'atroce destino. La notizia giunse al re che commosso lo graziò. Ciò non valse a dare lunga vita al padre in quanto poco tempo dopo cadde in battaglia e la sventurata Eeria presa da grande dolore si suicidò alla maniera di Aiace buttandosi su una spada assassina.

EÈTA

Αἰήτης, fu padre di Medea. Re della Colchide (Antica regione sulla costa orientale del Mar Nero, a sud del Caucaso, attualmente parte della repubblica della Georgia), Frisso col suo ariete dal vello d'oro giunse alla corte di Eeta, che lo accolse e gli diede in sposa la figlia Calciope.

Per ringraziamento Frisso sacrificò l'ariete a Zeus e donò la pelle dorata al re che la pose in una quercia nel bosco sacro ad Ares.

Si narrava che nelle stanze d'oro del suo palazzo di notte andavano a riposare i raggi del sole.

EFÈBO

Efebo detto Narciso
Efebo detto narciso

Ἔφηβος, con questo nome nell'antica Grecia si designavano, (dal IV sec.), i giovani che a 18 anni venivano presentati dai loro padri ai demoti per essere iscritti nelle liste della leva militare e in quella dei cittadini. Gli Efèbi dopo la sottoposizione alla docimasia (un esame) che prevedeva anche una visita somatica.

In base alla provenienza venivano inviati in un efebeo dove venivano impartite lezioni di educazione fisica, di letteratura, di filosofia e musica. Trascorso un anno venivano loro consegnati uno scudo e una lancia e quindi inviati nelle caserme di confine per il periodo di 12 mesi completando così l'educazione bellica.

Gli Efèbei durano fino a tarda età imperiale, subendo grandi trasformazioni.

Negli Efèbei furono accettati anche stranieri, i maggiori Efèbei erano a: Atene, Argo, Cipro, Efeso, Rodi, Sparta e Tebe.

L'Efèbia raffigurò il tipo ideale di uomo greco nel corpo e nello spirito e in particolare nella bellezza del fisico interpretata come espressione di quella interiore.

Per questo fu soggetto frequente della scultura e della pittura in età classica ed ellenistica.

EFESTO

Efesto
Efesto

Ἥφαιστος, dio del fuoco, fabbro, inventore e artefice geniale e progenitore della moderna robotica.

Abilissimo artefice dei palazzi dell'Olimpo e di tanti altri oggetti e automi meravigliosi.

... opere egregie agli uomini apprese, che prima vivevano in antri, sui monti, simili a fiere... (XX Inno omerico a Efesto)

Contrariamente agli altri dèi, Efesto era brutto, deforme e zoppo. I Romani lo identificarono con Vulcano. L'origine di questo dio è alquanto controversa, dato che alcuni lo vogliono come figlio della sola Era.

(Era poi generò, né d'amore fu l'opera, Efèsto; - e con lo sposo ne fu contesa, con grave furore - ch'abile fu nell'uso dell'arti su tutti gli Urani. - Esiodo Teogonia) senza collaborazione maschile, poiché ingelosita dal fatto che Zeus senza la partecipazione femminile, aveva generato Atena; ma questo fatto non è possibile in quanto così Efesto sarebbe nato dopo di Atena, allora c'è da chiedersi come Efesto abbia potuto fare da ostetrico dato che fu lui a spaccare la testa di Zeus per consentire la nascita di Atena.

Comunque sia, ritorniamo alla generazione da parte di Era e diciamo subito che questo figlio generato senza contributo maschile non aveva il giusto quantitativo degli ingredienti per questo nacque debole deforme e zoppo.

Efesto
Efesto

La grande dea madre???! non volendo un figlio deforme lo precipitò dall' Olimpo e il povero diseredato finì in mare dove lo accolse Teti che lo curò amorevolmente.

Efesto grato la ricambiava facendogli dono delle sue meravigliose opere d'arte quali gioielli che realizzava con immensa maestria. Era, che apprezzava parecchio i gioielli e saputo che tali meraviglie erano opere del figlio, lo chiamò sull'Olimpo.

Efesto vi andò ma dopo qualche tempo per vendicarsi della madre le costruì un trono con un marchingegno straordinario, non appena Era si sedette, dal trono scattarono una miriade di corde sottilissime e fortissime che legarono saldamente la dea e in più il trono si mise a galleggiare in aria.

Gli dèi non riuscendo a togliere la dea da quella posizione ridicola ordinarono a Efèsto che liberasse sua madre, ed egli rispose ridendo che non aveva avuto il piacere di conoscerla.

Ares provò con la forza a costringere Efèsto a liberare la dea, ma fu scacciato a malo modo, allora ci provò Dioniso che andato con la sua combriccola da Efèsto lo fece ubriacare a puntino e caricatolo sul dorso di un mulo lo portò sull'Olimpo.

Benché ubriaco il dio aveva mantenuto una certa lucidità, difatti per liberare Era, volle in cambio Afrodite per sposa.

Non l'avesse mai fatto!!! La dea, sì, lo sposò, ma subito dopo lo cornificò senza pietà con quasi tutti gli dèi dell'Olimpo.

Adesso senza dilungarmi troppo vediamo la seconda ipotesi di nascita: Omero dice che Efesto era figlio di Zeus e di Era.

Fu proprio Zeus a scagliarlo giù dal cielo, quella volta che Efesto cercò di aiutare Era incatenata: Zeus l'aveva appesa fuori dall'Olimpo, perché aveva osato scatenare una tempesta contro Eracle, mentre navigava alla conquista di Troia.

Efesto precipitò sull'isola di Lemno dove aveva particolare culto e, secondo il mito, anche una delle sue officine più importanti dove, si dice, avesse i Cabiri come dipendenti; altra officina era nell'Etna e là i suoi dipendenti erano i Ciclopi.

Presenze letterarie di maggiore rilevanza:

  • Inno omerico ad Apollo, 140; 317.
  • Apollodoro, Biblioteca, 1,3,5 ss.; 6,2; 9,16.
  • Cicerone, De Natura deorum.
  • Esiodo, Teogonia, 570; 97 ss.
  • Euripide, Ciclope.
  • Igino, Fabulae, 158; 166.
  • Macrobio, Saturnalia, 1,12,18.
  • Omero, Iliade, 1, 571 ss. Odissea, 8,266 ss.
  • Ovidio, Metamorfosi, 4,171 ss. Fasti, 5, 229 ss.
  • Pausania, Periegesi della Grecia, 1,20,3; 2,31,3; 8,53.
  • Pindaro, Odi olimpiche, 7,3.
  • Plinio, Naturalis Historia, 16,36; 36,204.
  • Varrone, De Lingua Latina, 5,74; 83 ss.
  • Virgilio, Eneide, 7,679; 8,369 ss.

Iconografia:

  • Anfora Vivenzio, Londra, British Miseum.
  • Vaso François, Firenze, Museo archeologico.
  • L. Corinth, Il riso omerico, Monaco di Baviera, Neue Pinakothek.
  • Giorgione, Vulcano, Venezia, Galleria Querini-Stampalia.
  • M. Heemskerk, Vulcano mostra Marte e Venere nella rete, Vienna, Kunsthistorisches Museum.
  • A. Mantegna, Efesto, Parigi, Louvre.
  • Sodoma, Vulcano, Roma, Farnesina.
  • Tintoretto, Vulcano sorprende Venere e Marte, Monaco di Baviera, Alte Pinakothek.
  • D. Velázquez, Efesto accoglie Apollo nella sua officina, Madrid, Prado.

EFIALTE

Ἐφιάλτης, uomo di Trachis abitante vicino alle Termopili, e pratico della zona montana. Costui andò al cospetto di Serse e gli promise che avrebbe guidato i Persiani attraverso un sentiero stretto e scosceso, sicché quanti lo avessero seguito avrebbero sorpreso alle spalle gli uomini di Leonida, espediente questo che avrebbe consentito di circondare i nemici e di annientarli senza alcuna difficoltà. Così facendo Efialte provocò la rovina dei Greci. Da allora sulla testa di questo traditore pendeva una taglia imposta dai membri dell’Anfizionia che si riuniva presso il tempio di Demetra a Pilea.

EFIDRÌADE

Ἐφυδρίδες, ninfa delle acque.

EFIRA

Ἐφύρα, ninfa figlia di Ocèano e di Teti.

EGA

Αἴγη, una delle nutrici di Zeus.

EGEO

Αἰγεύς, figlio di Pandione o di Scirio. Dopo la morte del padre Egeo & fratelli (S.p.C. Società per combattere) fecero guerra contro Atene, scacciarono i Metionidi, e si divisero il potere. Ben presto Egeo ebbe la sovranità assoluta anche sui fratelli. Sposò Meta (o Melite)e poi Calciope, non avendo avuto figli da nessuna delle due e temendo che i suoi fratelli gli usurpassero il trono, andò dalla Pizia e chiese un oracolo sulla possibilità di avere dei figli. Il dio gli diede questo responso: Il piede che sporge dell'otre, o migliore fra gli uomini, non sciogliere, prima di giungere al sommo di Atene.

Egeo, che non riusciva a interpretare il responso, riprese la strada per Atene.

Durante il viaggio si fermò a Trezene, ospite di Pitteo, questi capì il responso, e mentre Egeo era ubriaco lo fece dormire insieme a sua figlia Etra (finalmente Egeo ebbe un figlio, Teseo).

Ma, in quella stessa notte anche Poseidone si unì alla fanciulla.

Compiuto il tempo, Etra partorì Teseo, ma il padre non era Egèo bensì, Poseidone.

Da Egeo si rifugiò Medea che con i suoi artefici lo convinse a sposarla ed ebbero un figlio (finalmente uno suo) chiamato Medo, che assoggettò i popoli della regione che da lui fu chiamata Media.

Egeo, credendo che il figlio Teseo fosse stato ucciso dal Minotauro, si precipitò nel mare che dal suo nome venne chiamato Egeo.

EGIDA

Αἰγίς, era un oggetto e fregio molto misterioso di Zeus. Forse uno scudo circondato da serpenti con al centro la testa di Medusa. Scuotendolo incuteva terrore ai nemici, con quest'oggetto scatenava anche le tempeste. L'Egida fu costruita da Efesto e anche la dea Atena col permesso di Zeus ne faceva uso.

EGIMIO

Αἰγιμιός, figlio di Doro capostipite dei Dori. Egimio adottò il figlio di Eracle Illo, inoltre ebbe i figli Dimànte e Panfilo, dai tre giovani presero il nome le omonime tribù doriche.

EGINA

Αἴγῑνα, figlia di Asopo dio fluviale e di Metope figlia del fiume Ladone.

Egina fu rapita da Zeus che voleva farla sua, ma Asopo avvertito da Sisifo del rapimento mise in fuga il rapitore che per sfuggire si mutò in roccia, davanti alla quale Asopo passò senza accorgersi di niente.

Zeus una volta arrivato al sicuro sull'Olimpo con uno dei suoi terribili fulmini uccise Asopo.

Così eliminato ogni impedimento, raggiunse la bella ninfa e sotto forma d'aquila la fece sua (neanche il Kamasutra riporta di queste fantasie), da quest'unione nacque Eaco.

Anche Sisifo ricevette la sua punizione (ovviamente non per questo solo misfatto, ma per tutti) consistente in un'enorme pietra che egli doveva far rotolare, spingendola in salita con le mani e con la testa per farla poi scendere dall'altra parte ed una volta finito, ricominciava daccapo.

Secondo un'altra versione Egina fu rapita da Zeus.

Alla ricerca della figlia, Asopo arrivò a Corinto, dove venne informato da Sisifo sull'identità del rapitore.

Asopo allora si pose all'inseguimento di Zeus che gli lanciò un fulmine, costringendolo a rientrare nel suo alveo: è da quel giorno che la corrente dell'Asopo trasportò carbone.

Egina fu condotta nell'isola che si chiamava Enone, e che da lei si chiamò Egina.

Ma la storia non finisce qui: quando la gelosissima Era venne a sapere del nuovo tradimento dello sposo, per vendicarsi inviò un serpente ad avvelenare le sorgenti dell'isola, cosicché chiunque beveva quell'acqua moriva.

Così Eaco rimase da solo e allora Zeus, per soccorrerlo, mutò le formiche in uomini dando origine alla stirpe dei Mirmidoni.

EGIPANE

Αἰγίπαν, nome di Pan nella forma di Caprone.

EGIPIO

Αἰγύπιος, figlio d'Anteo. Viveva in Tessaglia e fu caro agli dèi per la sua pietà e agli uomini per la generosità ed equità.

Un giorno però conobbe Timandra e ne restò fulminato (amore a prima vista).

Apprendendo che era vedova la sedusse col danaro.

Neofrone, figlio di Timandra e coetaneo di Egipio, fu giustamente disgustato da questo legame e cercò di rendere a Egizio pan per focaccia.

Iniziò a sua volta a sedurre Buli (madre d'Egipio), e offrendole molti doni la fece sua amante.

Conosciuta l'ora in cui Egipio abitualmente andava a trovare Timandra, trovò un pretesto per allontanare la madre da casa e al suo posto fece venire in segreto la madre di Egipio promettendole di tornare subito.

Nulla sospettando di quel che Neofrone aveva ordito, Egipio giunse nella casa e al buio si congiunse inconsapevole con la propria madre credendo si trattasse di Timandra.

Ma quando si addormentò, Buli riconobbe in lui il figlio e, afferrato un pugnale, si accinse a cavargli gli occhi e darsi poi la morte.

Ma per volere d'Apollo, Egizio si svegliò e compresa l'orribile trappola che Neofrone gli aveva teso, urlò al cielo che l'intero mondo sprofondasse assieme a lui.

Zeus mutò tutti in uccelli: Egipio e Neofrone divennero entrambi avvoltoi ma di colori diversi, e Neofrone più piccolo dell'altro.

Buli si trasformò in un tarabuso che non poteva nutrirsi di nulla di quel che la terra produce ma solo di occhi di pesci, uccelli e serpenti, dato che aveva voluto strappare gli occhi al figlio.

Timandra divenne una cinciallegra. Tutti uccelli che, da quel giorno, non si vedono mai volare insieme (A. Liberale, Metamorfosi V).

EGISTO

Αἴγισθος, ecco un'altra nascita molto travagliata per cui comincio dall'inizio...

Tieste dopo essere stato scacciato da Micene dal fratello Atreo, dopo che gli uccise e servì a pranzo i figli, chiese all'oracolo di Delfi come vendicarsi del fratello. L'oracolo gli rispose che doveva generare un figlio con la propria figlia, Pelopea.

Tieste andò a Sicione dove la figlia era sacerdotessa e al termine di un rito notturno nel bosco sacro, facendo attenzione a non farsi riconoscere la violentò. Pelopea nella foga della lotta riuscì a togliergli la spada e la nascose.

Atreo, nell'intento di far pace col fratello si reca a Sicione, dove si innamorò di Pelopea e volle sposarla. Quando Pelopea si sgravò di Egisto avuto da Tieste, per vergogna lo fece esporre sui monti, dove fu salvato dai pastori.

Atreo credendo che il figlio fosse suo lo fece recuperare. Atreo sapendo che Tieste era vivo non riusciva a stare tranquillo quindi ordinò ai figli di cercarlo e portarlo a Micene.

Tieste fiducioso del fatto che il fratello lo cercava altrove ritornò a Micene dove venne imprigionato. Atreo, finalmente tranquillo ordina al giovane Egisto di uccidere Tieste mentre dormiva, Egisto fallì il compito poiché Tieste aveva un sonno leggerissimo e sentitolo arrivare lo disarma, guardando meglio l'arma si accorge che era la sua spada, Egisto gli rivela che l'aveva avuta dalla madre.

Tieste ordina al giovane di portargli la madre, ma quando Pelopea viene a sapere di essere stata violata dal padre, sconcertata si uccide con la spada di Tieste. Tieste fattosi riconoscere da Egisto per suo padre, comanda al giovane di fare vedere la spada insanguinata ad Atreo e una volta tranquillizzato di ucciderlo.

Questa volta Egisto non fallisce il suo compito.

Tieste così ritorna sul trono di Micene, ma il suo trono non dura a lungo, poiché Agamennone aiutato da Tindareo riconquista Micene e manda nuovamente in esilio Tieste, mentre Egisto partiva alla ricerca di terre più calme dove potere meditare la sua vendetta.

EGITTO

Αἴγυπτος, eroe eponimo e antico re dell'Egitto, figlio di Belo o di Efesto e di Anchiroe, padre degli Egittidi, (i suoi cinquanta figli). Questi sposarono le cinquanta Danaidi e furono uccisi da queste la prima notte di nozze, tranne Linceo che aveva sposato Ipermnestra che lo risparmiò perché aveva lasciato intatta la sua verginità.

EGLE

Αἴγλη (Splendente), diverse le donne ad avere questo nome:

1) Secondo nome di Coronide, madre di Asclepio.

2) Una delle Espèridi.

3) Una delle Elìadi.

4) Un'amante di Tèseo.

EIDOTEA o IDOTEA

Εἰδοθέα, figlia di Pròteo, rivelò a Menelao smarritosi come costringere il padre a dargli un vento favorevole per il ritorno in patria.

EIONE

Ἠιόνη, una delle Nerèidi.

EIRENE

Εἰρήνη, figlia di Zeus e di Temi, era una delle Ore e personificava la pace. Figlio suo era Pluto dio delle ricchezze, essendo queste un frutto della pace.

ELAI o ELAIDE

Ἐλαιίς, figlia di Anio a sua volta figlio di Apollo, aveva avuto da Bacco il dono di cambiare in olio, vino e biada tutto quello che toccava. Agamennone voleva per questo portarla con se nella guerra contro Troia, ma Bacco la muto in colomba assieme alle sorelle Spermo ed Eno.

ELARE

Ἐλάρα, ninfa figlia di Orcomeno, accoppiatasi con Zeus generò il gigante Tizio. Tizio fu ritenuto anche figlio di Gea, giacché nacque sottoterra, dove Zeus aveva nascosto la ninfa per sottrarla alla gelosia di Era.

ELATO

Ἔλᾰτος, diversi i personaggi:

1) Uno dei centauri,

2) Padre dell'argonauta Polifemo;

3) Auriga ingoiato dalla terra assieme a Anfiarao;

4) fondatore della città Elatea, figlio di Arcade e sposo di Laodice;

5) Uno dei Proci, pretendente alla mano di Penelope;

6) Padre dell'indovino Ampico.

ELATREO

Ἐλατρεύς "il rematore" uno dei Ciclopi.

ELEFÈNORE

Ἐλεφήνωρ, re degli Abanti (antico popolo) in Eubea, figlio di Calcodonte e nipote di Abante. Fu costretto all'esilio perché involontariamente aveva ucciso Abante Non potendo rimettere piede in patria per raggruppare l'esercito necessario per partecipare alla guerra di Troia, Elefènore si pose su uno scoglio in prossimità di Eubea e da lì impartì gli ordini per predisporre il suo esercito.

ELENA

Il ratto di Elena
Il ratto di Elena

Ἑλένη, Zeus in forma di cigno si unì a Leda, ma nella stessa notte anche col marito Tindareo, così Leda ebbe Polluce e Elena da Zeus e Clitennestra e Castore da Tindareo.

Si dice che Elena sia nata dall'unione di Zeus (sempre nella forma di cigno) con Nemesi, la dea depose un uovo che un pastore trovò e portò a Leda.

Leda pose l'uovo in una cassa e passato il tempo, dall'uovo nacque Elena che fu allevata da Leda come figlia sua.

Simbolo della bellezza femminile, generatrice involontaria d'odio e distruzione. Nata dall'uovo di Leda assieme a Castore e Polluce e Clitennestra.

Elena ancora undicenne viene rapita da Teseo e non avendo l'età per amare, Teseo la nascose in un luogo sicuro in attesa che la ragazza crescesse (intanto la sodomizzava, come acconto per quanto sarebbe divenuta adulta).

Nel frattempo Teseo assieme a Piritòo partì per rapire Persefone dall'Ade, ma rimase prigioniero.

Durante l'assenza di Teseo i Diòscuri trovarono Elena, loro sorellina, e la riportarono nella casa paterna di Tindareo.

Matura andò in sposa a Menelao e qui la narrazione si complica.

Omero, Odissea IV, 12 ss. che Saffo fr. 23 V., attribuiscono a Elena la maternità della sola Ermione, mentre Esiodo Elettra 539 (anche Apollodoro, Biblioteca III, 11) sostiene che dal suo matrimonio con Menelao sia nato anche il maschio Nicostrato.

Ditti Cretese, La guerra di Troia 5, 5, racconta invece che dall'unione con Paride nacquero a Elena i figli Bunomo, Corito e Ideo.

Elena, Teseo e Piritoo
Elena teseo e piritoo
Elena
Elena

Secondo la tradizione, Pausania 2, 22, 6 ss.; Antonino Liberale, Metamorfosi 27, Elena, inoltre, avrebbe avuto da Teseo la figlia Ifigenia, che Clitennestra allevò e fece passare per sua.

Nel frattempo si era svolto il giudizio di Paride, nel quale Afrodite per l'assegnazione del pomo aveva promesso in sposa Elena.

La dea mantenendo la promessa, sistemò le cose in modo che Paride si recasse alla corte di Menelao mentre questi si trovava ai funerali del nonno a Creta.

Così Paride ebbe la possibilità di circuire e rapire Elena che portò con sé il figlio Plistene e parte del tesoro di Menelao.

Menelao, non ottenendo con la diplomazia la restituzione della moglie, dichiarò guerra contro Troia.

La guerra muoveva in favore di Menelao e morto Paride, altri figli di Priamo si contesero la mano di Elena, la ottenne di forza Deifobo.

Ma il destino di Troia ormai era segnato ed Elena, per riconquistare la fiducia degli ateniesi, quando Troia nella notte cadde aiutò attivamente Menelao ad uccidere Deifobo.

Perdonata dal marito finalmente fece ritorno a Sparta.

ELENO

Ἕλενος, famoso indovino, figlio di Priamo e di Ecuba.

Secondo una tradizione (Ditti cretese, Darete Frigio e sulle loro orme gli autori medievali Benoit de Sainte Maure e Guido delle Colonne), Eleno lasciò volontariamente i Troiani perché sapeva dell'imminente caduta della città e perché adirato con il padre Priamo che aveva dato in sposa Elena al suo gemello Deifobo e non a lui quando Paride era stato ucciso.

ELEO

Ἑλεῖος, dea della Pietà e della Misericordia. Era adorata soltanto dagli ateniesi che le eressero un Bomós (altare) presso l'agorà.
Ecco come Pausania conferma quanto detto:
...Nella piazza di Atene, tra i monumenti non facilmente individuabili, c’è anche l’altare di Eleo, divinità alla quale, in quanto utile più di ogni altra divinità alla umana vita e alle vicende della sorte, gli Ateniesi, soli tra tutti i Greci, rendono omaggio. E, a dire il vero, rientrano nel loro costume non solo il comportamento profondamente umano, ma anche una pietà religiosa superiore a quella di altri popoli... (I 17, 1).

A quanto pare non aveva vita facile e nel passo sotto leggiamo di come viene maltrattata da Tisifone:
...«Perché ti impicci delle imprese della guerra, tu che sei un nume imbelle, preposto alla pace? Ritirati, disonesta! Questo è campo mio, questo è il mio giorno: ora è troppo tardi per venire a difendere Tebe, carica di colpe. Dov'eri al momento in cui Bacco suscitava la guerra e i suoi riti facevano uscir di senno le donne e armavano le loro mani? Dove ti crogiolavi pigramente quando il serpente di Marte beveva alla maledetta fonte, quando Cadmo arava, quando la Sfinge precipitava, vinta, dalla rupe, quando Edipo veniva supplicato dal padre, quando Giocasta entrava nel suo letto alla luce delle fiaccole che noi reggevamo?» Così la Furia incalza la Pietà che fa di tutto per evitarne per fino la vista e volge altrove il volto pudico: ma lei le sta addosso in un sibilare di serpenti protesi e le punta contro la fiaccola; la dea si tira il manto sugli occhi e fugge via per andare a lagnarsi col sommo Zeus. ... (Stazio, Tebaide II, 486 - 496).

Elettra sulla tomba di Agamennone
Elettra sulla tomba di Agamennone

ELETTRA

Ἠλέκτρα, diversi i personaggi:

1) Figlia di Oceano e Teti, fu madre delle Arpie e di Iride generate con Taumante.

2) Elettra (Ἠλέκτρα), una delle Pleiadi amata da Zeus, ebbe dalla loro unione Dardano, il capostipite della dinastia di Troia. Secondo una versione del mito, quando Troia fu rasa al suolo, Elettra nascose il suo volto fra le mani per il dolore e la disperazione, da quel momento la sua stella non fu più visibile agli uomini.

3) una delle Danaidi.

4) figlia di Agamennone.

5) una delle porte di Tebe, esattamente quella attaccata da Partenopeo.

ELEUTERIO (1)

Ἐλευθέρια, (Della Libertà)

1) Uno dei riti segreti connesso al bagno di Era col quale la dea recuperava la verginità. È inoltre epiteto della dea quale protettrice della libertà, ad Argo esisteva un santuario-asilo dedicato a Era. Il termine Eleutherion Hydor letteralmente bere l'acqua della libertà, significava essere liberati dalla schiavitù.

2) Fiume delle cui acque si servivano le sacerdotesse per effettuare i riti sopra descritti.

Sempre ad Argo vi era la fonte Cinadra nella quale erano soliti bere gli schiavi che avevano acquisito la libertà.

ELIADI

Eliadi
Eliadi

Ἡλιάδης, due i miti:
1) Elìadi o Fetontiadi, le tre ninfe figlie del Sole e della Ninfa Climene. Sorelle di Fetonte, lo piansero tanto disperatamente dopo ch'egli precipitò nell'Eridano, che, Zeus impietosito dal loro dolore, le trasformò in pioppi, e le loro lacrime divennero ambra.
2) Eliadi, i sette figli maschi della ninfa Rodhos; venerati come protettori della navigazione, furono considerati gli inventori delle stagioni e coloro che divisero il tempo in giorni e in ore erano anche degli esperti astrologi.

ÈLICE

Ἑλίκα, ninfa nutrice di Zeus, fu da questi mutata nella costellazione dell'Orsa Maggiore, per sottrarla alle ire di Crono.

ELIO

Ἥλιος, dio greco del sole, nato da Iperione e Eurifaessa. ... Elio, tu figlia di Zeus, Musa Calliope, canta: il dio luminoso, che al figlio di Gea e di Uranio stellato Eurifaessa generò: si congiunse infatti Iperione con Eurifaessa, sua gloriosa sorella... (XXXI Inno omerico a Elio). Elio guida la sua quadriga ogni giorno per il cielo e partendo da un palazzo della Colchide giunge in un'altro palazzo nel paese delle Esperidi.

Elio
Elio

Chiamato spesso anche Febo (più propriamente epiteto di Apollo, figlio del titano Iperione e della titanessa Tea, fratello di Eos l'Aurora e di Selene la Luna.

Al mattino Elio si levava da Oceano a oriente dove aveva il suo splendido palazzo, percorreva il cielo in una coppa d'oro, e scendeva a sera di nuovo in Oceano a occidente.

Era il dio al quale non sfuggiva nulla di quanto avveniva in cielo e sulla terra. Fu lui infatti a denunciare a Efesto l'adulterio di Afrodite, a informare Demetra del rapimento di Persefone, a scoprire il furto dei suoi stessi buoi uccisi in Trinacria dai compagni di Ulisse.

Fu padre di Eeta e di Circe; Climene gli generò Fetonte e le sorelle Eliadi; anche Pasifae, sposa di Minosse, era sua figlia. Il culto di Elio era molto diffuso nel mondo greco, soprattutto a Rodi. Si narra che il dio innamoratosi di Rodo, asciugò le acque che coprivano la terra, dando luogo all'isola che da lei chiamò Rodi.

Da Rodi per popolarla fece sorgere dalla terra in numero di sette (come gli sparti) gli Eliadi, ecco i loro nomi: Ochimo, Cercafo, Macar, Actine Tenage, Triopa e Candalo.

Questi furono i primi a sacrificare ad Atena. Pur essendo anteriore, Elio, viene spesso identificato con Apollo il dio greco del Sole.

Afrodite per vendicarsi dell'azione delatoria del dio, aveva ispirato a tutti i figli di Elios amori abominevoli (esempio tipico quello di Pasifae per il toro).

ELISA o ELISSA

nome fenicio di Didone (questo era il soprannome), spesso usato da Virgilio nel IV libro dell'Eneide.

...Regina, e' non fia mai ch'io non mi tenga doverti quanto forse unqua potessi rimproverarmi. E non fia mai ch'Elisa non mi ricordi, infin che ricordanza avrò di me medesmo...

ELISO

Ἠλύσιον, era la dimora eterna degli eroi, dei poeti e di tutte le anime virtuose. Ognuno vi godeva i piaceri che più lo dilettavano in vita. Era chiamato anche col nome di Campi Elisi.

ELLENO

Ἕλλην, figlio di Deucalione e di Pirra. Fu il capostipite di tutti i Greci, per via dei figli e dei nipoti che furono a loro volta capostipiti delle varie genti greche. I nomi dei parenti e delle genti greche: dal nipote Acheo vennero gli Achei; dal figlio Doro i Dori; dal nipote Ion gli Ioni; dal figlio Eolo gli Eoli.

ELPA

Ἐλπη, figlia di Polifemo che fu rapita da Ulisse dopo che aveva accecato il ciclope.

ELPIS

Ἐλπίς, la speranza, era uno dei doni contenuti nel vaso di Pandora e fu l'unico a rimanervi dentro.

EMAZIONE

Αἰμαϑίων, figlio di Titone e d'Aurora, fratello di Memnone regnava sulla Macedonia, che da lui venne chiamata Emazia.
Altro Emazione era un ladrone ucciso da Eracle.

EMERA

Ήμέρα, il Giorno, Esiodo ci dice ch'è figlia di Notte e Erebo, gemella di Etere.

EMITEA

Ἡμιϑία, stando al significato del nome semi-dea, figlia di Stafilo e di Crisotemi. Sue sorelle erano, Rheo (Apollo, la rese gravida di Anio) e Parteno. Stafilo aveva affidato a lei ed a Parteno la custodia del suo vino (il vino era stato scoperto solo di recente), quando caddero addormentate; fu appunto in quel momento che alcune scrofe che stavano allevando riuscirono ad entrare e ruppero l'orcio che conteneva il vino, vino che andò perduto. Le fanciulle, quando si resero conto di ciò che era avvenuto, temendo la severità del padre, fuggirono verso il lido e si buttarono da certe rocce elevate, ma, Apollo per l'affetto che provava nei confronti Rheo, per non addolorarla, le salvò facendole approdare nel Chersoneso dove furono considerate divinità marine. Parteno ebbe onori e un recinto sacro a Bubasto, mentre Emitea li ebbe a Castabo. Le libagioni in suo onore si facevano con una mistura di miele e latte, per ciò che le era capitato a causa del vino, mentre non era permesso avvicinarsi al recinto sacro a chi avesse toccato o mangiato carne di maiale. (Diodoro Siculo, l. 5, 62)
Altra Emitea era figlia di Cicno e di Proclia.

EMO

Αἷμος re di Tracia, figlio di Borea e Orizia. Per il mito vedi Rodope.

EMONE

Αἵμων, figlio di Creonte e promesso sposo d'Antigone. Emone, alla notizia del suicidio di Antigone, non volendo continuare la sua vita senza l'amata, si suicida a sua volta…, per la triste e sconsiderata tragedia clicca qua;

Altro Emone era il padre di Laerte;
altro ancora un uomo che fu trasformato in montagna per aver voluto violare sua figlia.

EMPUSE

Ἔμπουσα, erano figlie di Ecate, demonesse impudiche, avevano il sedere d'asino e portavano sandali di bronzo. Si divertivano a spaventare i viandanti e avevano la facoltà di mutarsi in vacche, cagne o belle ragazze e in questa forma durante la siesta si ficcavano nei letti per succhiare la forza vitale degli uomini. Avevano la proprietà di essere multiforme.

ENAGONIO

Ἔναγώνιος, epiteto di Ermes quale protettore degli atleti.

ENARETE

Ἐναρέτη, figlia di Deimaco (Δηΐμαχος) e moglie, d'Eolo, fu madre di diverse divinità.

ENCELADO

Ἐγκέλαδος, uno dei giganti che mosse guerra a Zeus. Era figlio di Urano e Gèa, fu da Zeus fulminato e da Atena messo sotto la Sicilia e ancora oggi dall'Etna (in corrispondenza con la sua testa) vomita fiamme contro il cielo

Anche uno dei figli di Egitto.

ENDEIDE

Ἐνδηίς, figlia di Scirone (o di Chirone), moglie d'Eaco e madre di Peleo e di Telamone.
Eaco tradì Endeide con la nereide Psamate, che si era tramutata in foca per sfuggirgli, da questa unione nacque Foco, il quale fu ucciso da Peleo (o da Telamone), perché pagasse con la sua vita l'onta arrecata a Endeide dall'adulterio di Eaco. Peleo, dopo il delitto, si rifugiò da Chirone, quindi in Tessaglia a Ftia, ove regnò; Telamone riparò a Salamina, dove fu re dopo la morte di Cicreo (Pausania, l. II, XXIX, 9).

ENDIMIONE

Selene ed Endimione Nicolas Poussin
Selene ed Endimione
Nicolas Poussin

Ἐνδῠμίων, bellissimo pastore figlio di Calice ed Etlio o di Zeus e di Calice.

Endimione condusse gli Etoli fuori dalla Tessaglia e fondò la città di Elide.

Selene avendo visto il giovane addormentato in una grotta, se ne innamora e lo bacia sugli occhi.

Nacque un amore a dir poco sconvolgente, travolgente e riempiente (si riempì una casa di bimbi) considerato che nacquero cinquanta figlie e considerato che cinquanta sono troppi anche per una divinità, Selene chiese ed ottenne da Zeus che Endimione potesse dormire con eterna giovinezza per l'eternità.

Così Selene, senza il rischio di ulteriori maternità, poté continuare a baciarlo ed accarezzarlo, c'è chi sostiene che fu Endimione stesso a richiedere di dormire per sempre.

Per approfondimenti Teocrito, Idilli III 3, 49-50 e 20, 37-39; Apollonio Rodio, Argonautiche 4, 57 ss..

Secondo un'altra versione Endimione per aver mancato di rispetto a Era, fu condannato a un sonno perpetuo in una grotta del monte Latino, nella Caria.

La Luna (Selene), innamorata di lui, andava a visitarlo e a baciarlo teneramente tutte le notti.

Un altro mito lo dà come figlio di Aetlio figlio di Eolo.

Endimione dalla ninfa Ifianassa ebbe il figlio Etolo che dette il nome alla regione Etolia.

ENEA

Enea, Anchise e Ascanio
Enea, Anchise e
Ascanio

Αἰνέας, eroe troiano, figlio di Anchise e di Afrodite e discendente di Dardano.

Fu partorito da Afrodite sul monte Ida. Fu sposo di Creusa dalla quale ebbe Ascanio.

Combatté valorosamente sotto le mura di Troia durante l'assedio da parte degli Achei.

Caduta la città, Enea prese sulle spalle il padre Anchise e il figlio Ascanio per la mano e fuggì, e i Greci lo lasciarono andare, perché conoscevano la sua devozione, ma durante la fuga, smarrì la sua sposa Creusa.

Stava per ritornare indietro per cercarla quando l'ombra della povera Creusa gli disse di continuare la sua fuga (il mito vuole che Creusa sia stata rapita da Cibele per evitarle gli oltraggi dei vincitori).

Fra le poche cose che Enea portò con sé nella notte della sua fuga da Troia in fiamme, c'era la statua del Palladio (cosa molto improbabile, dato che era in mano ai Greci).

In seguito il prezioso simulacro, venne conservato a Roma nel tempio di Vesta.

Caduta la città, secondo la più antica versione della leggenda troiana, si ritirò con la moglie, il figlio e il padre Anchise sull'Ida, dove regnò sui superstiti del popolo troiano.

Secondo una versione più recente (sec. VI a.C.), avrebbe preso il mare e fondato varie città: Enea in Macedonia e un'altra nel territorio degli Enotri. A questa versione si riallacciano le posteriori leggende romane che identificano con Enea il progenitore dei Re di Alba Longa e quindi del fondatore di Roma.

Enea
Enea, Anchise ed Ascanio

Queste leggende trovarono la loro compiutezza nella rielaborazione che ne diede Virgilio nell'Eneide.

Per Enea abbiamo due curiosità:

1 Con molto fantasiosa etimologia, il nome Αἰνείας gli viene dal bronzo (lat. aeneus, «bronzeo»); e il seguente passo del V° inno omerico così recita per spiegarci il motivo:
Anchise, glorioso fra tutti gli uomini mortali:
fatti animo, e non essere troppo preoccupato nel cuore.
Non devi temere di soffrire alcun male a causa mia
o degli altri beati, poiché tu sei caro agli dèi.
Ti nascerà un figlio, che regnerà sui Troiani,
e poi dai figli nasceranno altri figli, in serie continua:
gli metterai nome Enea, perché un eneo dolore
mi ha preso quando sono entrata nel letto di un mortale.

In effetti l'aggettivo Αἰνος ha significato di "terribile".
Come spiegare allora la fantasiosa etimologia?! Semplice: considerato che, nell'Odissea 19.405-410 il nome di Odisseo viene spiegato nel seguente modo: ... A lei parlava a sua volta Autolico e diceva: «Genero mio, figlia mia, dategli il nome che dico: io sono arrivato qua covando odio per molti, uomini e donne, sulla terra nutrice di uomini, e dunque Odisseo sia il nome suo. Ed io, quando un giorno, giunto a pubertà, verrà sul Parnaso alla grande casa materna dove ho i miei tesori, a lui ne farò parte e lo rimanderò a casa felice». ...
Τἠν δ᾽ αὖτ Αὐτὁλυκος ἀπαμείβετο φώνησέν τε᾽ «γαμβϱὸς ἐμὸς ϑυγατέϱ τε͵ τίϑεσϑʹ ὄνομ᾽, ὅττι ϰεν εἴπω· πολλοῖσιν γἀϱ ἐγώ γε ὀδυσσάμενος τὀδ᾽ ἱϰάνω, ἀνδϱάσιν ἠδἐ γυναιξἰν ἀνἀ χϑόνα βωτιάνειϱαν· τῷ ᾽Οδυσεύς ὄνομ᾽ ἔστω ἐπώνυμον. Αὐτἁϱ ἐγώ γε, ὁππότ᾽ ἂν ἡβήσας μητϱώϊον ἐς μέγα δῶμα ἔλϑῃ Παϱνησόνδ᾽, ὅϑι πού μοι ϰτήματ᾽ ἔασι, τῶν οἱ ἐγὼ δώσω ϰαί μιν χαίϱοντ᾽ ἀποπέμψω».

La traduzione tenta, in qualche modo, di conservare il gioco anche per Enea.

2 forse non tutti sanno che Venere tolse a Enea le parti mortali, lavandolo nelle acque del fiume Numicio, e poi lo rese immortale ungendolo con nettare e ambrosia.
Ecco come Ovidio nel libro XIV delle Metamorfosi narra questo fatto:
... Venere, la dea
di Citera, aveva lusingato gli dei, poi, abbracciata al collo
del proprio genitore, disse: «Padre mio, che mai
sei stato con me severo, ora sii ancora più buono, ti prego,
e al mio Enea, che essendo del mio sangue, nonno
ti ha reso, concedi rango divino, anche se piccolo,
ma concediglielo. Già una volta ha visto l'odioso regno
dei morti, già una volta ha solcato i fiumi infernali: può bastare».
Acconsentirono gli dei e anche la consorte di Giove
non restò impassibile, assentendo col volto rabbonito.
Allora il padre disse: «Siete entrambi degni di un dono celeste,
tu che chiedi, lui per il quale chiedi: sia come desideri».
Questo disse. Esultante la dea rende grazie al genitore,
e trasportata da una coppia di colombe nello spazio aperto,
scende sulla costa laurentina, dove nascosto fra i canneti
si snoda verso il mare vicino il Numicio con la sua corrente.
Al fiume lei ordina di mondare e di disperdere nel mare
col suo tacito corso tutto ciò che in Enea è soggetto a morte.
Il nume del fiume esegue l'ordine della dea: purifica
col flusso delle sue acque Enea di tutto quanto era in lui
mortale, lasciandogli solo la parte più pura.
Unse allora la madre con unguento divino il suo corpo
purificato, gli sfiorò la bocca con dolce nèttare e ambrosia,
e lo rese un dio; un dio che il popolo dei Quiriti
chiama Indìgete e onora con templi e con altari. ...

ENEO

Αἰνεύς, re di Calidone, padre di Meleagro e Deianira. Per non aver fatto sacrifici ad Artemide fu causa di grandi dolori. Vedi la voce Meleagro.

ENIALIO

Ἐνυάλιος, per gli antichi Greci era il dio della guerra, coadiuvato da Enio. Raffigurava la furia bellica, dio pre-olimpico già ai tempi di Omero era stato assimilato da Ares, divenendone un suo epiteto. Era venerato nelle zone di Gortina, Salamina e Tirinto. I Romani lo identificarono con Quirino.

ENIO

1) Αἴνιος, dea della guerra, della distruzione e della strage, evocata assieme a Enialio.

2) Αἴνιος, una delle Graie, le altre erano: Penfredo (o Perside) e Dino (o Perseide o Deino)

ENIPEO

Ἐνῑπεύς, fiume della Tessaglia, Poseidone si trasfigurò in esso poiché una giovane e bella donna dal nome Tiro, (figlia di Salmoneo e di Alcidice) innamorata (non infatuazione, ma desiderio carnale) delle acque limpide del fiume vi si immergeva per averne un contatto fisico. Naturalmente Enipeo-Poseidone la possedette rendendola gravida. Trascorso il tempo Tiro partorì di nascosto due gemelli, e li espose. Mentre giacevano così abbandonati, passarono di lì per caso dei guardiani di cavalli, e una cavalla colpì con lo zoccolo uno dei due gemelli, lasciandogli sul viso una macchia scura. Un guardiano di cavalli prese con sé i bambini e li allevò: quello che aveva la macchia scura (peliòs) lo chiamò Pelia, e l'altro Neleo.

ENODIA

Ἐνόδιος = della o per la strada, epiteto di Ecate quale protettrice delle strade e i crocicchi.

ENONE

Οἰνώνη, ninfa che aveva appreso da Apollo l'arte medica, figlia del dio fluviale Enèo. Era l'amante di Paride quando questi era ancora sconosciuto. Abbandonata da Paride per Elena, si ritirò sul monte Ida e quando gli portarono l'eroe mortalmente ferito, per l'odio che covava si rifiutò di curarlo. Quando Paride venne riportato a Troia, Enone impietosita prese una cesta di piante medicinali e andò per curarlo a casa di Paride che trovò già morto, allora la ninfa addolorata si uccise. Per l'infelice amore, per l'infelice amore, (Omero, Odissea X, 262 ss.; ... Mi amò il costruttore delle mura di Troia, famoso per la lira; è lui che possiede il trofeo della mia verginità. Anche questo non senza lotta: per lo meno gli strappai i capelli a forza di unghie e il suo volto fu graffiato dalle mie dita. Non ho chiesto, come indennizzo dello stupro, gemme e oro: è vergognoso comprare con doni un corpo libero. Fu lui stesso, vedendo che ne ero degna, a insegnarmi le arti mediche e concesse alle mie mani i suoi doni. Qualunque erba dotata di speciali poteri, qualunque radice utile a guarire nasca in tutto il mondo, è mia. Me infelice, giacché l'amore non si può curare con le erbe! È la stessa arte di cui sono esperta, a tradirmi. Si dice che il suo stesso scopritore abbia pascolato le vacche di Fere e che fu ferito dal mio stesso fuoco. E quell'aiuto che né la terra feconda nel produrre erbe, né un dio può darmi, solo tu me lo puoi dare. Tu lo puoi e io me lo sono meritato. Abbi pietà di una fanciulla che ne è degna! Io non porto insieme ai Greci una guerra sanguinosa, ma sono tua e sono stata con te fin dagli anni della prima fanciullezza e prego di essere tua per il tempo che resta. Ovidio, Eroidi - Enone a Paride).

ENOPIONE

Οἰνοπίων, figlio di Bacco e di Arianna. Accecò Orione dopo che questi gli aveva violentato la figlia Merope; per vendicarsi Enopione lo fece ubriacare, e mentre era addormentato lo accecò, gettandolo poi sulla spiaggia.

Allora Orione andò alla fucina di Efesto, rapì uno dei suoi operai, se lo caricò in spalla e si fece guidare fino a dove sorge il sole (io dico, ma non ci poteva andare da solo così come aveva fatto per la fucina?).

Giunto là, espose le sue orbite al sole e i raggi solari gli ridonarono la vista; allora Orione (che reclamava vendetta) corse in tutta fretta da Enopione, ma non poté raggiungerlo, perché questi si era rifugiato in una stanza sotterranea e inaccessibile, costruita per ordine di Poseidone, da Efesto.

ENOSIGÈO

Ἐννοσίγαιος, attributo del dio del mare Poseidone, così definito perché si riteneva che egli fosse la causa dei terremoti, che provocava scuotendo la Terra con il suo tridente.

ENÒTRO

Οἰνωτρος, nella mitologia greca, figlio di Licaone, re d'Arcadia, che alla morte del padre si stabilì nell'Italia meridionale insieme al fratello Peceuzi.

Secondo Pausania, Enòtro fu il fondatore di Enotria , la prima colonia greca sullo Ionio. I poeti classici chiamarono poi Enotria tutta l'Italia.

EOLO

Fontana d'Eolo
Fontana d'Eolo

Αἴολος, con questo nome abbiamo tre grandi personaggi della mitologia, il primo era dio dei Vènti (o meglio ne era il Re, Zeus gli aveva concesso il potere di placare o suscitare i venti), abitava nell'isola di Lipari o Eolia, si riteneva che fosse un'isola galleggiante là teneva chiusi i vènti in una caverna.

Aveva sei figli e le sei figlie (i venti, anche se erano dodici). Quando Ulisse approdò nella sua isola, Eolo lo trattenne circa un mese come ospite (non voleva lasciarlo andare), a seguito alle insistenze dell'eroe per riprendere il viaggio nel momento dei saluti gli donò un vento favorevole e un otre pieno di tutti i venti.

Per il seguito della storia vi rimando all'Odissea di Omero.

Re di Tessaglia, figlio di Elleno, capostipite degli elleni, gli antichi greci. Eolo diede origine alla stirpe degli eoli.

Un figlio di Poseidone e della ninfa Menalippe, fu spontaneamente allattato da una vacca.

Eos e Cefalo
Eos con cefalo

EOS

Ἕως, figlia dei Titani Iperione e Tea, dea dell'Aurora, per via dei suoi genitori non fu mai considerata dea di prima classe. Era la sorella di Elio lo annunciava e lo precedeva su un cocchio trainato da due cavalli. Nel suo lavoro di presentatrice la dea assumeva due diversi nomi: Emera al primo apparire del sole e Espera al calare.

Per avere avuto un rapporto con Ares, Afrodite la condannò ad innamorarsi continuamente. Alcuni dei suoi amori furono: Orione, Cefalo, Titono a quest'ultimo gli partorisce i figli Memnone (che morì a Troia per mano di Achille) e Ematione.

Eos fu sposa di Astreo, dal loro matrimonio nacquero i Vènti: Borea, Zefiro, Noto e tutte le stelle.

EPAFO

Ἔπᾰφος, figlio di Zeus e di Io, divenne re d'Egitto. Sposò Menfi che lo rese padre di Libia, eroina che fu da Poseidone resa madre di Agenore e Belo.

EPEO

Ἐπειός, era figlio di Panopeo, che era stato compagno di battaglia di Anfitrione, e comandò un contingente di trenta navi all'assedio di Troia. Figura secondaria nell'epica omerica, benché avesse un ruolo di qualche rilevanza in tradizioni mitiche parallele. Non sembra che fosse un valente guerriero, ma piuttosto un atleta, bravo pugilatore (vince la prova ai giochi funebri di Patroclo, mandando a terra con un solo pugno alla mascella il suo avversario, Il., 23, 665-699). Egli appare soprattutto nella funzione di artista mitico e di colonizzatore; oltre al cavallo di Troia, gli si attribuivano statue arcaiche: una statua di Afrodite ad Argo, che Pausania vide (2, 19, 6), e una riproduzione in bronzo (chiamato "Dunio") del cavallo di Troia sull' Acropoli di Atene (1, 23, 8). Come fondatore di città, Epeo viene associato alla fondazione di Pisa in Italia: Servio, In Verg. Aen., 10, 179. Secondo Apollodoro (Biblioteca, Epitome 5,14) l'idea del cavallo di legno fu suggerita ad Epeo da Ulisse, Secondo Igino (Miti) l'ideatore del cavallo fu Epeo dietro suggerimento di Atena.

EPIBOMIO

ἐπιβώμιος, veniva così chiamato il sacerdote che dirigeva i sacrifici nei Misteri Eleusini.

EPIDOTE

ἐπιδώτης, (Dispensatore di bene, di salute) Epiteto di Ipno.

EPÌFANE

ἐπιφᾰνής, così erano chiamate le divinità che si fossero manifestate come tali agli uomini.

EPIMELETI

ἐπιμεληταί, erano i sacerdoti minori nei Misteri Eleusini, oppure erano dei funzionari di determinati settori dell'attività pubblica.

EPIMENIDE

Ἐπιμενίδης, originario di Festo o di Cnosso, fu un noto taumaturgo e purificatore di città (fra le quali Atene). Si suppone sia stato il primo uomo ad aggiogare i buoi all'aratro. fu connesso al mito dell'aratura e del grano e quindi a Demetra.

EPIMETEO

Ἐπιμηθεύς, figlio di Giapeto (Ἰαπετός) e Asia (Ἀσία) (o di Climene (Κλῠμένη), secondo Igino), della generazione dei Titani, era fratello di Atlante, di Menetio e di Prometeo del quale era l'esatto opposto. Ebbe da Ermes l'insidioso dono di Zeus e accolse Pandora, fonte di tutti i mali dell'umanità. Il suo nome significa "colui che capisce dopo". Quando Prometeo incominciò a formare col fango gli esseri che dovevano abitare il mondo, Epiteto fu incaricato di distribuire a tutti gli esseri viventi le loro caratteristiche. Ma Epimeteo dosò male le parti, cosicché, quando giunse il momento di creare l'uomo, non restava più niente da dargli, ed egli rischiava di venire al mondo nudo e inerme; per questo Prometeo dovette rubare l'abilità inventiva ad Atena ed Efesto, e fu la sua capacità di artigiano a farlo sopravvivere e a renderlo potente.

EPIONA

Ἠπιόνη, la Mite era la moglie di Asclepio. Non ebbe mai grande culto.

EPÍSCIRO

ἐπίσκυρος, gioco simile al moderno rugby e precursore del calcio, era molto praticato in Grecia intorno al IV secolo a.C. (periodo ellenico), era chiamato anche coi seguenti nomi: urania, feninda e aporraxis.

ÈRA

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Era

Ἥρα, antica divinità lunare venerata ad Argo; più tardi, ma molto prima di Omero, considerata regina del cielo.

Come tale la si ritenne figlia di Crono e di Rea, fu la terza ad essere stata ingoiata dal padre. Fu madre di Ares, di Ilizia, di Efesto (col beneficio del dubbio) e di Ebe.

Di matronale bellezza, di impeccabili costumi, proteggeva la castità del matrimonio e la santità del parto. Fu dai Romani assimilata all'italica Giunone.

Già in Omero si trasforma in moglie gelosa che perseguitava le amanti di Zeus, orgogliosissima, Nemica acerrima dei Troiani a causa del giudizio di Paride, ma ancora più accanita fu contro Eracle. E proprio per il suo accanimento che la volta che scatenò una tempesta contro l'eroe, Zeus adirato la appese nel cielo con un'incudine d'oro appesa ai piedi. Aiutò Giasone ad attraversare le Rocce Vaganti e per fare questo si fece aiutare da Teti e dalle Nereidi.

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Era

Le erano sacri il pavone, la cornacchia e la melagrana; aveva come messaggeri Iride e le Ore. Le erano sacri il pavone, la cornacchia e la melagrana; aveva come messaggeri Iride e le Ore.

Ebbe culto speciale ad Argo Era Argiva, a Samo, nella Magna Grecia e soprattutto sul promontorio Lacinio Era Lacinia. Le bastava agitarsi sul trono per fare tremare l'Olimpo, al suo sposo Zeus, bastava aggrottare le ciglia per avere lo stesso risultato.
Secondo Esiodo (Teogonia v. 921 e sgg.) in ordine temporale fu la settima sposa di Zeus.

La dea frequentemente è rappresentata sopra un carro tirato da due pavoni, con lo scettro in mano, e la fronte coronata di gigli e di rose. I pittori le pongono sempre ai piedi un pavone, e la cingono talora dell'arcobaleno, emblema d'Iride. Aveva templi in ogni parte della Grecia e dell'Italia, i più importanti avevano sede a Samo, e ad Argo dove durante le sue feste le veniva sacrificata un'ecatombe (sacrificio di cento buoi). In prossimità del suo tempio, ed esattamente in località Aria vi era una fonte che aveva il dono di far tornare la verginità (vedi Aghia Monì). Si credeva che la Dea una volta ogni due anni vi si bagnasse per fare felice Zeus suo sposo. La dea era assimilata a Lucina o Ilitia (protettrice dei parti) e in tale veste era raffigurata come una matrona che ha nella destra una tazza e una lancia nella sinistra; oppure compare assisa con un bambino fasciato ed un giglio. Qualche volta aveva sulla fronte una corona di dittamo (Dictamnus albus), in quanto si credeva che questa pianta agevolasse il parto. Le erano offerti il papavero e la melagrana e più comunemente le veniva sacrificata un'agnella.

Altro disegno di Era
Era

Presenze letterarie:

  • III° Inno omerico a Apollo, passim.
  • XII° Inno omerico a Era
  • Apollodoro, Biblioteca, 1,3,1; 3,5; 4,1; 6,2; 9,22; 3,5,11; 7,1; 3,6,7; 13,5.
  • Apollonio Rodio, Argonautiche, 790-798.
  • Aristofane, Uccelli, 1731.
  • Cicerone, Sulla natura degli dei, passim
  • Esiodo, Teogonia, 921 ss.
  • Euripide, Medea, 1284 ss.; Ippolito, 743 ss.
  • Omero, Iliade, 1,399 ss.; 5,392 ss.; 721 ss.; 889 ss.; 8,400 ss.; 14,153-353, 15,14 ss.; 18,119 ss.; 19, 96-133. Odissea, 11,603 ss.; passim.
  • Ovidio, Fasti, 3,177 ss.; 5,299; ss. Metamorfosi, 4,416 ss.
  • Pausania, Periegesi della Grecia, l. 2,13,3; 17,4; 36,2; - l. 8,22,2.
  • Plinio, Naturalis Historia, 2,16.
  • Seneca, Epistulae morales, 110.
  • Virgilio, Eneide, 1,34 ss.; 4,90 ss.; 7,286 ss.; 572 ss.; 10,606 ss.; 12,134 ss. passim
  • Varrone, De Lingua Latina, 5,158.

Iconografia

  • Cosiddetta Dama di Auxerre, Parigi, Louvre.
  • Era Borghese, Parigi, Louvre.
  • Statua di Era di Cheramies, nota come Era di Samo, Parigi, Louvre.
  • A. Carracci, Giunone con la cintura di Venere davanti a Giove, Roma, Palazzo Farnese.
  • Filarete, Giunone e gli occhi di Argo, Vaticano, San Pietro, porta di bronzo.
  • C. Lorrain, Giunone incarica Argo della sorveglianza della vacca, Dublino, National Gallery of Ireland.
  • J.-B. Pierre, Giunone chiede a Venere la cintura, Parigi Luovre.
  • P. P. Rubens, La creazione della Via Lattea, Madrid, Prado.
  • F. Wouters, Era comanda le Furie, Budapest, Szépmüvészeti Múzeum.

ERACLE

Eracle Bambino
Eracle bambino II a.C.

Ἡρακλῆς, Zeus incapricciatosi di Alcmena, prende le sembianze del marito di lei, Anfitrione. Zeus passa con la donna un giorno e una notte d'amore, notte che in effetti era durata tre giorni poiché Zeus aveva ordinato al sole di riposarsi per tre giorni. Intanto fatto ritorno il vero Anfitrione , fece i suoi doveri coniugali concependo Ificle gemello uterino di Eracle.

Intanto la gelosa Era accortasi dell'ennesimo tradimento del divino marito e sapendo che il primo bambino che sarebbe nato nella casa dei discendenti di Perseo sarebbe diventato re, per fare dispetto a Zeus fece in modo che Nicippe, nuora di Perseo partorisse in anticipo rispetto ad Alcmena, così per primo nasce Euristeo che diventa re. Zeus irato perché Era lo aveva giocato, riesce ad ottenere un compromesso da Era nel senso che Eracle sarebbe diventato un dio se riusciva a portare a termine dieci imprese impostegli da Euristeo.

Eracle ancora in fasce strozzò due serpenti mandati da Era per soffocarlo. Crescendo fu istruito da Chirone nella medicina e nella chirurgia; Anfitrione gl'insegnò a guidare i carri; Castore lo allenò nella lotta; Eurito gli insegnò l'uso dell'arco e infine Eumolpo gli diede lezioni di canto e di lira.

Eracle si mise a girare per la Grecia, finché la Pizia non gli ricordò che doveva mettersi agli ordini di Euristeo per compiere le fatiche. L'idea di servire un uomo molto al di sotto di lui lo tormentava, ma non volendo disubbidire agli ordini del divino padre, si recò da Euristeo.

Eracle combatte contro Acheloo serpente
Eracle combatte contro
Acheloo serpente

La prima fatica fu combattere il leone Nemeo che non poteva essere ucciso dalle armi perché aveva la pelle invulnerabile. La seconda fatica fu l'uccisione dell'Idra di Lerna dalle nove teste una delle quali era immortale e le altre rinascevano non appena tagliate.

L'Idra aveva metà corpo di ninfa e metà di serpente. Eracle l'affrontò e dopo avere bruciato le teste mortali con un enorme masso gli schiacciò quella immortale e così l'Idra morì in un mare di sangue.

Eracle bagnò le sue frecce in quel sangue di modo che così avrebbero inflitto ferite mortali o inguaribili. La terza fatica fu catturare la cerva Cerinea che aveva i piedi di rame e le corna d'oro ed era sacra alla dea Artemide.

Eracle non volendo offendere la dea non tirò frecce alla cerva per non ucciderla ma si limitò a inseguirla per un anno finché l'animale crollò sfinito e così Eracle potè catturarlo. La quarta fatica fu catturare il cinghiale Calidone che devastala l'Elide e l'Arcadia.

La quinta fatica fu pulire le stalle di re Augìa, dal letame che da trent'anni non veniva ripulito. L'impresa sarebbe stato impossibile se Eracle non avesse deviato le acque del fiume Alfeo che con la violenza delle sue acque riuscì a portare via tutto lo sporco.

La sesta fatica fu sterminare gli Uccelli Stinfàli che avevano gli artigli, le ali, il becco e le penne di bronzo che usavano come frecce. La settima fatica fu la cattura del toro di Creta che Poseidone aveva mandato perché non gli era stato fatto un sacrificio promessogli.

L'Ottava fatica fu di uccidere Diomede re dei Bistonti che nutriva le sue cavalle della carne dei poveracci che si trovavano a passare da quelle parti, Eracle gli fece fare la stessa crudele fine.

Eracle uccide l'Idra
Eracle uccide l'Idra

La nona fatica fu prendere il Cinto di Ippolita regina delle Amazzoni, alla quale era stato regalato da Ares. La decima fatica fu prendere i buoi di Gerione che era un mostruoso gigante e aveva un cane bicipite e un drago con sette teste che custodivano l'armento.

Eracle per impossessarsi dei buoi dovette uccidere Gerione e i compagni, nel portare le bestie a Euristeo mentre dormiva fu dal gigante Caco derubato di quattro giovenche, al risveglio Eracle si mise alla ricerca del maltolto e trovato Caco con le bestie ne nacque una lite nella quale uccise il gigante.

L'undicesima fu la conquista dei pomi delle Esperidi che erano custoditi dal drago Ladòne e da Atlante. Per venirne in possesso Eracle incaricò Atlante di andargliele a cogliere e intanto lui avrebbe sostenuto il peso del cielo.

Atlante liberatosi dal gravoso compito non voleva più liberarlo ma l'eroe con una astuzia riuscì a cavarsela. La dodicesima e ultima fatica fu scendere nell'Ade e catturare Cerbero.

Le fatiche furono dodici perché la seconda e la quinta non gli vennero riconosciute in quanto in una si era fatto aiutare e nell'altra aveva preteso un compenso. Il centauro Nesso che aveva tentato di rapirgli la moglie Deianira, fu da Eracle ucciso con una delle sue frecce, ma Nesso prima di morire consiglia la donna di bagnare le una veste di Eracle nel suo sangue per garantirsi la fedeltà dell'eroe.

eracle cattura il cinghiale d'erimanto 520-500 a.C.
eracle cattura il
cinghiale d'Erimanto

Eracle intanto si era innamorato di Jole e stava per lasciare la moglie, Deianira per riconquistare il marito gli fa indossare la veste intinta nel sangue del centauro ma invece di riavere l'amore dell'eroe ne causa la morte, infatti non appena Eracle indossa la veste l'eroe viene preso da indicibili dolori si fa preparare un rogo e vi sale sopra e fa appiccare il fuoco alla catasta. …Non c'è rimedio: avide le fiamme divorano il petto, un sudore livido scorre su tutto il suo corpo, combusti stridono i tendini, e lui, con le midolla sfatte da quella peste occulta, levando le mani al cielo: «Nùtriti della mia sventura, figlia di Saturno!» grida; «nùtriti e, contemplando dall'alto, malvagia, questo strazio, sazia il tuo cuore feroce! Ma se anche a un nemico strappo pietà (e dico a te!), troncami questa vita in preda ai tormenti più atroci, una vita odiosa, nata solo per i travagli. Un dono mi sarà la morte, un dono che s'addice a una matrigna!… Atena lo trae fuori e lo porta sull'Olimpo dove Zeus gli da per sposa Ebe e il dono dell'eterna giovinezza (Sofocle, Trachinie 555 ss.) (Sul matrimonio di Eracle con Ebe, vedasi Omero, Odissea XI, 602 ss.; Esiodo, Teogonia 950 ss.; Pindaro, Nemee 1, 69 ss.). Qua puoi vedere tutti gli amori dell'eroe.

E per finire una divertente storiella di quando era al servizio di Onfale: Un giorno, mentre Eracle e Onfale passeggiavano tra i vigneti, Pan vide la regina e ne fu subito attratto; frattanto, per gioco, Eracle e Onfale si erano scambiati i vestiti, ed erano entrati in una grotta per dormire. Pan entrò, e subito si diresse verso Eracle, scambiandolo per Onfale, e si intrufolò sotto le sue coperte, come l'eroe se ne accorse, gli mollò un gran calcio, che lo fece ruzzolare lontano, destando l'ilarità dei due amanti.

ERACLE DATTILO

Ἡρακλῆς δάκτῠλος, inventore dei giochi olimpici, era il più anziano dei Dàttili Idei.

ERANOS

ἔρᾰνος, nell'antica Grecia, banchetto che si teneva fra amici, condividendo le spese; associazione di persone che si incontravano per banchettare o festeggiare assieme utilizzando, per le spese, i fondi raccolti in una cassa comune (il classico alla “romana” di oggi).

Molte di queste associazioni, che furono numerose sia in epoca ellenistica che romana, si trasformarono poi in sodalizi di stampo politico o assistenziale.

ERATO

1) Ἐρᾰτώ, musa della poesia lirica e amorosa. Figlia di Zeus e di Mnemosine. Raffigurata con corone di mirto e di rose, con una lira nella mano sinistra e con un arco nella destra.

2) Ἐρᾰτώ, anche una delle Nereidi aveva lo stesso nome. Questa fu moglie di Arcade e sacerdotessa di Pan, era la madre di Afida, Azane e Elato.

3) Ἐρᾰτώ, una delle figlie di Tespio, diede a Eracle il figlio Dinaste.

4) Ἐρᾰτώ, una delle figlie di Danao.

EREBO

Ἔρεβος (anche Φόρκυνος), il buio assoluto contrapposto alla luminosità, era un elemento primigenio nelle teogonie. Figlio di Tenebre e di Caos e sposo della Notte. Suoi figli erano: Etere, Giorno, Fato, Vecchiaia, Morte, Annientamento, Continenza, Sonno, Sogni, Discordia, Miseria, Momo, Nemesi, Eufrosine, Amicizia, Misericordia, Stige, le tre Parche, le Esperidi, Meti, Eros ecc.. Entità che rappresentava il mondo sotterraneo, dove dimoravano i morti. Secondo Servio è il luogo di raduno delle anime prima di muovere verso l'Eliso. Era considerato figlio del Caos, fratello e sposo della Notte e padre dell'Etere e del Giorno. (Secondo Esiodo, alcune delle divinità sopra sono nate per partenogenesi da Notte e non dalla legittima unione di Erebo e Notte. Nelle cosmogonie orfiche, Eros nasce dall'Uovo primordiale, e dà forma a tutti gli elementi dell'universo; Platone fa di Eros un dio della più antica generazione).

ERETTÉO

Ἐρεχθεύς, divinità gentilizia della famiglia reale di Atene, fu una delle prime divinità venerate nella città. Metà uomo e metà serpente era nato da Gea, fecondata da Efesto, e fu allevato da Atena. Con il tempo fu però confuso con Erittonio e considerato figlio di Pandione, sesto re di Atene, eletto dai cittadini cui in tempo di carestia aveva portato per mare rifornimenti.

Secondo il mito, introdusse il culto di Demetra (Cerere) e fondò il santuario di Eleusi. Generò quattro figlie: Procri (che sposò Cefalo), Creusa, Ctonia (che sposò lo zio Bute), Oritia (che sposò Borea), e Orionia le quali si amavano al punto che avevano fatto giuramento di non sopravvivere a quella di esse che prima fosse discesa nel regno di Ade.

Erettéo essendo in guerra con gli Eleusini comandati da Eumolpo (figlio di Poseidone), interrogato l'oracolo seppe che avrebbe vinto solo se avesse sacrificato la figlia Orionia. Sacrificata la vittima, le altre sorelle s'immolarono con lei secondo il patto.

Erittèo uscì vittorioso, ma mentre celebrava la vittoria fu colpito dalla folgore di Zeus e sprofondò nella terra che si aprì sotto di lui.

ERGANE

ἐργάτις, epiteto di Atena, in quanto patrona delle arti e dell'operosità e degli artefici.

ERIBEA

1) Ἐρίβοια, madre degli Astri e dei Vènti, sposa di Astro e matrigna degli Aloadi.

2) Ἐρίβοια, madre di Aiace Telamonio.

ERICE

1) Ἔρυξ, figlio di Afrodite e di Bute, era un famoso lottatore. Quando Eracle stava conducendo le mandrie di Gerione a Micene, dopo avere attraversato tutta l'Europa giunse in Sicilia. Qui fu derubato da Erice di un toro ma, trovatolo, ne chiese al re la restituzione. Erice, allora lo sfidò in una gara di lotta. Per ben tre volte Eracle lo gettò al suolo e infine lo uccise. (Per Apollodoro era figlio di Poseidone).

2) Ἔρυξ, monte ai cui piedi è situata Trapani (Drepani) in Sicilia. Sul monte Erice, Enea seppellì il padre Anchise. Sullo stesso monte si ergeva un tempio dedicato a Tanit dea cartaginese dell'amore, ivi si praticava la prostituzione sacra.

ERIDANO

Ἠρῐδᾰνός, mitico dio fluviale figlio di Oceano e di Teti. Eracle alla ricerca dei pomi delle Esperidi, sulle sue rive incontrò le ninfe figlie di Zeus che gli indicarono dove trovare Nereo addormentato. (si tratta dell'odierno Po).

ERÌFILE

Ἐριφύλη, figlia di Talao (o di Ifi) e di Lisimaca, moglie di Anfiarao, re di Argo e madre di Alcmeone e Anfiloco. Attratta dalla collana di Armonia, indusse il marito, pur sapendo che egli vi avrebbe trovato la morte, a seguire il fratello di lei, Adrasto, nella guerra contro Tebe.

Fu uccisa dal figlio Alcmeone per vendicare il padre.

Secondo altri mitografi sarebbe stata uccisa per aver rivelato a Polinice il nascondiglio di Anfiarao, in cui egli si era rifugiato per non partecipare alla guerra contro Tebe.

Alla storia del tradimento di Erifile in cambio della collana di Armonia alludono sia Omero (Odissea XI, 326 ss.), che Euripide (Elettra 836 ss.). L'intero episodio viene narrato da Diodoro Siculo 4, 65, 5 ss. , e da Pausania 5, 17, 7 ss, e 9, 41, 2.53 Si ricordi che Erifile era la sorella di Adrasto, data in matrimonio al cugino Anfiarao proprio per sancire la riconciliazione fra i due.

Apollodoro racconta del secondo tradimento di Erifile, questa volta a danno dei figli: il dono con cui

Tersandro la corrompe è il peplo di Armonia, che insieme alla collana le era stato offerto dagli dèi nel giorno delle sue nozze.

ERINNI

Ἐρινύς, erano le dee della vendetta, si occupavano di perseguitare inesorabilmente chi uccideva un consanguineo, o mancava di rispetto al padre, la madre, al fratello maggiore o ai forestieri.

Una volta che i perseguitati scontavano la loro pena, le Erinni divenivano benevole e venivano chiamate Eumenidi.

Le Erinni erano tre e si chiamavano: Aletto l'inarrestabile, Megera e Tisifone la vendicatrice (alla quale era affidato il compito di iniziare la punizione delle anime giunte all′Ade), generate dalla Terra dalle gocce di sangue che caddero dall'evirazione di Urano.

Vengono figurate come donne alate con serpi al posto dei capelli e gli occhi di fuoco.

Le loro armi erano: serpenti, scudisci e fiaccole ardenti. I Romani le chiamavano Furie.

ERIS

Ἔρις, malefica figlia della Notte e sorella di Nemesi, delle Parche e della Morte; madre della Miseria, della Fame, della Guerra, dell' Omicidio, della Contesa, e di tutto quanto c'è di cattivo. Dea della discordia, fedele ancella di Ares.

Fu scacciata da Zeus dall'Olimpo perché causava continui litigi e conflitti fra gli dèi. Per non essere stata invitata alle nozze di Peleo e di Teti, tirò sulla tavola nuziale la funesta mela d'oro che causò il giudizio di Paride e la lunghissima guerra di Troia.

Virgilio la descrive in compagnia di mostri all'ingresso dell'Ade, con serpenti per capelli, annodati con bende insanguinate. Altre volte è descritta come una donna con il capo alto, labbra livide e smorte, occhi biechi, malati e pieni di lacrime che solcano le pallide gote, le gambe torte, i piedi sottili, un pugnale infisso nel petto, avvolta da una tenebrosa ed oscura aura.

ERISITTONE

Ἐρυσίχθων, figlio di Triopa, re di Tessaglia. Avendo abbattuto alcuni alberi in un bosco sacro a Demetra, fu punito dalla dea con una terribile fame, che gli fece dilapidare tutti gli averi paterni. Lo soccorreva la figlia Mestra che, potendo trasformarsi in qualunque animale, assumeva ogni giorno una forma nuova in modo che il padre potesse venderla e sfamarsi; ella riprendeva poi, appena lo poteva, la figura umana e tornava da lui. Ma il poveraccio insaziabile e perseguitato dalla fame, finì con il divorare se stesso.

ERITOO

Ἔρῠτοος, uno dei divini cavalli del carro solare.

ERITTÒNIO

nascita di Erittonio
nascita di erittonio

Ἐριχθόνιος, eroe ateniese, in origine confuso con Eretteo. Il mito lo riteneva figlio di Efesto, avuto da Attide, o da Atena, o da Gea.

Aveva dei serpenti al posto dei piedi. Di lui si prese cura Atena che lo allevò segretamente affidandolo, chiuso in una cesta con uno o più serpenti, alle figlie di Cecrope, con divieto di aprirla.

Ma le fanciulle, spinte dalla curiosità, disubbidirono e furono uccise dai serpenti; secondo altri, impazzite dal terrore, alla vista del mostro si gettarono in mare. Allevato nel tempio di Atena, aveva forma metà di uomo e metà di serpente, successe a Cecrope nel regno.

È considerato l'inventore della quadriga e l'istitutore delle Panatenee. Per approfondimenti Euripide, Ione 20 ss. e 266 ss.; Pausania 1, 18, 2; Ovidio, Metamorfosi XI, 552 ss.; Igino, Astronomia poetica 2, 13. Il mito si divide nel raffigurare Erittonio come un bambino umano sotto tutti gli aspetti (e il serpente, o i serpenti, altro non sarebbe che il guardiano incaricato da Atena di vegliare sull'incolumità del neonato); oppure ed è la versione più comune Erittonio, siccome nato dalla terra, avrebbe avuto la parte inferiore dei corpo a forma di serpente: questo sarebbe stato lo spettacolo che avrebbe terrorizzato le figlie di Cecrope.

Nell'Eretteo di Atene, nel sacro recinto di Atena sull'acropoli, viveva il serpente sacro, identificato con Erittonio.

ERIZIA

Ἐρῠθηίς, una delle Espèridi, le atre erano: Egle, Aretusa e Esperia, insieme custodivano nel famoso giardino delle mele d'oro dove Zeus ed Era si unirono in matrimonio

ERMAFRODITO

Ermafrodito
Ermafrodito

Ἑρμαφρόδῑτος, fanciullo con seno da donna e lunghi capelli. Figlio di Ermes e di Afrodite. La ninfa sorgiva Salmace o Salmàcide se ne innamorò, fu da lui respinta, ma quando il giovane si bagnò nel laghetto della ninfa, ella gli si avvinghiò stretta e supplicò di non venirne mai separata. Da quel momento i due furono un solo essere, che conservava in un unico corpo le caratteristiche maschili e femminili.
..."Dibattiti, dibattiti, tanto, infame, non mi sfuggirai! Fate che mai venga il giorno, o dèi, che da me lui si stacchi ed io da lui!". Accolsero gli dei i suoi voti: i due corpi uniti si fondono annullandosi in un'unica figura...

Per leggere come Ovidio racconta questa tenera storia, vedi Metamorfosi IV.

ERMES

Ἑρμῆς, figlio di Zeus e di Maia (la più grande delle Pleiadi). Ermes veniva considerato come la personificazione del vento e come tale ne aveva le caratteristiche: la velocità, la leggerezza, l'incostanza, la monelleria e l'umore scherzoso. Caratterizzato da astuzia (ma, quell'astuzia che rasenta la disonestà) e abilità, gli furono date dai Greci le attribuzioni più varie: messaggero degli dèi, dio delle relazioni pacifiche, del commercio, della navigazione, dei viaggi, dell'eloquenza, capo delle Cariti o Grazie, protettore dei ginnasi, dei concorsi degli efebi, dei ladri, degli sportivi, degli araldi e dei navigatori. Inventore e propagatore delle scienze (specie della matematica e dell'astronomia). Sulla base di quanto narra il IV Inno omerico, Ermes inventò il modo di accendere il fuoco:molte legna raccolse e provò l'arte del fuoco. Prese un bel ramo di lauro e ne attorse un ramo di melagrano, stretto in mano tenendolo: un caldo fiato allora ne usciva. Ermes in vero il fuoco per primo svelò e il modo inventò per accenderlo.

Ermes nacque in una grotta del monte Cillene. Appena nato si liberò da solo dalle fasce in cui era avvolto e furtivamente uscì dalla caverna.

Ermes
Ermes regge dioniso

Fatti pochi passi incontrò una tartaruga, la raccolse, le tolse il guscio e sulla cavità di questo tese sette corde inventando così la cetra che dava un suono dolcissimo.

Ma subito gli venne in mente un'altra idea: rubare la mandria di buoi ad Apollo.

Il piccolo dio, allora, si precipitò in Tessaglia giungendovi di notte; senza perdere tempo si impossessò di cinquanta buoi e tirandoli per la coda li fece camminare all'indietro per dare l'impressione che le bestie invece di allontanarsi si avvicinavano al pascolo. Giunto che fu nell'Elide in prossimità del fiume Alfeo, scoprì una grotta e là vi nascose la mandria, facendo attenzione a mimetizzare per bene l'ingresso. Stava per spuntare l'alba quando il piccolo dio fece ritorno alla sua culla sul monte Cillene, quindi rimessosi le fasce fece finta di dormire.

(...Nato sul far dell'aurora, a mezzo del giorno suonava la lira e di sera le vacche di Apollo arciere rubava: il medesimo giorno, quarto del mese, uscito dal grembo di Maia... ... IV° Inno omerico a Ermes).

Ecco come la madre Maia richiama il piccolo furfante:Perché mai, astutello, a quest'ora di notte giungi, e di dove? Svergognato! Ben credo che fra poco, legato nei fianchi, dovrai varcare di nuovo la soglia, spinto da Febo, e d'ora in poi vagar per le valli rubando. Va', tristo, in malora! Tuo padre ha in te generato un malanno per gli uomini mortali e per gli dèi immortali…

Appena giorno Apollo, accortosi del furto delle bestie, essendo il dio dei vaticini e degli indovini, seppe subito chi era il ladro. Si presentò quindi da Ermes imponendogli la restituzione delle bestie.

Ermes volante
Ermes volante

Costui sembrò cadere dalle nuvole, poiché ignorava cosa fossero i buoi e chiese, meravigliato, come potesse un lattante di appena un giorno rubarne cinquanta e come avesse potuto andare in Tessaglia non sapendo ancora camminare. Apollo, sforzandosi di non ridere nell'udire come quell'infante gli rifilava una bugia dietro l'altra, lo minacciò di grandi punizioni se non avesse ubbidito immediatamente. Ermes, senza scomporsi, presa la cetra, si mise a suonarla ad Apollo.

Egli che era il dio della musica, apprezzò tanto il suono della cetra, da desiderarla per sé. Ermes, che aveva uno spiccato senso degli affari, gli propose allora lo scambio: la cetra in cambio dei buoi. Effettuato lo scambio Ermes, mentre pascolava la mandria, costruì uno zufolo e si mise a suonarlo.

Apollo desiderò avere anche quello. In cambio dello zufolo, però, Ermes richiese la verga d'oro, che Apollo usava per guidare le sue mandrie, e l'arte della divinazione: così Apollo gli insegnò la divinazione.

La verga venne chiamata Cadùceo e fu il principale attributo di Ermes e degli araldi. Dato che era rapido come il vento, Zeus lo nominò araldo degli dèi, non semplice messaggero, ma un messaggero speciale: egli infatti riceveva gli incarichi più delicati e li portava a termine con la massima libertà d'azione.

Come messaggero degli dèi egli era anche il dio dei sogni, perché i sogni erano considerati come messaggi divini, e per portare i sogni anche a chi non dormiva con la sua verga magica aveva il potere di addormentare i mortali. Era lui che accompagnava le ombre dei morti nell'Erebo e in questa sua funzione era chiamato Psicopompo.

Questo compito gli viene dal fatto che l'anima era considerata un soffio di vento (Vento che lui personificava).

Fu lui a liberare Ares imprigionato in un vaso di bronzo dagli Aloadi. Sempre lui come protettore dei mercati, mise all'asta Eracle.

Fu lui a donare la falce d'acciaio a Perseo e la spada a Eracle. Suoi attributi erano: il Cadùceo, i calzari alati e la cappa che rende invisibile.

Fra le sue avventure amorose c'è la casta Chione; Ermes con la sua bacchetta magica la addormentò per possederla tranquillamente.

Un'altra volta si innamorò di Apemosine, ma la fanciulla non appena lo vedeva fuggiva e il dio non riusciva a raggiungerla dato che era velocissima; allora l'astuto Ermes stese sulla sua strada delle pelli non ancora conciate: Apemosine, di ritorno dalla fonte, scivolò, e Ermes la violentò.

Altro suo amore fu Erse che gli diede il figlio Cefalo.

Una curiosità: secondo Cicerone nella “Natura degli dèi”, il dio Pan è figlio di Ermes e Penelope, la sposa di Ulisse.

Presenze letterarie di maggiore rilevanza:

  • Inno omerico a Ermes.
  • Apollodoro, Biblioteca, 3,10,2
  • Esiodo, Teogonia, 938.
  • Euripide, Ione, 1 ss.
  • Omero, Odissea, 1, 38 ss.; 5,43 ss. 7,137; 8,323 ss.; 10,274 ss.; passim.
  • Ovidio, Metamorfosi, 2,679-707. Fasti, 2,607 ss.
  • Pausania, Periegesi della Grecia, 7,20,4.
  • Plauto, Anfitrione, passim
  • Virgilio, Eneide, 4,238 ss.

Iconografia:

  • Ermes in riposo da Ercolano, copia da Lisippo.
  • Immagini delle erme.
  • Statua di Prassitele con Ermes e il piccolo Dioniso, Olimpia, Museo.
  • Vaso François, Firenze, Museo Archeologico.
  • B. Breenbergh, Mercurio ed Erse.
  • F. Cossa, Ermes, Ferrara, Palazzo Schifanoia.
  • C. Lorrain, Ermes e Aglauro, Roma, Galleria Pallavicini.
  • B. Peruzzi, Ermes ruba i buoi di Apollo, Roma, Farnesina.
  • N. Poussin, Mercurio e Aglauro, Parigi, École des Beaux-Arts.
  • O. Samacchini, \i Mercurio ordina a Enea di lasciare Didone, Parigi, Louvre.
  • F. Santacroce, Il furto dei buoi, Amsterdam, Rijksuseum.
  • P. P. Rubens, Mercurio e Argo, Madrid, Prado.
  • Tintoretto, Mercurio fa addormentare Argo, Modena, Museo Estense.
  • Veronese, Aglauro impedisce a Ermes l'accesso, Cambridge, Fitzwilliam Museum.
  • Veronese, Ermes ed Erse, Cambridge, Fitzwilliam Museum.

ERMIONE

Ἑρμιόνη, bellissima figlia di Menelao e di Elena (aveva nove anni quando la madre la abbandonò), fidanzata forse con Oreste, fu promessa in sposa dal padre a Neottolemo, in cambio di aiuto per la conquista di Troia. Quando Neottolemo seppe che la sua promessa sposa Ermione era stata data a Oreste, giunse a Sparta e la pretese da Menelao. Egli non osò venire meno all'impegno, quindi tolse Ermione a Oreste e la diede a Neottolemo. Oreste uccise Neottolemo a Delfi, mentre stava sacrificando, per vendicarsi dell'offesa subita. Alla morte di Oreste sposò Diomede e ottenne dagli dèi l'immortalità.

Ovidio nell'ottava lettera delle Eroidi le fa scrivere parole struggenti al suo amato Oreste.

Ero e Leandro W. Etty 1827
Ero Leandro W. Etty 1827

ÈRO

Ἡρώ, nella mitologia greca, sacerdotessa di Artemide a Sesto; innamorata di Leandro, si suicidò quando questi annegò mentre si recava a nuoto da lei attraverso lo stretto dell'Ellesponto

Èro e Leandro, (lett.) titolo di un poemetto greco in esametri di Museo Grammatico (secc. IV-V d.C.).

Leandro di Abido, innamoratosi di Ero di Sesto, bellissima sacerdotessa d'Afrodite, andava ogni notte a visitarla attraversando a nuoto l'Ellesponto sotto la guida di una fiaccola che la fanciulla teneva accesa in cima alla torre; ma una notte il vento spense la fiaccola e Leandro, spinto dai flutti contro gli scogli, annegò.

Ero, sconvolta dal dolore, si gettò dall'alto della torre.

EROFILE

Ἡρόφῐλη, era una Sibilla, fu la prima donna che a Delfi pronunciò vaticini e fu chiamata dai Libi Sibilla, i Greci la ritengono figlia di Zeus e di Lamia figlia di Poseidone.
In una delle sue profezie predisse che a Sparta sarebbe stata allevata, a rovina dell'Asia e dell'Europa, Elena e che per causa sua Ilio sarebbe caduta in mano dei Greci.
Pausania (Viaggio in Grecia. 10, XII, 1 e sgg.) ci dice che Erofile in dei versi affermò di essere figlia di madre immortale, cioè di una Ninfa dell'Ida, e di padre mortale. Ed ecco cosa dicono quei versi: «Io sono nata quale creatura intermedia tra mortale e dea, / da una Ninfa immortale e da un padre mangiatore di pesci: / da parte di madre sono stirpe dell'Ida e la mia patria è la rossa / Marpesso, sacra alla Madre, dove scorre il fiume Aidoneo».
A quanto pare Erofile morì in Troade e nel bosco dedicato ad Apollo Sminteo vi era il suo monumento recante un epitaffio in distici elegiaci: «Io che qui giaccio la chiara interprete di Febo sono, Sibilla, / marcente sotto questo petroso sepolcro, / parlante vergine un tempo, ora senza voce per sempre. / Per un grave fato questi ceppi ottenni in sorte, / ma vicina alle Ninfe e a questo Ermes io giaccio, / avendo parte sotterra dell'antica regalità».
Alessandria, Samo, Eritre, Colofone, Claro, Delfi e tantissimi altri santuari e città si contesero i natali della Sibilla.

EROS

Eros
Eros

Ἔρος, nelle più antiche teogonie è la forza generatrice uscita da Caos, contemporaneamente a Gea.

Dio dell'Amore, personificazione di questo sentimento. Ignoto a Omero, è citato da Esiodo nella “Teogonia

…E nacque dunque il Càos primissimo; e dopo, la Terra dall'ampio seno, sede perenne, sicura di tutti gli Dei ch'ànno in possesso le cime nevose d'Olimpo, e, della terra dall'ampie contrade nei bàratri, il buio Tàrtaro; e Amore, ch'è fra tutti i Celesti il piú bello, che dissipa ogni cura degli uomini tutti e dei Numi, doma ogni volontà nel seno, ogni accorto consiglio… per cui si può ritenere che il suo mito nasca intorno all'VIII sec.

a.C. Fu concepito in maniera duplice, come divinità teogonica (e allora dai mitografi viene variamente identificato con il figlio del Caos, o del Giorno e della Notte, o del Cielo e della Terra, o anche generato da Urano, da Crono, ecc.), e come divinità della passione amorosa, inseparabile da Afrodite (e allora viene detto comunemente figlio di questa dea e di Ares, ma anche di Ilitia, di Zefiro e di Iride, di Zeus e infine di Poro e di Penia).

Eros e Psiche
Eros e Psiche

Venerato dovunque, ma particolarmente a Tespie in Beozia e a Pario sull'Ellesponto, le sue statue erano poste in tutte le palestre e gli efebei, insieme ad Ermes, Eracle, Atena. Spartani e Cretesi sacrificavano a lui prima delle battaglie.

Venivano celebrate grandi feste in suo onore a Tespie (ogni quattro anni), dette Erobie, a Samo, Eleuterie. Come simbolo dell'amore corrisposto fra gli uomini adulti e i giovani palestriti, da lui nacque la figura di suo fratello Anteros l'amore contrastato.

Eros ed Afrodite.
Eros ed Afrodite

Fu celebrato da poeti e fu soggetto di dispute filosofiche, famosa fra tutte quella narrata nel Simposio di Platone. Fu rappresentato forse più di ogni altro dio da scultori e pittori, ritratto come un fanciullo o un efebo, spesso alato, con vari attributi (i fiori, la lira, l'arco con cui scaglia a uomini e a dei dardi di amore) In età ellenistica la sua figura diviene più molle, femminea, sempre più infantile, finché venne rappresentato come un putto alato.

A questo periodo risale anche la formulazione del mito di Amore e Psiche.

Dai latini fu chiamato Amore e Cupido.

Le dodici frecce più importanti scagliate dal terribile dio

E il sapiente che sa senza aver appreso, Eros, pastore della vita,
batte alle porte tenebrose del Caos primordiale,
portando un'unica faretra forgiata da un dio,
in cui erano conservate in numero di dodici le frecce nutrici di fuoco
destinate a suscitare in Zeus il desiderio incostante di unioni terrene;
e per ciascuna incide di volta in volta
un verso in lettere d'oro sul dorso della faretra che saetta amore:
«La prima spinge il Cronide al letto di Io dagli occhi bovini».
«La seconda dà in sposa Europa al toro rapitore. »
«La terza porta il signore dell'Olimpo alle nozze con Plutò.»
«La quarta convoca da Danae uno sposo d'oro.»
«La quinta prepara a Semele nozze fiammeggianti.»
«La sesta offre ad Egina un'aquila, che è sovrana del cielo.»
«La settima unisce Antiope ad un Satiro non vero.»
«L'ottava conduce al corpo nudo di Leda un cigno che ragiona.»
«La nona porta un cavallo come sposo a Dia di Perrebia. »
«Con la decima Alcmena affascina il suo amante per tre lune. »
«L'undicesima persegue il matrimonio di Laodamia.»
«La dodicesima trascina da Olimpia uno sposo, che le si
avvolge intorno tre volte.»
Nonno di Panopoli, Dionisiache 7, 117 e ss.

EROTIDIA

Ἐρωτίδια, feste che si tenevano ogni quattro anni in Beozia in onore di Eros.

ERSE

Ἕρση, figlia di re Cecrope di Atene e sorella di Aglauro, con la quale doveva custodire la cesta in cui Atena aveva nascosto Erittonio. Amata da Ermes ebbe Cefalo. Fu sacerdotessa di Atena. Era ritenuta la protettrice dell'agricoltura e personificazione della rugiada.

Era ritenuta la protettrice dell'agricoltura. Si buttò a mare con le sorelle dopo che erano diventate folli alla vista di Erittonio.

ESACO

Αἴσᾰκος, figlio di Priamo e di Arisbe, predisse al padre le sciagure che Paride avrebbe causato a Troia. Innamorato della ninfa Esperia, ne provocò involontariamente la morte: disperato, fu tramutato da Teti in uccello mentre tentava il suicidio.

ESIONE

Αἰσίων, figlia di Laomedonte, re di Troia. Quando Zeus si accorse della congiura fattagli da Era, Apollo e Poseidone, per punirli li mandò a servire Laomedonte.

Apollo fu incaricato di pascere le mandrie del re, mentre a Poseidone spettò il gravoso carico di costruire le mura di Troia. Siccome il compito era molto pesante gli andarono in aiuto Apollo e Eaco, re dei Mirmidoni: la parte di mura costruite da quest'ultimo non si mostrò resistente come quella costruita dai due dèi; infatti quando i Greci presero d'assalto Troia quella fu la parte che crollò.

Si intende che prima di iniziare quei lavori servili, Apollo e Poseidone avevano pattuito con Laomedonte un compenso, e il re fu molto generoso nelle promesse, ma quando fu il momento di pagare, Laomedonte sostenne che non gli doveva nulla e che lui non aveva promesso nulla. Apollo che era molto vendicativo salì sul colle che sovrastava la città e col suo arco d'argento fece piovere su Troia delle frecce che scatenarono una pestilenza.

Dal canto suo Poseidone sbattendo il suo tridente fece nascere dal mare un orribile drago che divorava tutte le messi e gli uomini che incontrava. I Troiani interrogato l'oracolo di Delfi appresero che il re Laomedonte colpevole di spergiuro per placare i due dèi doveva sacrificare la bellissima figlia Esione.

Si può immaginare il dolore del povero padre che cercava di salvare la figlia, ma il popolo intero pretese che il re obbedisse per la salvezza del popolo. La povera Esione fu perciò esposta incatenata sulla riva del mare.

La fortuna volle che si trovava a passare di là Eracle che vedendo la ragazza le si avvicina e così viene informato di quanto era accaduto. Certamente Eracle non poteva permettere che una innocente pagasse le colpe altrui e poi lui era votato a distruggere tutti mostri.

Intanto Laomedonte promette ad Eracle due splendidi cavalli bianchi per la salvezza della figlia. Eracle si mise accanto la ragazza e aspettò il drago e non appena lo vide lo uccise.

Laomedonte dalle esperienze precedenti non aveva imparato nulla, infatti negò il compenso all'eroe che irato uccise Laomedonte e tutti i suoi figli maschi escluso Podarce in quanto Esione scongiurò Eracle perché lo risparmiasse.

Da allora Podarce venne chiamato Priamo il riscattato.

ESONE

Αἴσων, figlio di Creteo re dei Minii fratellastro di Pelia e padre di Giasone (famoso eroe).

Quando Pelia mandò Giasone alla ricerca del Vello d'oro, non immaginando che l'eroe sarebbe ritornato, fece di tutto per uccidere Esone; questi, allora, chiese di potersi almeno uccidere con le sue mani, quindi fatto un sacrificio bevve del sangue di toro e morì (il sangue di toro era ritenuto un potente veleno).

Secondo un'altra tradizione, egli riuscì a vedere il ritorno di Giasone, ringiovanito da Medea con una pozione magica.

ESPÈRIDI

Esperidi
Esperidi

Ἑσπερίς, ninfe figlie di Atlante e di Esperide, abitanti di favolose isole dell'Oceano Atlantico, (l'Espèridi, che cura, di là dall'immenso Oceàno, hanno degli aurei pomi, degli alberi gravi di frutti Esiodo, Teogonia), dove, insieme col drago Ladone, custodivano i pomi aurei donati a Era da Gea per le sue nozze e che furono poi conquistati da Eracle.

Discordi, i mitografi le considerarono figlie della Notte e di Erebo, o di Zeus e di Temi, o infine di Forco e di Ceto; alcuni le identificano con le Atlantidi.

Secondo i più erano tre: Egle, Aretusa, Iperetusa; ma altri ne enumerano o 4 o 5 o 6, aggiungendovi Espera, Eriteide e Vesta.

Secondo la leggenda, dopo che Eracle ebbe rubato i pomi, le ninfe E.

per il gran dolore furono trasformate in alberi, ma altri invece raccontano che esse, o per intervento di Atena, o per spontanea restituzione degli Argonauti (sulla cui nave «Argo» Eracle aveva lasciato il suo bottino), recuperarono i pomi, e seguitarono per l'eternità la loro missione di custodi.

ESPERO

Ἕσπερος, difficile stabilire la genealogia di questo leggendario signore delle terre d'Occidente, quindi preferisco non mettere nulla al fine di evitare enormi confusioni.

Rese più precise le conoscenze di astrologia e fu il primo a trattare sulla sfera.

Re dal grande senso di giustizia, religioso, e con spiccato senso di umanità nel trattare i propri sudditi.

Secondo una tradizione, essendo salito sulle spalle di Atlante (o sul monte Atlante) per vedere le stelle più da vicino, fu sorpreso da un uragano e scomparve.

In sua memoria, venne dato il suo nome all'astro che compare per primo, alla sera, e che annuncia il tempo del riposo.

Secondo altri mitografi, Afrodite, invaghitasene, lo avrebbe rapito in cielo e lo avrebbe poi trasformato in astro.

ESTIA

Ἑστία, dea del focolare domestico. Era la prima figlia di Crono e di Rea, quindi sorella maggiore di Zeus. Il suo culto è uno dei più semplici ed è quasi privo di leggende.

In uno dei pochi episodi si narra che, corteggiata da Poseidone e da Apollo, la dea chiese ed ottenne da Zeus di poter mantenere per sempre la sua verginità, in cambio ottenne grandi onori e il culto in tutte le case degli uomini nei templi di tutti gli dèi.

Suo attributo è il focolare, santuario della pace e della concordia.

LE ETÀ DELL'UOMO

  • Età dell'oro. Fu la prima delle quattro età, che seguirono la formazione dell'uomo. Questo periodo si succedette sotto il regno di Saturno (Crono), durante il quale sulla terra regnarono innocenza e giustizia. In quel tempo la terra produceva, senza il soccorso dell'uomo, tutto ciò ch'era necessario ed utile alla vita. Da ogni parte scorrevano ruscelli di latte e di miele. L'età dell'oro viene raffigurata sotto forma di una giovinetta che sta in piedi all'ombra di un ulivo, simbolo della pace, sul quale è posto uno sciame di api. La giovinetta indossa degli orecchini d'oro e le sue vesti sono di oro senza ornamento, e tiene in mano il corno dell'abbondanza, da dove escono abbondantemente fiori e frutta di tutte le varietà.

  • Età dell'argento. Saturno passò questo tempo in Italia, ove insegnò l'arte di coltivare la terra, la quale incominciava a rifiutare di produrre, perché gli uomini stavano divenendo ingiusti. Si osservarono allora le prime vicende delle stagioni, e il lavoro divenne necessario per sopperire alle cose che la natura non regalava più. Fu così che cominciò il regno di Zeus. Questo periodo viene raffigurato da una ragazza meno bella della precedente, per significare che da quel momento, cominciò l'alterazione nelle perfezioni della natura umana. Vestita con abiti fregiati di un ricamo di argento, la testa è adorna di perle rimane appoggiata a un aratro posto davanti ad una capanna con delle spighe di biada in una mano. Questo sta a significare che in questa età ebbe inizio la coltura delle terre, e la costruzione delle case.

  • Età del rame. Questo fu il periodo, in cui dopo il regno di Saturno, l'uomo cominciò a non rispettare gli dei e praticava ogni forma d'ingiustizia, di libertinaggio e perversità. In questo periodo incominciarono a nascere le prime leggi sulla proprietà dei beni; gli uomini percorrono le regioni più remote e penetrano visceri della terra per estrarne i metalli preziosi. Questo periodo viene raffigurato nelle sembianze di una donna ardita riccamente vestita e coronata di un casco, nella cui sommità ha per ornamento un muso di leone. Nella mano destra reca una spada e con la sinistra sta appoggiata sopra uno scudo.

  • Età del ferro. Così fu chiamato quel periodo in cui gli uomini commisero i più orribili delitti. I poeti ci tramandano che in quel tempo la terra non volle più produrre nulla perché gli uomini si occupavano solo alla guerra e alla distruzione vicendevole, abbandonando il lavoro e la religione. Questa periodo viene raffigurato da una donna di aspetto feroce nell'atto di combattere, armata dalla testa ai piedi, indossante un elmo decorato con una testa di volpe, nella mano destra ha una spada e nella sinistra uno scudo sul quale è incisa l'immagine della frode, sotto figura umana, col corpo di sirena o di serpente, e ai suoi piedi sono posti dei trofei di guerra.

ETEOCLE E POLINICE

Ἐτεοκλῆς καί Πολυνείκης, eroi del ciclo tebano, figli di Edipo e di Giocasta. Dopo aver scacciato Edipo, macchiatosi di parricidio e di incesto, i due fratelli si accordarono nel regnare su Tebe ognuno per un anno, alternativamente, in modo da sottrarsi alla maledizione del padre che aveva predetto loro sanguinosa discordia. Però, al termine del primo anno, Eteocle si rifiutò di cedere la corona al fratello, che dovette riparare ad Argo, presso la corte di Adrasto.

Questi, dopo aver concesso la mano di sua figlia a Polinice, organizzò la spedizione dei Sette contro Tebe per restituirgli il trono. Alle porte della città, nel corso della battaglia i due fratelli si affrontarono uccidendosi reciprocamente.

La vicenda di Eteocle e Polinice è strettamente legata al mito di Antigone, che infrangendo il divieto di Creonte rese gli onori funebri a Polinice e fu quindi condannata a morte.

ETERE

Αἰθήρ, personificazione della luminosità del cielo, che compare tra i miti cosmogonici primordiali.

Secondo una tradizione, figlio dell'Erebo e della Notte e fratello di Emera; in una seconda serie di generazioni, la sua figura sembra sovrapporsi e confondersi con quella di Urano.

ETERÌA

ἑταῖρος, associazione aristocratica di carattere politico; in Atene il termine indicava le consorterie oligarchiche segrete atte a rovesciare le democrazie e che portarono all'insediamento del governo dei Trenta Tiranni. A Creta il termine indicava particolari divisioni della cittadinanza, consistenti particolari in circoli militari in cui si conduceva vita comunitaria.

Durante l'impero bizantino, indicava un corpo di guardia mercenario, incaricato di sorvegliare il basileus, era comandato dall'eteriarca.

Nei tempi moderni con tale termine si è indicata una società segreta fondata patriota greco K. Rigas, con l'intento di ridestare nei greci il sentimento nazionale. Con la condanna a morte (1798) del suo fondatore parve spegnersi.

Si ricostituì a Odessa (1814) sotto la guida di A. Ypsilanti, per sottrarre la Grecia alla dominazione turca. L'associazione inizialmente operò solo in Russia, ma dal 1818 si diffuse anche in Grecia, dando vita all'insurrezione del 1821; con gli sviluppi dell'insurrezione greca.

L'Eterìa si sciolse dopo la rivoluzione del popolo greco al dominio turco.

Vedi Filellenismo.

L'Etna vista da Maletto (Ct) Foto Rodolfo Furneri
L'Etna vista da Maletto, foto R. F.

ETNA

Αἴτνη, il vulcano era ritenuto una delle officine del dio Efesto, dove i Ciclopi forgiavano le folgori di Zeus.

Successivamente alla lotta fra Zeus e Tifone, mentre questi cercava di scappare, Zeus dall'alto gli tirò l'enorme montagna Etna che da allora erutta fuoco.

Un altro mito molto tenero e ricco di amore filiale legato all'Etna è quello dei due fratelli Anfinomo e Anapia di Catania, che salvarono i loro genitori dall'Etna in eruzione portandoli in spalla, mentre la lava, per volere degli dèi, lasciava spazio alla loro fuga.

I due giovani ricevevano onori eroici in un luogo chiamato il campo degli uomini pii dove sorgevano le loro statue.

Secondo la leggenda Empedocle di Agrigento, famoso filosofo, poeta, inventore e medico, al culmine della sua fama si buttò in uno dei crateri dell'Etna, sparendo così come una divinità.

ETO

Αἴθων, uno dei cavalli del carro solare. Altro suo nome era Etone.

ETRA

1) Αἴθρα, figlia di Pitteo, re di Trezene, sposa di Egeo; fu amata da Poseidone, da cui ebbe Teseo; secondo altri sposa di Poseidone.

Teseo le affidò Elena, ma, dopo che i Dioscuri la liberarono, Etra la seguì come schiava a Sparta e a Troia, dove fu riconosciuta e liberata dai nipoti Demofoonte e Acamante.

2) Αἴθρα, era figlia di Erebo e della Notte, dall'unione con Atlante ebbe per figlie le Pleiadi.

Duello fra Ettore ed Aiace
Duello fra Ettore ed Aiace

ETTORE

Ἕκτωρ, grandissimo eroe difensore di Troia, figlio maggiore di Priamo e di Ecuba.

Fu sposo di Andromaca, dalla quale ebbe il piccolo Astianatte che non ebbe la possibilità di divenire adulto perché fu ucciso dal violento Pirro che lo scagliò giù dalle mura dell'ormai disfatta Troia.

Combatté valorosamente a difesa della città di Troia. Omero gli dedica i versi più belli dell'Iliade, dipingendolo come padre affettuoso e valoroso guerriero.

Uccise Patroclo, l'amico di Achille, e fece grande strage dei Greci; fu ucciso in duello da Achille che legò poi il suo cadavere ad un carro e gli fece fare per tre volte il giro delle mura di Troia.

La sua salma fu consegnata al vecchio Priamo (dopo il pagamento di un forte riscatto), che con l'aiuto di Ermes si era recato nell'accampamento greco.

Achille, commosso dal dolore del vecchio re, concesse anche una tregua per consentire i funerali di Ettore (comunque, solo dodici giorni dopo Achille lo seguì nella morte). Fu oggetto di culto nella Troade.

ETUSA

Αἵθουσα, figlia di Poseidone e di Alcione. Apollo la rese madre di Eleutere, di Irieo e di Iperenore.

EUANTE o EURIMEDONTE o EUMEDONTE

Εὐάνθης, figlio di Bacco e di Arianna.

EUBÙLEO

Εὐβουλεύς, figlio di Disaule e di Baubo, fratello di Eumolpo e di Trittolemo. Variamente connesso dalle diverse tradizioni al il culto di Demetra e di Persefone, al quale venivano sacrificati maialini durante la festa delle Tesmoforie, celebrata ad Atene in onore di Demetra.

EUBULIA

Εὐβουλία, dea che dava buoni consigli.

EUCLIA

Ευκλεια, dea della fama, onorata in Atene insieme a Eunomia (Disciplina) e in origine forse identificata con Artemide

EUDAIMONIA

Ευδαιμονία, personificazione della benedizione degli dei.

EUFEME

Εὐφημη, Con Pan generò Croto, fu nutrice delle Muse.

Anche una delle Danaidi aveva questo nome.

EUFEMÌA

Εὐφημία, nell'antica Grecia, silenzio che andava osservato durante la celebrazione di alcuni riti; eufemismo.

EUFEMO

Εὔφημος, uno dei figli di Poseidone avuto da Europa figlia di Tizio. Poteva correre sull'acqua senza bagnarsi i piedi.

Era cognato di Eracle in quanto ne aveva sposato la sorella Laonome. Lontano fondatore della città di Cirene in quanto un suo discendente, tale Batto (Il balbuziente) recatosi a Delfi per chiedere un rimedio per il suo difetto, si sentì invece prescrivere la fondazione di una colonia in Africa, partendo proprio dall'isola di Tera.

EUFRONA

Εὐφρόνη, affine ad Eubulìa. Era dea della Notte e apportatrice di buoni consigli.

EUFROSINE

Εὐφροσύνη, una delle Càriti.

EUIPPE

Εὐίππη, figlia del centauro Chirone, il suo nome era Tea ma in seguito venne chiamata Euippe quando Poseidone la mutò in giumenta perché non aveva avuto il coraggio di confessare al padre di essere stata messa incinta da Eolo.

EUMÈLO

Εὔμηλος, figlio di Admeto e Alcesti. Fu uno dei pretendenti di Elena e partecipò con 8 o 11 navi alla guerra di Troia; vinse la gara dei carri, organizzati in memoria di Patroclo, grazie alle cavalle di Apollo.

Secondo una tradizione avrebbe fondato in Campania la colonia di Partenope (Napoli).

Un'altro omonimo fu re di Patra

EUMOLPO

Εὔμολπος, figlio di Posidone e di Chione. Era ancora fanciullo quando il padre lo condusse nel regno degli Etiopi, presso i quali Eumolpo apprese i più arcani segreti della natura, degli uomini e degli dei. Ritornato in patria, fu posto al bando e fuggendo approdò a Eleusi, che allora era in guerra con Atene.

Aiutò gli Eleusini e istituì il culto misterico della Gran Madre Demetra, di sua figlia Kore e di Dioniso e fu il primo gran sacerdote del santuario da lui fondato, carica rimasta poi ereditaria nella famiglia che discese da lui Eumolpidi.

Fu dotato di spirito profetico, abile nella poesia e nella musica. Venuto a contesa con Eretteo, morirono entrambi combattendo. Insegnò musica ad Eracle.

EUNOMIA

Εὐνομία, una delle Ore, si occupava dell'ordine legale.

EUPATRIDI

Εὐπατρίδαι, (Ben nati, di nobile discendenza) Ad Atene , indicava la classe patrizia. Gli Eupatridi furono al potere di Atene dalla caduta della monarchia fino alla costituzione di Solone.

EURÌALO

Εὐρύᾰλος, giovane bellissimo teneramente amato dal compagno d'armi Niso. Assieme a Niso partecipò ad una gara di corsa a piedi organizzata da Danao, per festeggiare le nozze delle figlie organizzò delle gare delle quali una corsa a piedi; vinse Eurialo, che ricevette in premio un cavallo con splendidi finimenti. Particolarmente ricordato per il grandissimo vincolo d'amicizia raccontato nell'Eneide (9, 176-449)

Niso ed Euriale
Niso ed euriale

...che troppo amato ha l'infelice amico".
Mentre cosí dicea, Volscente il colpo
già con gran forza spinto, il bianco petto
del giovine trafisse. E già morendo
Eurïalo cadea, di sangue asperso
le belle membra, e rovesciato il collo,
qual reciso dal vomero languisce
purpureo fiore, o di rugiada pregno
papavero ch'a terra il capo inchina.
In mezzo de lo stuol Niso si scaglia
solo a Volscente, solo contra lui
pon la sua mira. I cavalier che intorno
stavano a sua difesa, or quinci or quindi
lo tenevano a dietro. Ed ei pur sempre
addosso a lui la sua fulminea spada
rotava a cerco. E si fe' largo in tanto
ch'al fin lo giunse; e mentre che gridava,
cacciogli il ferro ne la strozza, e spinse.
Cosí non morse, che si vide avanti
morto il nimico. Indi da cento lance
trafitto...

Altro Eurialo fu uno dei pretendenti alla mano di Penelope e che devastavano la casa di Ulisse.

EURIALE

Εὐρυάλη, una delle Gorgoni.

Euridice morente
Euridice morente

EURIDICE

Εὐρυδίκη, diversi personaggi:

1) Madre di Laomedonte.

2) Madre di Danae.

3) Madre di Alcmena.

4) Ninfa della Tracia, moglie di Orfeo. Inseguita un giorno dal pastore Aristeo che ne era invaghito, fu morsa da un serpente e morì.

Orfeo discese allora nel regno di Ade e con il suo canto e il suono della lira commosse Persefone, la quale acconsentì a che Euridice risalisse in terra, purché durante il tragitto i due sposi non si guardassero.

Orfeo, ormai sulla soglia della luce, non seppe trattenersi dal volgere la testa verso Euridice che così ritornò nell'Ade per sempre.

5) Figlia di Lacedemone (v. Apollod. 2, 2, 2; 3, 10, 3; per altri figlia di Eurota), era onorata come protettrice del matrimonio; e in quanto Iperchiria (= che pone la mano, protettrice) era considerata divinità salvatrice dai mali, e intesa anche come dea garante dell'amore coniugale e della generazione.

EURIMEDONTE

Εὐρῠμέδων, nome di vari personaggi:

1) Figlio di Minosse.

2) Re dei Giganti, morì nella lotta contro gli dei dell'Olimpo.

3) Eurimedonte, auriga di Agamennone durante la guerra troiana, fu ucciso insieme al padrone da Egisto dopo il ritorno in patria.

4) Figlio di Bacco e Arianna.

Una curiosità narrata dal poeta Euforione: quando Era viveva ancora con i suoi genitori fu violentata dal gigante Eurimedonte e a seguito dello stupro, la dea mise al mondo Prometeo. Quando Zeus la sposò e venne a sapere il fattaccio, scagliò Eurimedonte nel più profondo del Tartaro e cancellò tutte le prove del disonore incatenando Prometeo.

EURINOME

Εὐρυνόμη, dea di tutte le cose, sorse nuda dal Caos per avere qualcosa dove poggiare i piedi creò il cielo e la terra e il mare e si mise a danzare dal movimento si alzò il vento Borea, essa lo strofinò fra le mani ed esso si mutò nel serpente Ofione che avvolse la dea e la fecondò.

Eurìnome assunta la forma di colomba depone l'uovo cosmico, quando l'uovo si schiuse nacquero tutte le cose. Eurìnome e Ofione andarono sul monte Olimpo, ma quando Ofione si vantò di essere il creatore la dea gli pestò la testa rompendogli tutti i denti e lo rinchiuse nelle oscurità sotterranee.

Crono e Rea precipitarono Ofione e Eurinome nell'Oceano e presero il loro posto. Eurinome si chiamava la divinità con la quale Zeus generò le Cariti.
Secondo Esiodo fu la terza sposa di Zeus (Teogonia v. 907 e sgg.)

Eurinome è anche il nome di una divinità marina, figlia di Oceano che con Teti salvò il piccolo Efesto.

Anche la madre di Adrasto, figlia di Ifito aveva tale nome

EURIPILO

Εὐρύπυλος, nome di vari personaggi:

1) Figlio di Euristeo, ucciso da Eracle.

2) Re di Cos, figlio di Poseidone e di Astipalea, fu ucciso da Eracle.

3) Figlio di Telefo, al comando dei Misii si alleò ai Troiani. Morì per mano di Neottolemo.

4) un figlio di Eracle e di Eubote figlia di Tespio.

5) un figlio di Temeno.

6) Figlio di Egemone, fu uno dei pretendenti di Elena, al comando di 40 navi si recò alla guerra contro Troia.

EURÌSACE

Εὐρυσάκης, figlio di Aiace Telamonio, fu affidato dal padre al fratellastro Teucro. Divenuto re di Salamina, cedette l'isola ad Atene in cambio della cittadinanza ateniese.

EURISTEO

Εὐρυσθεύς, figlio di Stenelo e di Nicippe figlia di Pelope, nipote di Perseo.

Per volontà di Era divenne re di Micene, infatti quando Eracle stava ormai per nascere, Zeus aveva annunciato di fronte a tutti gli dèi che il bambino della stirpe di Perseo che stava per nascere in quel momento avrebbe avuto il trono di Micene.

Era, per gelosia e per il risentimento verso la prova vivente dell'ennesimo tradimento, convinse Ilizia a ritardare il parto di Alcmena e fece in modo che Euristeo nascesse subito, per quanto ancora settimino.

Regnò su Tirinto, Argo e Micene. Fu lui, per volere di Era che provava un profondo astio verso il figlio di Alcmena a imporre a Eracle le "fatiche" che dovevano dare gloria all'eroe.

Quando Eracle era ormai sull'Olimpo fra gli dèi, i suoi figli, per sfuggire a Euristeo, si rifugiarono prima da Ceice a Trachine, quindi attraversando tutta la Grecia, sempre inseguiti da Euristeo, arrivarono ad Atene, lì si fermarono presso l'altare dei supplici, chiedendo asilo.

Gli Ateniesi li accolsero e fecero guerra contro il furfante Euristeo.

Durante i combattimenti Alessandro, Ifimedonte, Euribio, Mentore e Perimedo che erano figli di Euristeo, restarono uccisi.

Euristeo fuggì, inseguito da Illo che lo raggiunse presso le rocce Scironie uccidendolo.

Poi gli tagliò la testa e la portò ad Alcmena che gli cavò gli occhi con uno spillone.

EURITO

Εὔρῠτος, vari personaggi:

1) Gigante ferito da Dioniso col suo tirso e finito da Eracle;

2) re d'Ecalia maestro di Eracle nel tiro con l'arco, fu dallo stesso ucciso per non avergli concesso Iole dopo la vittoria nella gara di tiro all'arco, organizzata per dare la figlia in sposa.

3) Cugino di Augia, ucciso da Eracle.

4) uno degli argonauti figlio di Ermes.

EURIZIONE

Εὐρῠτίων, nome di vari personaggi:

1) Re di Ftia, venne ucciso per errore durante la caccia al cinghiale Calidone;

2) Centauro che al matrimonio di Piritòo, ubriacatosi cercò di fare violenza alla sposina, Teseo e Piritòo gli tagliarono naso ed orecchie;

3) Figlio di Ares.

EUROPA

Europa
Europa

Εὐρώπη, in Fenicia viveva una bellissima principessa, Europa, figlia di Agenore e di Telefassa. (o di Argiope, secondo Igino). La giovane donna si recava spesso con le sue coetanee, sulle rive del mare per bagnarsi o per intrecciare ghirlande di fiori.

Zeus dall'alto la vide e se ne innamorò, scese dall'Olimpo e per non intimorire la ragazza si mutò in uno splendido toro bianco, mettendosi a pascolare.

Il rapimento di Europa
Il rapimento di Europa

Vedendolo mansueto Europa si avvicinò senza timore e si mise ad accarezzarlo, poi per gioco gli salì in groppa.

Allora il toro che era stato mansueto si mise a correre verso il mare e sempre sul mare sul quale galoppava come se fosse sulla sabbia, il toro si diresse sull'isola di Creta. Dopo diverso tempo giunto sull'isola il toro si fermò all'ombra di un'albero e prese le sue sembianze divine fece sua la bella Europa che generò Minosse, Radamanto e, secondo una leggenda più tarda, anche Sarpedonte.

...esita a toccarlo; ma poi gli si accosta e a quel candido muso porge dei fiori. Gode l'innamorato e, in attesa del piacere sognato, le bacia le mani: a stento ormai, a stento rimanda il resto; intanto si sfrena gioioso saltando sull'erba verde o stendendo il fianco color di neve sulla rena bionda; e allontanata a poco a poco da lei la paura, le offre il petto perché l'accarezzi con la sua mano ingenua, o le corna perché le inghirlandi ancora di fiori. E la figlia del re s'adagia persino sul suo dorso, senza sapere su chi si siede... (Ovidio, Metamorfosi II - III).

Europa sposò poi Asterione re di Creta che allevò come suoi i figli di Zeus.

Per concludere in bellezza, ci aggiungo i versi di Anacreonte recitati in
Sopra una pittura rappresentante Europa
Fanciul, quel bianco Tauro
Certo cred'io sia Zeus:
Ha sul dorso la bionda
Vergin Sidonia, e move Pel vasto mare, e l'onda
Par colle zampe rompere:
Qual potrebbe altro Tauro,
Se non quello, varcare
Si agevolmente il mare?

EUROTA

Εὐρώτας, il mitico inventore del molino ad acqua, nonno di Giacinto e di Euridice.

Un'altro fu il fiume greco che scorre nel Peloponneso. Presso le sue rive Zeus, nelle spoglie di cigno, si accoppiò con Leda.

EUTERPE

Εὐτέρπη, una delle Muse, si occupava della musica e della poesia lirica.

Unitasi al fiume Strimone ebbe per figlio il povero Reso che fu ucciso da Diomede la stessa notte che arrivò a Troia come alleato di Priamo.

EVENO

Εἴηνος, figlio di Ares e di Demodice. Eveno aveva una figlia di nome Marpessa (amata da Apollo), che un giorno fu rapita da Ida, figlio di Afareo, con un carro alato, dono di Poseidone. Eveno, allora, saltò sul suo carro e lo inseguì; giunto in Etolia presso il fiume Licorma si rese conto che non gli era possibile proseguire, così uccise i suoi cavalli e si gettò nel fiume, che da quel giorno, fu chiamato Eveno.

Due eventi accaduti presso le sue rive:

a) Eracle vi uccise il centauro Nesso quando questi cercò di rapire Deianira.

b) Giasone traghettò Era travestita da vecchia e vi smarrì il sandalo che era il segno premonitore della morte di Pelia, reo di avere trascurato i sacrifici in onore di Era.